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giovedì 22 settembre 2011

Masciandaro: declassiamo le agenzie di rating

Nell'agitazione creata dal downgrading dell'Italia e delle sua banche ad opera di Standard & Poor's, vi segnalo questo paper di Donato Masciandaro, economista monetario della Bocconi, What If Credit Rating Agencies Were Downgraded? Ratings, Sovereign Debt and Financial Market Volatility. Ecco l'abstract:
The activity of Credit Rating Agencies (CRAs) can lead to Excessive Volatility Risk (EVR), adversely affecting issuances of debt by sovereign governments. By EVR, we mean the risk of effects on bond yields, caused by ratings which are independent from the supply of new information (information discovery effect). EVR may depend on two factors: the fact that ratings are embodied into regulation (rating-based regulation effect); the communication policies adopted by CRAs (communication effect). If EVR is to be reduced, on one side it is necessary to eliminate rating-based regulation, and on the other to introduce forms of liability in the communication policies of CRAs.
Quindi non è solo il nostro Premier a denunciare le falle dei giudizi delle agenzie... Scherzo, l'analisi di Masciandaro poggia su una ricca letteratura (più di analisi economica del diritto che di economia finanziaria), e la diagnosi è obiettiva e circostanziata, con una punta di irriverenza sulla non eccelsa qualità del capitale umano delle agenzie (il gossip tra MBA e PhD dice che i migliori vanno a Wall Street, le seconde scelte al Fondo Monetario e quelli che rimangono da S&P's e Moody's).
Però oggi non è prioritario colpire le agenzie di rating per combattere i guasti della crisi (della quale sono peraltro corresponsabili). L'eccessiva volatilità di cui si parla nel paper è lo sfogo degli squilibri colossali della finanza mondiale e dell'incertezza che proiettano sul futuro dell'economia reale.
Il fatto che gli shock si accentuino agli annunci delle agenzie è un aspetto rituale. Non basta togliere peso al rating nella vigilanza prudenziale e nelle regole degli investitori istituzionali, demistifichiamo tutta l'impalcatura di identificazione, misurazione e copertura dei rischi che sta mettendo il paraocchi al sistema finanziario da vent'anni. Un approccio scolastico e formalista, basato su modelli che ignorano le botte di aleatorietà che ci colpiscono senza pietà da anni, e anzi le crea consentendo impunemente di accumulare rischi, lasciando il conto da pagare alla collettività (via bilancio pubblico o banca centrale). Il comandante che vola nel mezzo di una tempesta non può inserire il pilota automatico. Stampa questo post

6 commenti:

Oracolo ha detto...

Dr. Erzegovesi, purtroppo mi sembra un po' la questione di "non toccare i diritti acquisiti" dove per diritti acquisiti si dovrebbe leggere "regali fatti negli anni passati".
A me sembra che qualcuno inizi a domandarsi se è corretta la ponderazione 0 attribuita al debito sovrano.
La ponderazione 0 ha effetti distorsivi. Le banche nostrane sono piene di titoli dello stato italiano e di altri stati (che tra l'altro non possono vendere sul mercato perché emergerebbero minusvalenze). Se questi titoli venissero ponderati in qualche maniera il patrimonio di vigilanza risulterebbe insufficente.
Consideri che anche nello stress test di qualche mese fa i titoli sovrani sono stati ponderati a 0 a significare che il default di uno stato non è tra i rischi presi in considerazione...
Parlare di "forms of liability in the communication policies of CRA" mi sembra ipocrita. Bisogna chiedere criteri oggettivi e chiari di valutazione, non ficcare la testa sotto la sabbia e dire che tutto va bene.
Chi farà più il metereologo se introduciamo una liability sulle previsioni del tempo.
Se alla fine bisogna dire che tutto va bene per non turbare l'opinione pubblica, e che farà bel tempo per non turbare gli albergatori, chi dirà più la verità?

Anonimo ha detto...

@Oracolo: a rigore l'Italia non è più a ponderazione zero col metodo standard, avendo un rating A/A-1; lo conserva se si applica lo standard semplificato che di fatto è come Basilea 1. Il problema comunque non è se riconoscere ancora la ponderazione zero, ma come assorbire l'eccesso di debito (pubblico nel nostro caso) a spese del contribuente (via tasse), del dipendente pubblico, del cittadino e delle lobby (via minori spese), dei creditori (via ristrutturazioni e default), delle banche centrali, che sono in simbiosi con i governi, (via rifinanziamento e acquisti sul mercato) del risparmio (via inflazione in caso di perdita di controllo degli aggregati monetari e delle aspettative), ecc. ecc.
Gli esercizietti degli stress test sono un rituale rassicurante. Chiedere alla banche di rafforzare il capitale (come ha fatto ieri il FMI) è una ricetta scolastica, alla fine occorre domandarsi chi ce lo mette. E sono sempre di più gli attori che non possono coprire di tasca loro gli interventi che teoricamente dovrebbero fare.

Oracolo ha detto...

Professore ha solo dimenticato una premessa.
Prima il conto economico dev'essere in attivo, poi si può pensare a come riassorbire lo stock di debito accumulato.

Poi, come esercizio accademico prenda il bilancio di una qualunque delle nostre banche, svaluti la voce titoli del 20% (nei fallimenti si vede di peggio)e veda quel che succede.

Dubito che si seguirà la strada più logica che è quella della ristrutturazione del debito.

Anonimo ha detto...

Appunto, o il Governo con le manovre e i piani per la crescita per il decennio a venire convince i mercati che BTp e CcT hanno PD "nordiche", così da evitare svalutazioni del 20%, o si va a cercare chi si ingolla il 20% di svalutazione; giustamente, dice lei, non se lo possono mettere in tasca le banche che li hanno in portafoglio; né si possono ricapitalizzare le banche a spese dello Stato (che è l'origine del problema). Si può fare la patrimoniale da 30% di PIL (l'idea di Profumo), che è una specie di concordato preventivo nel quale i possidenti italiani più facoltosi si ritrovano in tasca una fideiussione a loro carico a garanzia di BTp e CcT, con lo Stato che viene ad escuterla, il tutto per evitare il fallimento e la conseguente distruzione ancora più selvaggia di ricchezza. Materiale buono per un seminario di scienza delle finanze, o per il copione di un film sulla guerra civile. Troviamo altre soluzioni, per favore, teniamo famiglia tutti quanti.
Se invece la perdita di valore si stabilizza perché ci si convince che il default è molto probabile, le manovre di finanza pubblica non bastano e non arriveranno aiuti dal resto dell'Europa, allora sono guai seri.
In attesa di tempi migliori, la BCE finanzia lo stock di debito all'1,5% (con qualche brontolamento), si mantengono le valutazioni dei titoli più vicine al book che al fair value, e si porta a casa il sostanzioso margine tra cedole aggiornate e tasso di rifinanziamento.
Lo strano mestiere dell'asset/liability management di questi tempi funziona così. Purtroppo i veri tassi di funding con clientela e investitori e di impiego in prestiti seguono lo spread BTp-Bund.
L'Italia non è condannata al default, ci mancherebbe. Ma per tirarsi fuori deve fare una manovra strategico-finanziaria da kolossal campione di incassi. Temo che non abbiamo il cuore per farla.

Oracolo ha detto...

Veramente io dicevo che se lo dovrebbero mettere in tasca le banche, visto che son loro che han prestato al creditore insolvente.
Facevo però notare che con l'effetto leva che hanno le banche anche un modesto 20% di svalutazione si mangia tutto il capitale.
Non mi sorprende che Profumo, un banchiere, voglia salvare le banche a spese dei cittadini che hanno risparmiato.
In fondo il debito dello stato è in mano alle banche, le banche sono controllate dalle fondazioni, e le fondazioni sono espressione del potere politico.
Perché le banche non possono fallire?

Anonimo ha detto...

@Oracolo: ... perché in Italia le banche sono il pilastro del sistema finanziario, e con loro va giù l'economia reale, la finanza pubblica, ecc. ecc.
Il problema è motivare e incentivare l'impiego (e il sacrificio) di risorse private per consolidare le finanze pubbliche, quelle bancarie, quelle delle imprese. Coprendo l'accumulo di deficit e perdite pregresse, ma anche le possibili perdite future su crediti e investimenti d'impresa.
Se non ci possederà il demone del "si salvi chi può" si potrà tentare un'autentica manovra di risanamento, per dimostrare al mercato che abbiamo la testa e e gli attributi per fare la nostra parte.