aleablog

lunedì 24 marzo 2014

Barbagallo (Banca d'Italia): il punto sugli strumenti vecchi e nuovi per sostenere il credito (cominciando dalle garanzie)

Carmelo Barbagallo, capo delle Vigilanza della Banca d'Italia, ha presentato il 22 marzo a Perugia una relazione dal titolo Credito e Regolamentazione. Un sistema finanziario stabile e orientato alla crescita nell'ambito del convegno “L’Industria bancaria verso gli anni 2020: rigenerazione manageriale” organizzato dall'Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa
in collaborazione con l’Università Cattolica. Barbagallo passa in rassegna gli strumenti di politica creditizia, vecchi e nuovi. Si sofferma a lungo sul sistema di garanzia e in particolare su Fondo centrale Pmi e sistema dei confidi.
Come sempre negli interventi pubblici di esponenti della Vigilanza, troviamo un compendio chiaro e aggiornato di quello che si è fatto. Barbagallo ricorda che il potenziamento del sistema di garanzia è obiettivo prioritario del nuovo Governo. Elenca poi le recenti novità (revisione dei criteri e garanzie di portafoglio).
Riguardo ai possibili sviluppi, fa un cenno alla proposta di maxi-fondo 2.0 (come l'ho etichettata qui).
Accanto alle iniziative di miglioramento del Fondo centrale di garanzia, meritano di essere rammentate alcune proposte – avanzate da una parte del sistema bancario – finalizzate ad accrescere il volume dei finanziamenti bancari alle PMI. Esse si basano sulla creazione di un nuovo sistema di garanzia basato su principi di condivisione del rischio fra banche e soggetti pubblici, automaticità delle garanzie e trasferimento dei benefici alle imprese anche in termini di minor costo dei finanziamenti.
aggiungendo in nota
Queste proposte si prestano a essere attuate in modo efficiente soprattutto da banche dotate di robusti sistemi interni di misurazione del rischio di credito. La loro praticabilità è ovviamente subordinata alla disponibilità di risorse finanziarie pubbliche adeguate ai volumi di garanzia che si intende sviluppare.
Desumo che la proposta è ancora in circolazione, e che tornerà alla ribalta quando si tratterà di programmare l'impegno dei fondi strutturali Ue, che sono il carburante necessario per farla marciare.

La relazione parla anche di confidi. Qui si lancia un messaggio molto preciso ai confidi che ambiscono a diventare (o rimanere) intermediari soggetti a vigilanza piena:
Formalmente intermediari privati, nel tempo il loro ruolo si è caratterizzato sempre più come quello di “canalizzatori” di risorse pubbliche, prevalentemente in posizione accessoria rispetto ai sistemi pubblici di garanzia. Questa evoluzione è anche il frutto di scelte di politica legislativa che collocano questa categoria di intermediari in una posizione peculiare, distinta da quella degli altri intermediari operanti con logiche puramente di mercato.
Proseguendo, si indica il punto critico per il futuro dei confidi vigilati:
La riforma del titolo V del TUB e le disposizioni attuative poste in consultazione dal Ministero dell’economia e dalla Banca d'Italia subordinano l’iscrizione dei confidi nel nuovo albo degli intermediari vigilati a requisiti dimensionali e organizzativi rafforzati rispetto a quelli finora previsti. È importante che il passaggio al nuovo regime di vigilanza sia accompagnato da un processo di consolidamento e rafforzamento patrimoniale, che può essere sostenuto da opportune scelte legislative. E’ altresì opportuno che la destinazione di risorse pubbliche a sostegno dei confidi sappia differenziare adeguatamente i soggetti vigilati da quelli non vigilati; contributi pubblici sono stati conferiti ai confidi in forme tali da non eliminare vincoli di destinazione a specifici impieghi e obblighi di restituzione all'ente conferente che hanno reso i contributi non idonei a essere computati come patrimonio a fini di vigilanza.
È auspicabile che le scelte legislative siano coerenti con le linee di fondo della riforma e che gli strumenti utilizzati siano rispettosi del quadro normativo europeo, non lasciando dubbi sull’idoneità a formare il capitale regolamentare. In tal senso, la Legge di Stabilità 2014 ha, correttamente, introdotto un meccanismo di sostegno della crescita dimensionale e del rafforzamento patrimoniale dei confidi vigilati dalla Banca d’Italia, di quelli che realizzano fusioni finalizzate all’iscrizione nel nuovo albo degli intermediari nonché di quelli che si uniscono in “contratti di rete” ed erogano garanzie in misura complessivamente non inferiore alla soglia di 150 milioni, prevista per l’iscrizione nell’albo. 
In sintesi: la Banca d'Italia ha preso atto dello status quo ante del sistema confidi, una galassia di soggetti che intermediano risorse pubbliche e danno accesso ai programmi pubblici di garanzia. Per questo motivo si è mantenuta una specie di intermediario sui generis (il confidi minore), e di fatto si è prorogato il precedente regime di iscrizione dei 107 con soglia "bassa" a 75 milioni di euro. Adesso, però, con la piena attuazione della riforma del TUB, si stringeranno i bulloni dell'impalcatura. Chi vuole restare vigilato dovrà consolidarsi e rafforzare il patrimonio. Se i policy maker vogliono un sistema di confidi vigilati robusto, devono capitalizzarlo. Questo implica una differenziazione degli aiuti tra vigilati e minori, per cui i primi devono avere fondi liberamente disponibili come riserve patrimoniali, quindi non soggetti a vincoli di destinazione, né tanto meno al rischio di revoca per violazione dei limiti Ue agli aiuti di Stato. Perciò Barbagallo approva le misure che, nella Legge di stabilità, separano gli aiuti al rafforzamento patrimoniale dei vigilati (presenti e futuri) e dei minori.
Per differenza, desumo che alla Banca d'Italia non ha (ancora?) un interesse diretto a quello che accadrà nel comparto dei minori. Forse immagina, o auspica, che la politica capirà: non può permettersi di mantenere i vigilati e anche i minori,  e quindi tutti migreranno verso l'albo dei vigilati. O forse no: rimarranno i minori come punto di distribuzione di risorse pubbliche diverse da quelle destinate ai vigilati (quello che è successo con la Legge di stabilità, anzi no, perché come i minori "in rete" possono accedere alla risorse del Fondo Pmi,  così i vigilati possono chiedere soldi alle Camere di commercio).

Sulla garanzia, questo è quanto. La relazione poi prosegue con i canali nuovi (o futuribili) di finanziamento delle imprese: cartolarizzazioni, covered bond, mini-bond e credit fund. Leggetela: è molto chiara e dà l'idea del grosso lavoro da fare per tirare fuori dei volumi non irrisori da ogni strumento.
Si accenna anche ai programmi di smaltimento dei crediti deteriorati, con un cenno discreto all'opportunità di pensare a una bad bank di sistema. Detto in bankitaliano, suona così:
Soluzioni di mercato potrebbero peraltro rivelarsi non sufficienti.
In sintesi, la Banca d'Italia ha ben presente l'importanza delle garanzie creditizie nel quadro di mercato attuale. Al variegato mondo dei confidi, che ha imparato a conoscere, ricorda soltanto che nella casa degli intermediari vigilati vigono certe regole: la normativa di vigilanza, non gli usi civici. Nel nuovo albo degli intermediari finanziari ammetterà soltanto confidi ben organizzati e capitalizzati (mediamente più grandi degli attuali 107). Questo implicherà costi elevati? Il pubblico dovrà provvedere per la differenza. Laddove le risorse pubbliche non basteranno, i policy maker dovranno scegliere: o concentrare i fondi sui vigilati, o rinunciare ad avere vigilati autoctoni sul proprio territorio.

La Vigilanza non disegna il profilo del confidi ideale, come è giusto che sia. Sono i confidi che devono riprogettarsi, tenendo conto dei parametri di robustezza e conformità regolamentare dettati dalla Banca d'Italia.
Ci sarà da discutere e da battagliare. Al momento la posizione di Banca d'Italia non è conciliabile con quella del sistema confidi. Nel disegno di legge delega ispirato da Assoconfidi e presentato il 28 gennaio al Senato, si fissano i principi di riforma del sistema confidi inteso come entità unitaria. Il Ddl si formula istanze giuste, e la Banca d'Italia ne approverebbe in pieno un buon numero (i punti sul rafforzamento patrimoniale). Però la Banca d'Italia non comprerà mai la tesi secondo la quale i confidi sono un'unica grande famiglia.
Che fare allora? Andare verso un modello unico di confidi? Difendere il modello pluralistico?
La questione rimane aperta.


Stampa questo post

2 commenti:

sapio ha detto...

Qualcosa da fare c'è: far dirigere i Confidi da novantenni accompagnati dai genitori.

Anonimo ha detto...

BdI in privato parla malissimo dei Confidi e li vorrebbe tutti chiusi. Non potendolo dire in pubblico alza l'asticella sperando nel ritiro volontario dei concorrenti.