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sabato 14 maggio 2011

Sardegna: la marcia fiscale

Cresce la protesta contro Equitalia. In Sardegna hanno manifestato diecimila persone per chiedere una sospensione delle procedure esecutive verso i contribuenti morosi (vedi commento del Sole 24 ore). Anche i confidi sono scesi in campo per aiutare le imprese a rateizzare i debiti. Ne aveva parlato il direttore di Finsardegna, Dino Barranu, al convegno della Sapienza lo scorso ottobre. Da allora la situazione si è aggravata. Stampa questo post

4 commenti:

Surreale ha detto...

Peccato che il Fondo di Garanzia SFIRS possa intervenire in Controgaranzia solo sulle imprese virtuose. Infatti si parla della creazione di un fondo anticrisi. Diciamo che la Sardegna ed il Sud, ma - ormai - non solo, dimostrano al nostro sistema di non avere molta concretezza e nessuna capacità di previsione degli scenari in momenti difficili. Voglio esprimere quanto sia frustante stare attaccati alla scrivania a compiere adempimenti burocratici e doppioni di comunicazione a tizio e caio inutili e costosi mentre le imprese fuori chiedono aiuto disperate.Ma noi dobbiamo inseguire le varie patch dei programmi e dei software che non girano costruite in collaborazione con le Associazioni e le Federazioni che sanno di statisti Cubani organizzati ad erigere steccati per non far vedere ai turisti la miseria che si è materializzata grazie al loro "operare". Non è l'Italia dei confidi che ne ha originato l'esistenza e per anni l'essenza.

Anonimo ha detto...

@Surreale: hai colpito nel segno; pensiamo se la Salute fosse organizzata come i servizi professionali e finanziari alle imprese di cui racconti: zero igiene e prevenzione, anticamere dei medici e dei dirigenti invase da venditori di roba varia che distraggono dalla cura dei pazienti, pronto soccorso congestionato che indirizza verso cure palliative, nessun bravo clinico che prescriva una cura, e nessun bravo chirurgo capace di recidere le parti malate.
Un servizio sanitario cosiffatto grida vendetta e la gente urla, si muove. Per avere bravi medici e ospedali di cui essere fieri ci vuole la lungimiranza e il lavoro di decenni.
Per il sistema dei servizi alle imprese basterebbe meno: sono problemi molto più banali, anche se la malattia finanziaria può abbattere non meno di quella fisica. Però è lo stesso un lavoro enorme. Ci vuole coraggio per cominciarlo, perché non guarisce all'istante le malattie e fa meno notizia di uno stanziamento di qualche milione per calmare gli animi esasperati.
Le mie proposte forse le conosci: creare delle task force per le situazioni di crisi già ai livelli di guardia (come nell'esempio sardo), appoggiandosi su un'unità di crisi OPERATIVA a livello nazionale; sui territori, farsi in quattro x quattro per seguire le imprese in tensione e in difficoltà, spostando energie dagli adempimenti inutili alla consulenza saggia e utile.
Chi dovrebbe stare sul campo e non combatte, anzi manda a compilare quotidianamente un modulo per rilevare le stringhe e le scatole di Simmenthal consumate, è meglio che si levi di torno.

Beppe ha detto...

A caldo mi viene pero' in mente una considerazione. Va molto bene aiutare le imprese, che oggi più c'e mai soffrono e reclamano attenzione e l'ormai classico "aiutino".... E' doveroso per uno Stato, una Regione, una comunità.
Ma... Ecco il venticello del dubbio. Con il recente scudo fiscale sono rientrate una quantità enorme di somme, a costo praticamente zero. Supponendo che una parte non piccola di queta sia di provenienza "imprenditoriale" possibile che non ci sia stato un reimpiego nelle aziende stesse.??? Quanto meno mi pare strano....... Ma lascio ai lettori riflettere ....

Anonimo ha detto...

Sì, siamo un paese pieno di contraddizioni.
Nei pochi casi che conosco di prima mano (piccole imprese familiari) vedo alcune aziende (stabili e sanissime) con pochi debiti e un profluvio di cassa tenuta in azienda , altre aziende sempre tirate sul filo dell'extra-fido. Le seconde sono sostanzialmente oneste, semmai inesperte di finanza, e un po' confusionarie. Quando vanno in crisi, è improbabile che abbiano tanti soldi nascosti nei paradisi fiscali. Più facile che abbiano consumato troppo rispetto alla capacità di reddito dell'azienda.
Le pratiche scorrette (a cominciare dall'evasione fiscale) sono attuate in maniera più scientifica da imprese più strutturate, con articolazione internazionale. Ricordo un'intervista a Mazzotta (ex presidente Pop Milano) che diceva di capitali tornati con lo scudo e lasciati fuori dell'azienda, magari su investimenti in titoli o immobili. Sarebbe molto più semplice tenere più capitale e liquidità nelle imprese, ma sembra una cosa poco sexy, come portare la pancera di lana. Poi capita che gli investimenti extra-aziendali vanno male, l'azienda pure. Gli unici che ci guadagnano sono gli imprenditori che scappano con la cassa e, in tutti i casi, la rete di consulenti e intermediari che sposta i capitali di qua e di là e spiega come farlo, nella quale allignano anche i Madoff di Long Island o dei Parioli.
Gli interventi anti-crisi andrebbero fatti in stretta prossimità con l'impresa, guardandosi nelle palle degli occhi. Tante cose si potrebbero fare con più ordine, i furbi starebbero alla larga per non essere sgamati.
Non far nulla quando la crisi si preannuncia, e invocare remissione dei debiti e salvataggi pubblici quando l'impresa e saltata: questa è la via più devastante verso la distruzione di ricchezza, costi finanziari e sociali enormi, distribuiti nel modo più iniquo.