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venerdì 3 maggio 2013

Dall'OCSE Economic Survey sull'Italia un pensiero ai confidi, ripreso da linlkiesta

Su linkiesta è uscito oggi un pezzo sui confidi che prende spunto da un passaggio apparso nell'Economic Survey 2013 di recente pubblicato dall'OCSE (qui la versione online dell'intero rapporto, andate a pag. 64):


OECD Economic Surveys: Italy 2013 | OECD Free preview | Powered by Keepeek Digital Asset Management Solution
L'OCSE non presenta dati specifici, ma esprime un'opinione sul ruolo dei confidi nel sistema di finanziamento delle imprese. Ci sono commenti positivi, sul loro ruolo di agenti di collegamento tra banche e imprese che correggono inefficienze del mercato del credito, ma anche rilievi critici. L'OCSE stigmatizza la presenza in Italia di un sistema confidi a due livelli (vigilati e quasi non) che potrebbe dar luogo a fenomeni di shadow banking. Il G20/Financial stability board avrebbe raccomandato di monitorare questo pericolo.
Ancora più stringente è l'osservazione conclusiva, secondo la quale i confidi, offrendo garanzie collaterali, disincentivano le banche a considerare modalità più innovative per finanziare le Pmi, basate sulla valutazione di progetti. Il punto è ripreso e sviluppato da linkiesta, che raccoglie le opinioni di Massimo Nobili (Presidente Eurofidi) e Ambra Redaelli (Presidente di Piccola Industria Lombardia). Riprendo un giudizio di Redaelli che mi sembra interessante e attuale:

«Il trasferimento del rischio è un boomerang perché avviene a piè di lista: gli affidamenti dei Confidi si sono trasformati in attrattori di insolvenze in quanto le banche cercano di tenere in vita il più possibile le posizioni non garantite, mentre al contrario anticipano le insolvenze sui prestiti garantiti per escuterne subito le garanzie». Un modus operandi che ha una spiegazione ben precisa, nota ancora Redaelli: «In Francia e in Spagna il rientro non è a giudizio insindacabile della banca, come in Italia, ma è condiviso con i Confidi, parte attiva nella filiera. Ciò non solo crea più cultura d’impresa, ma non depaupera il Fondo di garanzia». Nel rapporto 2012 di Unioncamere sul sistema dei Confidi Lombardi solo 7 su 25 (partecipanti allo studio) «affermano di essere abitualmente coinvolti in tavoli tecnici con le banche per discutere e definire le modalità di trattamento e di ristrutturazione delle posizioni debitorie critiche».

Nell'articolo, si parla anche della proposta dei Saggi del Presidente di rifinanziare il Fondo centrale, facendo intendere che potrebbe rappresentare un fattore di ulteriore agevolazione del sistema bancario, gravato da 130 miliardi di sofferenze lorde (sarebbe bello sapere in quale misura coperte dal Fondo).
Come potete notare, molti spunti sui confidi che leggete in quello che scrivo si ritrovano anche in interventi come quelli qui ripresi: tutti 107, andare oltre il ruolo di riassicuratori, intervenire attivamente nella gestione delle crisi. Sarebbe bello che nel dibattito entrassero anche proposte migliorative del sistema, formulate in ottica di sistema.
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6 commenti:

Enea ha detto...

1-Monopoli Regionali.
2-Confidi tutti vigilati.
3-FCG per le PMI con esclusivo ruolo di II livello nella filiera della garanzia e del credito.
4-Condivisione delle azioni di recupero del credito.
5-Sviluppo di assitenza finanziaria di base in collaborazione con ODCEC.

Anonimo ha detto...

Non mi sembra che la Radaelli abbia detto qualcosa di così pregnante da essere ripreso in maniera così eclatante. Non sono d'accordo nel generalizzare che le banche tengono in vita posizioni non garantite a discapito di quelle garantite per poter escutere le garanzie. Mentre sono profondamente d'accordo che non esiste una collaborazione stretta tra banche e Confidi. Basta guardare anche la questione sui flussi informativi. Ma questa è la scoperta dell'acqua calda. Aggiungo ( sempre per la Presidentessa della Piccola Industria Lombarda): facile dire che in Francia e Spagna la forza politica dei Confidi è superiore che in Italia. Ma la Confindustria quando si doveva, e si dovrebbe ancora, riequilibrare questo rapporto di forze è stata sempre molto poco, vogliamo dire, convinta....e diciamolo senza fare ulteriori polemiche. In merito a quanto dice Enea dico: punto 1 si se non gestiti dalla politica sennò assolutamente no; punto 2 concordo con soglia a 150 MLN € e reale applicazione del principio di proporzionalità nelle verifiche ispettive; punto 3 mi piacerebbe che il FCG fino a 500 mila € di finanziamento rilasciasse garanzia solo ai confidi; punto 4 ovvio per quanto dettoprima; punto 5 mah!! da valutare. Bisogna definire bene ma molto bene la collaborazione. In linea di massima preferirei di no.

Anonimo ha detto...

Quando un/una rappresentante delle associazioni d'impresa parte da un fatto per esprimere un giudizio che condivido, mi fa piacere notarlo. Non mi capita spesso.
Sul pentalogo di Enea: apprezzo le idee chiare. Io non ho (lo ripeto spesso) un piano regolatore napoleonico, soltanto dei principi per sbloccare la paralisi e dare compattezza al settore confidi. Da lì si può partire per esplorare le soluzioni. Sul livello regionale come riferimento ho molte perplessità: le regioni perderanno risorse e competenze, le regioni non sono tutte uguali, alcune sono amministrate in maniera irredimibile, e lasciate da sole continueranno ad esserlo. Si parla di macroregioni, ecco forse questo può essere il livello a cui impiantare un soggetto forte per le politiche creditizie verso le Pmi, ma non è detto che sia un confidi monopolista.

roberto villa ha detto...


Ciao Luca un caro saluto,
leggo sempre il blog, ma raramente, ormai, lascio commenti. Ma quest'ultimo, con il tuo commento e l'intervista di Ambra Redaelli, mi stimola ad intervenire. Sarà forse per il lungo periodo di difficoltà dell'economia reale, per le difficoltà di accesso al credito o, con un pizzico di egoismo, per la crisi del Sistema Confidi che mi sembra opportuno sottolineare come mai come adesso sia necessario fare Sistema. Prima di tutto tra noi Confidi e conseguentemente con le Banche. Leggevo nei giorni scorsi l'Occasional Paper 162 di Banca d'Italia (le microimprese in Italia: una prima analisi delle condizioni economiche e finanziarie) e in me si è radicato ancora di più il convincimento che senza garanzie, le nostre PMI faticheranno molto, nei prossimi anni, ad ottenere finanziamenti a costi congrui. Non a caso parlo di Garanzie e non di Confidi, le garanzie si possono attivare sia tramite canali pubblici sia tramite canali privati. Si deve solo decidere se sia meglio l'uno piuttosto che l'altro o se non sia meglio unire le forze e costruire un meccanismo che funzioni davvero e non sia lasciato, per esempio, solo alla discrezione delle banche se revocare gli affidamenti quando c'è una garanzia o trascinare, in sua assenza, una situazione il più a lungo possibile, prima di iscriverla a sofferenza, come sottolinea la Signora Redaelli. Mai come in questo momento è assolutamente necessario, con umiltà e tanta buona volontà, ripartire da un pensiero comune: le Imprese e le loro necessità. Apriamo, finalmente, un tavolo comune dove i Confidi e le loro Federazioni (o meglio Assoconfidi) trovino soluzioni ed abbiano soprattutto la forza di proporle e di farle accettare. E' utopia? Forse, ma sono convinto che senza un'impennata di orgoglio, senza nuove proposte condivise, senza abbandonare gli egoismi che sino ad oggi hanno imperato, questo Sistema sia destinato a breve vita. Oggi il nostro Sistema Imprese è fatto da PMI che, nella maggior parte dei casi, sono sottocapitalizzate e quindi dipendenti da un credito bancario affamato di garanzie e con una situazione bancaria ben lungi dall'aver risolto i suoi problemi di capitalizzazione e quindi restia a concedere credito. E di fronte ad una situazione così drammatica noi cosa facciamo? Nulla o quasi, rischiando di far perdere alle Imprese uno dei pochi strumenti utili per ottenere credito. Certo, la garanzia costa, ma senza garanzie, reali o Confidi, non c’è credito; certamente, senza risorse pubbliche a sostegno del patrimonio dei Confidi ben poco, in questa situazione, si può resistere, ma se nulla facciamo, tutti insieme, sarà solo colpa nostra quello che potrà accadere. Proviamo, per una volta, a pensare con il “noi” e non con “io” e. forse, tutto diventa più semplice. Chiedo scusa per la lungaggine, ma non sono riuscito a farne a meno.

Anonimo ha detto...

Ciao Roberto, è un piacere risentirti, e grazie del tuo intervento come sempre ricco di ragioni e di partecipazione personale.
Io auspico da sempre la concordia fattiva del sistema confidi, e ho cercato di perorarla con nuovi accenti nelle ultime cose che sto dicendo qui sul blog e in giro per convegni. Siamo un Paese bloccato tra difesa di quello che si ha e ansie di trasformazione radicale, che però si esprimono in maniera confusa e più facilmente distruttiva. Se il sistema di rappresentanza delle imprese volesse lanciarsi coraggiosamente nella battaglia per cambiare e ricostruire, la materia del credito sarebbe il terreno ideale, c'è attaccato tutto il resto. O meglio, non dico lanciarsi alla carica a rischio della vita, ma semplicemente mollare la presa sugli spazi e le prerogative che finora gli hanno dato potere e risorse da intermediare (e da trattenere per le proprie strutture), in simbiosi con ampi settori delle amministrazioni pubbliche centrali e locali. E le banche? Anche loro bloccate, con un conto economico e un patrimonio bisognosi di sponde sicure (come nel resto del mondo).
Ma è difficile mettere a rischio quello che si percepisce come un tesoro salvato (finora) dalla crisi. Come uno che in tempo di guerra sta nelle retrovie a distanza di sicurezza dalla linea di fuoco. Io non credo che chi sta in alto, ovvero nelle retrovie, deciderà di cambiare questo stato di cose. Come nel caso del nuovo Governo, da personalità eccezionali che stanno in alto può arrivare un monito, un richiamo alla realtà, un tentativo di ultimatum. Ma il cambiamento deve essere costruito combattendo, conquistando terreno metro dopo metro. Può nascere soltanto dalla base, da chi condivide la fatica e lo smarrimento delle imprese, ma per davvero, portando una parte del peso sulle spalle. Io spero che dal basso si formino delle aggregazioni spontanee di persone che perdono la pazienza e si organizzano per trovare le soluzioni ai problemi che dall'alto non arrivano, o ci mettono mesi, anni. E una volta trovate le soluzioni (provandole in casi pilota) questi vadano sotto le sedi dei Ministeri, del Parlamento, delle associazioni e mettano alle strette chi pensa ed agisce debolmente, dica: banda di babbioni, il problema sta così, così e così. Noi possiamo risolverlo così e così. Aiutateci, o almeno non caricateci di altri pesi, non inventatevi delle misure diversive, dei finti regali, dispensati dalla vostra burocrazia. Lasciateci costruire, non sprecate le poche risorse che potremmo mettere a frutto, non datele a chi se le intasca, o le spreca.
Occorre muoversi, prima che la facciano Grillo e Casaleggio. A quel punto ascolteranno loro, ma dubito che portino proposte con un capo e una coda. E potrebbe arrivare qualcuno peggio intenzionato, e fare del male.
Scusa anche tu la lunghezza.

Roberto villa ha detto...

Luca,
se tu fossi qui... Ti abbraccerei! Come non condividere la tanta passione e le tante veritå contenute nelle tue parole. Leggenti mi ė venuta in mente una canzone: Don Chisciotte di Guccini, e non perchė ritenga una battaglia persa quella contro i potenti o pseudo tali, anzi sono convintissimo che si potranno perdere battaglie, ma alla fine, mi auguro a breve, la guerra sarã vinta. Non possono vincere sempre loro...
Sono disponibile per il ruolo di Sancho, ma anche per quello dell'asino, se puō servire.
Grazie ancora Luca, un abbraccio.