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giovedì 22 ottobre 2009

Mario Draghi su "Gli economisti e la crisi"



Consiglio di leggere l'intervento del nostro Governatore al convegno della Società italiana degli economisti. Draghi contesta le accuse demolitorie alla credibilità di questa disciplina, divenute luogo comune con la crisi: l'incipit è un apprezzamento per le capacità mostrate dagli esperti economici delle banche centrali e delle istituzioni internazionali nella cura della malattia. Gli economisti hanno saputo guardare fenomeni esplosivi del tutto inediti, ricostruirne la genesi e studiare la terapia urto che ha evitato le risposte tragicamente sbagliate della crisi del '29, allontanando il disastro.
Il Governatore ammette che i modelli economici che orientano le policies sono ancora troppo indifferenti alle imperfezioni del mercato e alle dinamiche destabilizzanti, sebbene si siano fatti molti progressi con l'aiuto della psicologia, della sociologia, dell'analisi dei sistemi complessi e di altre discipline non economicamente ortodosse (e basta scorrere l'elenco dei vincitori degli ultimi Nobel per l'economia per apprezzare l'apertura verso il nuovo della disciplina).
Io mi permetto di pensarla diversamente: spero che Draghi abbia ragione sul successo della terapia urto, ma comunque, nella mia ignoranza, dormo male pensando all'exit strategy. Allo stesso modo non trovo granché utili, ai fini pratici, le sortite degli economisti fuori dal Parnaso delle aspettative razionali e dei mercati efficienti. I nuovi approcci (economia comportamentale, economia computazionale, analisi delle reti sociali, solo per citarne alcuni) sono interessantissimi nella loro valenza narrativa e rappresentativa. Sul fatto che possano dare un vantaggio decisivo nel valutare per prevedere e decidere, sono scettico. Gli squilibri si superano, secondo me, tornando a comportamenti semplici e sani, e agendo col bisturi laddove non si può aspettare che si sgonfino da soli. Credo poco a chi si dichiara capace di governare dinamiche complesse e caotiche perché sta sviluppando un modello più furbo della realtà.
Basta però, mi sto allargando troppo.

Luca

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3 commenti:

Nicola ha detto...

"La crisi che il mondo sta vivendo ha prodotto danni ingenti: dapprima al funzionamento del sistema finanziario, poi alla capacità produttiva, ai redditi e al benessere dei cittadini. Rischia di farne anche alla cultura in campo economico. Si è aperta una caccia al colpevole, della disciplina economica si è negata sia la valenza scientifica, sia l'utilità sociale; all'interno di una professione sempre pronta all'autocritica crescono le divisioni.
Così come la bravura di un medico si giudica in ultima analisi sulla sua capacità di curare una malattia, anche quando non sia stato in grado di anticiparne il manifestarsi, così la professione economica deve essere in primo luogo valutata per le risposte che ha saputo finora dare alla cresi".Così inizia il discorso del Governatore.
E se il medico avesse determinato o concorso a determinare la malattia, il Governatore come lo giudicherebbe?
Per l'exit stategy è necessario anche gettare le basi per la ricostruzione della "cultura della responsabilità", anche attraverso l'accertamento delle colpe per costruire un fututo migliore.
Senza responsabilità non si cresce.

Oracolo ha detto...

Paragonare gli economisti ai medici ha scosso profondamente la mia fiducia nella scienza medica. Mentre sono ancora in grado di riconocere uno sciamano vodoo, la stessa cosa non mi accade con gli economisti

Marco ha detto...

Io invece trovo che anche tra medici ci siano sciamani vodoo travestiti da impeccabili professionisti. I danni che possono arrecare sono diversi per specie ma non per grado....