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mercoledì 16 dicembre 2009

Mieli (Banca d'Italia): fare credito in tempi di crisi



Sul sito della Banca d'Italia è disponibile l'intervento di Stefano Mieli (Direttore centrale dell'area Vigilanza creditizia e finanziaria) al convegno ABI di ieri. Cito dalle conclusioni un passaggio che condivido totalmente:
La regolamentazione sta definendo gli interventi necessari a ridurre la prociclicità, per esempio attraverso il dynamic provisioning; il contesto è complicato dalla necessità di avviare contestualmente il processo di rafforzamento patrimoniale delle banche. Se la normativa sarà aggiornata con tempestività e il necessario processo di rafforzamento patrimoniale delle banche sarà portato avanti con gradualismo, banche e imprese dovranno misurarsi con la sfida di dare un’applicazione piena e più efficace al nuovo quadro regolamentare. Va evitata la soluzione negativa: banche che si basano su meccanismi automatici di allocazione del credito e imprese che mantengono l’attuale livello di opacità e sottocapitalizzazione. In questo contesto il credito è gestito come una commodity, nel quadro delle attuali prassi di multiaffidamento: affluisce copiosamente in condizioni favorevoli, rischia di venir meno altrettanto repentinamente in condizioni di difficoltà. La soluzione virtuosa è rappresentata da un contesto in cui le banche investono adeguatamente nella raccolta e nell’analisi delle informazioni, si sforzano di valutare le prospettive di lungo periodo delle aziende affidate, integrano i moderni strumenti quantitativi con una rinnovata attenzione al radicamento locale; le imprese, da parte loro, devono essere disposte a modificare comportamenti consolidati.
Mieli analizza molto bene nel suo intervento i diversi comportamenti di gruppi nazionali e banche locali e il grado di flessibilità nell'applicazione dei modelli di rating da parte dei primi. La quota sull'offerta dei credito dei player maggiori si è ridotta. I decisori sono restii a forzare (overriding) i responsi semiautomatici dei modelli. Queste sono le evidenze raccolte nei mesi scorsi. Ma il sistema è ancora in movimento, e non sappiamo quando e dove troverà un approdo sicuro.

Luca

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2 commenti:

Gigi ha detto...

Forse negli ultimi 15 anni c'è stata una sbornia statistica. Laddove i metodi quantitavi aiutano, dando valutazioni pseudo oggettive (la soggettività è dentro al modello) e peccando, mi si passi l'espressione, di troppo "esprit de géométrie", sicuramente deresponsbilizzano i deliberanti. Le banche hanno abbandonato la (costosa) valutazione approfondita delle imprese (diciamo .... "esprit de finesse"?) Dieci anni fa, un direttore di una grossa agenzia di una grande banca (che non c'è più, non faccio nomi...) poteva deliberare alcuni centinaia di milioni di lire di rischio in bianco (o di prima categoria..... cassa per intenderci) e numerose centinaia di milioni di rischi attenuato (sbf). Certo: i corsi crediti duravano 3 mesi e prima di poter deliberare (come funzionario, con facoltà molto più basse di un direttore) si facevano esami che non avevano niente da invidiare a quelli universitari per valutare la preparazione del futuro funzionario.
E i bilanci della banca erano ottimi (il top management no, visto che la banca è sparita per mancanza di strategia, ma questa è un'altra storia...)
Forse adesso è il caso di pensare se assieme all'acqua sporca (le tradizionali metologie di valutazione del credito, la preparazione creditizia dei funzionari), per caso abbiamo buttato anche il bambino (la responsabilità del deliberante, delegata al rating, la conoscenza del territorio, integrata nel rating, la relazione vera con le imprese).
Che se lo chieda anche bankitalia è cosa buona e giusta.... meglio tardi che mai.....

Oracolo ha detto...

Effettivamente, se calcoliamo il rating guardando solo al bilancio dell'azienda otteniamo il comportamento ciclico evidenziato.
Oltre che ad una maggiore conoscenza del territorio unita ad una maggiore discrezionalità, che è la strada indicata nell'articolo, una possibilità è quella di introdurre nel calcolo del rating dei parametri di valutazione della "congiuntura", che rendessero i risultati almeno parzialmente anticiclici.