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lunedì 5 marzo 2012

Il convegno di Noisefromamerika, e la strada per cambiare

Segnalo il convegno della Fondazione Noisefromamerika svoltosi a Roma il 28-29 febbraio, dal titolo simpatico Non importa se il gatto è bianco o nero. Politiche per la crescita. Hanno collaborato altre realtà della ricerca economico-sociale, come il Centro Studi Economia Reale (Marcello Baldassarri), l'Associazione LibertàEguale (Enrico Morando) e l'Istituto Bruno Leoni (Oscar Giannino). Mi ha interessato per i contenuti (interessanti) delle relazioni e del dibattito (trovate slide e video della prima e della seconda giornata). Mi ha colpito come evento di mobilitazione culturale e di giudizio e proposta politica che ha coinvolto soggetti di varia provenienza, e di varia collocazione rispetto agli schieramenti. Soggetti accomunati dal desiderio di capire e di cambiare.

Capire le ragioni per cui l'Italia è bloccata, e farlo in modo rigoroso, che parte da lontano, non allineato agli slogan e alle ricette scontate.
Cambiare le cose proponendo un'agenda di priorità, la prima delle quali è scardinare, col giudizio culturale e l'iniziativa politica, l'alleanza nefasta tra "fiscalità predatrice, evasione e spesa pubblica come collante" (citando la relazione introduttiva di Michele Boldrin e del mio collega Sandro Trento), prima causa del declino. Il programma è (cito dalla stessa fonte, mio il grassetto):
... sparigliare e rompere la barriera ideologica che separa i produttori e permette ai gruppi sociali parassitari di essere la vera classe dirigente italiana. La barriera ideologica è ancora quella degli anni '20 [comunismo vs anti-comunismo] ... Uscire dal keynesismo straccione consente di prendere due piccioni con una fava: serve sia economicamente sia politicamente.
Nella stessa relazione e nelle successive questo giudizio viene sviluppato e declinato in proposte di cambiamento sui fronti cruciali: mercato del lavoro, pensioni, servizi pubblici, credito, federalismo fiscale, liberalizzazioni. Le diverse voci contribuiscono a delineare una programma di riforme per sottrarre risorse al settore pubblico, ai ceti parassitari, ai settori assistiti o monopolistici, e orientarle verso il settore privato, i produttori.
Mi trovo d'accordo su gran parte dei giudizi espressi (anche se la relazione più vicina ai "nostri" temi, quella di Filippo Taddei sul credito, mi è parsa suggestiva ma sfocata nelle implicazioni).
Vi confesso che mi è venuta la tentazione di farmi avanti con un progetto di think tank riformista sulle tematiche del credito e dei servizi alle imprese, dove ci sarebbe davvero tanto da "sparigliare" gli "schieramenti che non governano" per stimolare iniziativa e concorrenza, facendo le cose che servono.
Dopo averci pensato qualche giorno, la tentazione è passata. Per fare un think tank bisogna essere dei pozzi di scienza, veloci di pensiero e di parola, come Giannino e Boldrin. Non penso di essere all'altezza, e comunque non sono fatto per quello.
L'esperienza degli ultimi mesi mi ha portato verso un lavoro più nascosto, legato all'insegnamento, sfociato nel Laboratorio di pianificazione finanziaria. Abbiamo appena concluso la discussione di 13 casi aziendali con gli studenti; la prossima settimana andranno nelle 13 aziende a presentare i risultati. Abbiamo dialogato con tre strutture di settore che ci hanno procurato i casi.
E' la terza edizione del corso. In un anno e mezzo non è successo nulla di clamoroso. Abbiamo fatto delle cose: preso dei dati aziendali, costruito delle analisi e dei piani finanziari. Abbiamo provato a fare cose complicate, normalmente non richieste. Ci siamo riusciti, in buona parte, superando ostacoli tecnici e culturali.
Ad oggi 120 studenti hanno fatto quest'esperienza, hanno visto un pezzo di realtà, hanno fatto fatica, molti si sono appassionati, sono cresciuti. Hanno visto cose che non funzionano, e non hanno trovato ragioni accettabili per cui le si debba lasciare non funzionanti.
Io resto qui, con loro. Non ho finito da imparare da questa esperienza, e voglio seguirla per vedere dove porta. Potrebbe esaurirsi l'anno prossimo, o crescere. Sento che è importante parlarne pubblicamente, e vedremo di farlo. Ma il punto d'appoggio, il terreno dove affondare le radici è questo rapporto tra maestro e allievo, nel quale vesto i panni ora dell'uno, ora dell'altro.
A un think tank preferisco un piccolo work thank (e learn thank) dove ci si misura con problemi concreti. Qualcosa che vale la pena di fare lo si trova sempre, e facendo si riscopre la ragione più grande per cui ne vale la pena. Il lavoro di insegnamento è un grande dono, perché se uno non ha chiaro il senso per cui propone una cosa non è credibile.
E poi ci si pensa su, e allora si capisce meglio, si propone, soprattutto si prova a fare.
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