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sabato 8 marzo 2014

Commissione UE: «Fondi Ue solo per progetti di sviluppo. No a tagli diretti sulle tasse». No anche agli aiuti generici al credito?

I fondi di sviluppo e coesione servono per correggere squilibri e realizzare una convergenza. Devono essere spesi per agire su obiettivi specifici di sviluppo imprenditoriale e socio-culturale con progetti mirati. Questo il messaggio forte ripreso nella prima pagina del Sole 24 ore di oggi. Ma cito le parole di Shirin Wheeler, portavoce del commissario Ue alle Politiche regionali Johannes Hahn:
Cosa si può finanziare
«Stiamo quindi dicendo all'Italia, come a qualsiasi altro Stato Membro dell'Unione, che le regole dei fondi permettono di finanziare con risorse nazionali - prima che i programmi per il 2014-2020 siano adottati dalla Commissione - progetti concreti per offrire, per esempio, aiuti per lo start up o per l'espansione produttiva e occupazionale dell'industria manifatturiera, o operazioni per ridurre la dispersione scolastica», prosegue il portavoce.

Verifica a posteriori di coerenza con le regole dei fondi
«Progetti che mirano a questi obiettivi - si evidenzia - sono considerati una priorità della politica dell'Unione Europea. Questi progetti dovranno in ogni caso essere sottoposti ad una verifica a posteriori di coerenza con le regole dei fondi, con i criteri di selezione, e con la strategia dei programmi. Solo quando sarà trovato un accordo sulla strategia e sui programmi, la Commissione potrà rimborsare quei progetti con risorse comunitarie».

Il titolo del Sole di oggi sembra una risposta all'articolo di Roberto Perotti "Sacrifichiamo i fondi UE per ridurre il cuneo fiscale" uscito il 27 febbraio sullo stesso quotidiano. A Bruxelles non c'è spazio, né ascolto, per atteggiamenti rinunciatari e minimalisti.
L'esponente della commissione ha espresso un no a riduzioni generalizzate delle imposte coperte da fondi UE. C'è spazio per aiuti selettivi, come crediti d'imposta agli investimenti e aiuti al credito per destinazioni specifiche. Per vendere bene i programmi a Bruxelles, occorre però essere immaginativi. Le forme di aiuto che soddisfano più soggetti (imprese e cittadini) e hanno una gestione più lineare e automatica, sono purtroppo anche quelli che piacciono di meno ai garanti della strategia dei programmi. Ci vuole quindi più selettività e possibilmente più novità degli obiettivi e degli strumenti.
Le amministrazioni pubbliche sono quindi "condannate" a diventare più creative ed efficaci. La conflittualità politica, i particolarismi, gli intrecci clientelari non sono un alibi. Dobbiamo tirar fuori progetti ragionevoli e ben eseguiti da queste risorse che l'Europa ci rende dopo averle prelevate da noi.
Che cosa implica questa impostazione per gli aiuti al credito (e ai confidi)?
Gli aiuti "per interventi di ingegneria finanziaria" assorbono una fetta consistente dei fondi strutturali a livello regionale. A livello statale il Fondo centrale Pmi attinge a fondi POI-PON e fondi di sviluppo e coesione.
Sarebbe molto pericoloso mantenere lo status quo. Il grosso delle risorse va a programmi generalisti, e al tempo stesso c'è una fioritura (si fa per dire) di piccoli progetti à la page (start up, impresa donna, innovazione tecnologica) che si moltiplicano sui vari territori e livelli di governo.
E' giunta l'ora di pensare a pochi grandi progetti innovativi che siano gestiti dalle diverse amministrazioni su piattaforme comuni. Nel caso della garanzia, questo sta cominciando a succedere con il Fondo Pmi. Se va avanti il progetto delle garanzie di portafoglio in fund raising, nascerà una piattaforma di questo tipo a sostegno dei programmi di finanziamento a medio-lungo termine alle Pmi. Ma non basta.
Sarebbe bello, e utile, aggiungere qualche cosa di veramente rivoluzionario, come una rete di finanziamenti di equity di piccolo taglio gestiti da intermediari-consulenti. Roba che potrebbe interessare molto ai confidi 2.0 (lo dicevo a Confires 2013).
Ma serve uno spirito diverso, fresco e giovane. E tanto lavoro, col passo dei giovani.
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