aleablog

mercoledì 22 settembre 2010

Un saluto dal laboratorio



Amici, lascio soltanto due parole di saluto in una settimana riempita dall'avvio dei due corsi tradizionali (finanza sulle lauree di primo livello) e dai preparativi del laboratorio di pianificazione finanziaria, il corso monstre che parte in ottobre.
Seguo la stampa, e si discute di temi che ci accompagneranno per molto tempo: Basilea 3, il dilemma su Scilla e Cariddi (inflazione e deflazione). Rispetto ai temi finanziari, cresce lo spazio delle crisi aziendali e occupazionali, ahimè. Sull'attualità, mi dispiace molto delle dimissioni di Alessandro Profumo. Mi spiace per le qualità rare della persona. Non ho sempre condiviso le scelte di Unicredit, quelle strategiche e soprattutto quelle commerciali della prima ondata (le tre banche di segmento), ma ho apprezzato la freschezza di visione, l'onestà di ammettere gli errori e cambiare rotta, il coraggio, la capacità di lanciare i giovani. E naturalmente l'essere un outsider rispetto ai centri decisionali interconnessi della finanza e della politica, che non è estraneo al suo allontanamento.
Le banche rimangono un tesoro molto ambito per chi sta sul ponte di comando, e intende allargarsi un po'. La privatizzazione sui generis uscita dalla legge Amato, basata sulle grandi fondazioni bancarie, ha forse completato il suo ciclo di vita. Tornerà a pesare di più la politica? O ha sempre pesato anche negli ultimi 25 anni? Siamo un paese tanto piccolo, è facile che le strade dei vari interessi si incrocino, e ci sia qualche scossa di assestamento, per fortuna non distruttiva.
Di salotti capisco poco, mi annoiano. Aspetto che si rimetta in movimento il "nostro" mondo, e spero che ci sia presto qualcosa di nuovo e positivo da raccontare.

Luca

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3 commenti:

Gigi ha detto...

E' grave quello che è successo in Unicredit, soprattutto per la mancanza di una strategia chiara.
Con dei pretesti si è allontanato un amministratore veramente indipendente dalla politica (nonostante le simpatie, mai nascoste) per sacrificarlo ai piccoli ma forti interessi delle fondazioni (espressione degli enti locali) che a distanza di 20 anni dalla legge Amato - Ciampi, ancora pretendono di essere protagoniste dentro la gestione delle banche, cosa che non è contemplata nel nostro ordinamento, nonostante i proclami di Bossi (riprendiamoci le banche!).
La politica localistica di basso profilo ha vinto sugli interessi di una grande banca e di tutto il sistema economico italiano (una banca mal governata, e proprio dagli azionisti, non puo' servire al meglio i suoi clienti). Ancora una volta i campanili hanno vinto sulla razionalità.
L'Italia ha perso un'altra occasione per dimostrare di essere qualcosa di più di una mera espressione geografica (non a caso, le fondazioni hanno utilizzato lo straniero pur di fare i propri meschini interessi).

Luca ha detto...

Diceva Bismarck: le banche sono troppo importanti per lasciarle in mano ai banchieri. Forse hanno vinto quelli che la pensano così.
Speriamo che i politici di varia provenienza e cabotaggio non combinino guai peggiori dei banchieri ad alta leva.
Anche i politici possono seguire varie scuole di pensiero. La posizione "no-global finance", attribuita a Tremonti, porta a maggiori interventi del pubblico nelle banche. Può essere usata a fin di bene (pensiamo a cosa è stato l'IMI per il finanziamento dell'industria, prima dei disastri tipo SIR).
Speriamo che i nuovi zar del credito siano persone di mente vigorosa e braccio inflessibile, perché c'è molto da studiare, tenendo a debita distanza gli incompetenti e gli ingordi.

Gigi ha detto...

Speriamo....(del resto la speranza è l'ultima a morire).