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giovedì 22 ottobre 2009

Ritorno al Glass Steagall: opinioni autorevoli



Sul Sole 24 ore degli ultimi giorni sono usciti due pezzi interessanti sulla querelle che punta il dito contro le grandi banche internazionali (specie le ex-banche di investimento): la crisi non ha cambiato molto rispetto al punto dolente della commistione tra attività bancaria e trading. Il secondo è ripartito al galoppo nel 2009, complice un volume gigantesco di emissioni di bond (pubblici e privati) da collocare, con liquidità a prezzi da saldo per finanziare posizioni ad alta leva. Il tutto su bilanci salvati dalla disintegrazione pochi mesi fa a spese del bilancio degli Stati e delle Banche centrali.
L'articolo di Marco Onado del 20 ottobre (Mai più una roulette bancaria), denuncia senza mezzi termini gli eccessi del "casino banking", ma è cauto nel suggerire un ritorno al passato. Cito un passaggio:
La situazione attuale richiede di evitare due scorciatoie opposte, ma con uguali possibili conseguenze negative sui principi essenziali del mercato e dell'autonomia imprenditoriale dei banchieri. La prima è quella della deriva verso una qualche forma di controllo amministrativo del credito, che noi italiani dovremmo essere gli ultimi a rimpiangere perché anche i più giovani sono in grado di vedere quali effetti devastanti ha prodotto. Come ha affermato il governatore della Banca d'Italia Draghi in parlamento, bisogna evitare «interferenze politico-amministrative nelle valutazioni del merito di credito di singoli casi. Il credito è, e deve restare, attività imprenditoriale, basata su un prudente apprezzamento professionale della validità dei progetti aziendali».
La seconda è quella di regole drastiche che impediscano alle banche ordinarie di svolgere attività d'intermediazione in titoli. Sarebbe la riedizione del Glass-Stegall Act di 70 anni fa, ma questa volta applicato a livello mondiale. Un taglio gordiano sulla cui efficacia l'analisi economica è molto scettica e che soprattutto appare assai difficile da realizzare nel momento in cui la securitisation ha reso il rapporto fra banche e mercati finanziari non più di alternativa, ma di complementarietà.
Per realizzare lo stesso obiettivo, si può intervenire con gli strumenti tradizionali della vigilanza prudenziale e aumentare significativamente i requisiti di capitale per i rischi come quelli di mercato e di liquidità collegati all'attività finanziaria in senso stretto. Si può intervenire spostando una parte significativa degli strumenti derivati verso i mercati regolamentati, in modo che il rischio di controparte possa essere immediatamente calcolato e coperto. Insomma, l'attività speculativa non si può eliminare dal mondo finanziario, ma si può controllare e soprattutto si può fare in modo che gli speculatori lavorino fondamentalmente con i soldi propri e non con quelli degli altri.
Sulla terapia sono invece molto più drastici Paul Volcker (ex presidente Fed) e Mervyn King (governatore della Bank of England), secondo i quali il gioco della rincorsa ai trader da parte delle autorità è una gara sfiancante e persa in partenza (dalle seconde e dalla collettività). Afferma Volcker:
«Le banche esistono per servire il pubblico ed è quello su cui si dovrebbero concentrare. Le altre attività provocano conflitti di interessi e rischi. E se si cerca di controllare questi rischi con una supervisione più mirata si creano frizioni e difficoltà e alla fine si fallisce»
Io d'istinto sto con Volcker. Mi scoraggio però quando cero di immaginare un percorso di ritorno alla semplicità del passato. Come quando penso che dovrei convincere i miei figli a mettere da parte la XBOX o il Nintendo DS per non dissipare tempo prezioso. Un'impresa.
Che sia il caso di tornare alle maniere forti, dall'una e dall'altra parte?

Luca

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