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giovedì 28 maggio 2015

Circolare 288 della Banca d'Italia: intermediari non bancari (quindi anche i confidi) esenti dai nuovi ratio di Basilea III. E' un grosso vantaggio?

Proseguendo nell'analisi per temi della Circolare 288 della Banca d'Italia, dopo la consulenza, affronto oggi il particolare regime di vigilanza prudenziale applicato agli intermediari finanziari, e in particolare i trattamenti differenziati rispetto alle banche. La questione è ben riassunta dalla comunicazione accompagnatoria delle circolare uscita sul Bollettino Vigilanza:
Per tener conto e valorizzare le caratteristiche degli intermediari finanziari nel rispetto del principio di proporzionalità, da un lato, le norme introducono alcuni trattamenti specifici per gli intermediari finanziari relativamente ai livelli di capitale (10) e, dall’altro, non prevedono, al momento, l’applicazione di alcuni istituti contenuti nel CRR/CRDIV, quali le regole in materia di: i) liquidità e leva finanziaria (11); ii) riserva di conservazione del capitale e riserva di capitale anticiclica. Inoltre, una disciplina prudenziale semplificata è applicata agli intermediari minori (12).
(10) In particolare: i) per quanto riguarda il requisito patrimoniale complessivo, è previsto che gli intermediari che non effettuano raccolta di risparmio presso il pubblico mantengano un requisito patrimoniale a fronte dei rischi di credito e di controparte pari al 6% delle esposizioni ponderate per il rischio; per gli altri intermediari, il coefficiente è pari all’8% come per le banche; ii) con riguardo al factoring (crediti commerciali acquistati), ai fini dell’intestazione delle esposizioni si tiene conto della trilateralità che caratterizza il rapporto di cessione dei crediti: in presenza di alcuni presupposti, gli intermediari imputano l’esposizione al debitore ceduto ai fini del calcolo del requisito patrimoniale a fronte del rischio di credito, anche qualora adottino la metodologia standardizzata; iii) in merito alla concentrazione dei rischi, è previsto che gli intermediari finanziari rispettino i medesimi limiti prudenziali stabiliti per le banche. In via transitoria (fino al 31.12.2017) è, tuttavia, consentito di superare il limite di esposizione verso un cliente o un gruppo di clienti connessi, pari al 25% del capitale ammissibile. All’esposizione eccedente tale limite è prevista l’applicazione di uno specifico requisito patrimoniale; in ogni caso, l’esposizione verso un cliente o un gruppo di clienti connessi non può superare il 40% del capitale ammissibile.

(11) Le disposizioni prevedono, peraltro, l’adozione di specifici presidi organizzativi a fronte dell’esposizione al rischio di liquidità e richiedono che tanto il rischio di liquidità quanto il rischio di leva finanziaria eccessiva siano oggetto di valutazione nell’ambito del processo ICAAP.

(12) A titolo esemplificativo, nell’ambito della disciplina del processo di controllo prudenziale (II pilastro), tali intermediari possono non effettuare prove di stress e possono non determinare il livello prospettico del capitale interno complessivo e del capitale complessivo, né è loro richiesto l’invio alla Banca d’Italia della rendicontazione ICAAP.
Pertanto, i confidi iscritti all'albo 106 continueranno a rispettare un solvency ratio sul rischio di credito pari al 6% (contro l'8% delle banche), e in più non saranno sottoposti alle maggiorazioni introdotte da Basilea III, in particolare la riserva di conservazione del capitale (applicata alle banche dal gennaio 2014 e pari al 2,5%, da soddisfare con core equity Tier 1 capital). Se una banca non rispetta questo requisito (in inglese capital conservation buffer), non può distribuire dividendi, remunerazioni variabili e altri elementi utili a formare il patrimonio regolamentare oltre limiti prestabiliti e dovrà definire le misure necessarie a ripristinare il livello di capitale richiesto

Gli intermediari non bancari sono esentati anche dalle regole per riserva di capitale anticiclica (applicato a discrezione delle autorità di vigilanza nazionali), rischio di liquidità (in vigore con applicazione progressiva dal 2015) e rischio di leva finanziaria eccessiva (applicato dal 2018).

Come giudicare l'impatto di queste norme sui confidi vigilati? Sembrerebbe molto favorevole: un requisito minimo del 6% contro 8%+2,5% = 10,5% previsto per le banche.
I confidi continuano a beneficiare anche della ridotta ponderazione (al 75%) applicata dal metodo standard ai portafogli retail, nei quali rientra la maggior parte delle loro posizioni. Non sono certo che si applichi agli intermediari diversi dalle banche lo SME supporting factor, cioè il fattore moltiplicativo (pari a 0,7619) che riduce ulteriormente le attività ponderate per il rischio nei confronti di Pmi. Lo prevede la CRR IV (qui la norma sul rulebook dell'EBA), che ha recepito le istanze dell'ABI e delle associazioni europee delle piccole imprese (vedi commenti finali di questo post). Questo fattore neutralizza l'impatto sui prestiti alle Pmi dei ratio aggiunti da Basilea III.

[Con l'occasione noto che dopo Basilea 3 è più complicato leggere le regole sui requisiti patrimoniali perché non trovate più le istruzioni complete nelle disposizioni di vigilanza nazionali, dato che queste ultime fanno ampi rinvii ai Regolamenti comunitari e ai correlati standard tecnici di attuazione. 
Ecco cosa prevede in proposito la circolare 288 (clic per ingrandire)
Nel CRR IV c'è la regola dello SME supporting factor, quindi dovrebbe essere applicata anche agli intermediari del nuovo albo 106. Se fosse così, questi avrebbero un doppio beneficio: l'esenzione espressa dai nuovi balzelli di Basilea III disposta dalla Circolare 288 e in più l'alleggerimento pensato nella CRR al fine di realizzare lo stesso effetto per le banche. [Come vedete più il tempo passa, più le regole di vigilanza diventano intricate].

Inoltre i confidi vigilati beneficiano ancora della deroga al limite massimo dei grandi rischi (che resta al 40% del patrimonio di vigilanza). Se poi i confidi stanno sotto la soglia dimensionale (per loro portata a 250 milioni di attività finanziarie) per essere classificati come "intermediari minori", allora risparmiano anche il grosso degli adempimenti del Secondo pilastro (che ruotano attorno al rendiconto ICAAP). Anche l'ultima newsletter Fedart Fidi sottolinea questo aspetto, notando che i confidi sotto tale soglia potrebbero perdere la prerogativa di minori per la regola che non la ammette quando l'intermediario svolge attività di gestione di fondi pubblici: 
Le disposizioni contenute nella circolare 288 prevedono alcune semplificazioni operative per gli intermediari meno complessi, definiti “Intermediari minori”.
In particolare, ed a titolo esemplificativo, tale tipologia di intermediari può istituire una sola funzione di controllo, non effettuare prove di stress, non determinare il livello prospettico del capitale interno complessivo e del capitale complessivo e non è tenuto a inviare la rendicontazione ICAAP alla Banca d’Italia.
La soglia di attivo utile affinché un Confidi possa rientrare nella categoria degli Intermediari minori è stata innalzata da 150 milioni di euro a 250 milioni di euro.
Tuttavia, stando ai contenuti della circolare e per quanto di diretto interesse dei confidi, viene disposto che, a prescindere dall’elemento quantitativo, non rientrano in tale categoria quegli intermediari che, fra le altre, “svolgono l’attività di erogazione di finanziamenti agevolati e/o di gestione di fondi pubblici”.
Su questo specifico aspetto la Federazione, congiuntamente ad Assoconfidi, ha intenzione di avviare a breve un approfondimento, anche al fine di valutare i possibili impatti in termini di semplificazione operativa per il sistema dei Confidi stesso.
In attesa che i dubbi sull'applicazione delle regole siano chiariti, posso fare comunque una considerazione generale: non facciamoci illudere, né fuorviare, dai requisiti di capitale più leggeri concessi dalla 288 ai confidi iscritti all'albo.
OK, la banca oggi ha un requisito minimo (inclusivo del capital conservation buffer) del 10,5%, il confidi del 6%.
Tuttavia, quello che conta non è il requisito minimo, ma il requisito di fatto sollecitato dalle autorità di vigilanza, e dalle regole di sana gestione dell'adeguatezza patrimoniale.
Oggi un confidi che viaggia con un solvency ratio di poco superiore al 6% vive una condizione molto precaria. Può fare molto poco per sviluppare la sua attività (la Banca d'Italia accetta questo livello minimo vitale proprio perché i volumi attività si stanno riducendo, come notava nella Relazione annuale).
Per poter operare con tranquillità nel mercato di oggi, con i tassi di decadimento ancora alti e un massiccio stock di sofferenze, il capital ratio deve stare molto al di sopra del minimo. Quanto sopra? Dipende da diversi fattori: serve più capitale se le dimensioni sono ridotte e/o i rischi sono concentrati, il deteriorato pesa e ha accantonamenti non congrui, la redditività è bassa o negativa; serve meno capitale se il frazionamento dei rischi è elevato, la copertura del deteriorato è adeguata, la gestione corrente è in equilibrio economico.
Diciamo che sui livelli medi indicati dalla Relazione BI per i confidi 107 (15% di total capital ratio) si respira, ma per stare più tranquilli si deve stare sul 20% (il 15% è la media di Trilussa tra situazioni all'estremo inferiore e altre ben al sopra, quindi la parte più solida del sistema già sta su quei livelli di sicurezza).
Volete altre evidenze per la mia tesi? Mi hanno riferito che, nel programma SME Initiative, la BEI chiede un supporto di equity o mezzanine del 20% per prendersi il rischio senior di una cartolarizzazione di prestiti a Pmi italiane, penso che abbia fatto bene i suoi calcoli. Più vicino a casa, so che un progetto di fusione tra confidi pone come condizione per il via libera del confidi che sta meglio una capitalizzazione del 20% (e la parte mancante ce la deve mettere qualcuno).

Del resto anche per una banca il 10,5% è un minimo sindacale, ma poi serve molta più benzina (o  polmoni) per superare senza affanno i vari asset quality review, stress test e requisiti su misura che la BCE o la Banca d'Italia possono cucirle addosso.

In conclusione: non fatevi ingannare dalla fallacia del risparmio di capitale minimo. Sarebbe demenziale spostare rischi dalle banche ai confidi per questo motivo (anche perché potete immaginare quali rischi si sposterebbero ...). Eppure si continua a ripetere come un disco rotto questa solfa, sarebbero più virtuosi i confidi, o più efficienti i fondi di garanzia, che operano con leva più alta. Chiacchiere irresponsabili, finché c'è questo panorama del credito.

E alla fine si torna sempre al Via: qualsiasi discorso serio sul futuro dei confidi deve partire da lì, dal rafforzamento della base patrimoniale, e da una gestione sana che la preservi.


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5 commenti:

Enrico ha detto...

Buongiorno Luca,
mi sto cimentando anch'io sul Regolamento CRR e la Direttiva CRD in occasione della preparazione di un corso che terrò, per la mia azienda, ai nostri clienti confidi.
Ti confermo, e lo stiamo sviluppando pure nei tavoli tecnici Puma2, che lo SME supporting factor si applicherà anche ai confidi.
Ti invio inoltre due ulteriori spunti di riflessione che sono emersi dall'analisi della normativa:
- il perimetro per la definizione di una PMI cambia (si veda raccomandazione 2003/361/CE della Commissione Europea). Ergo, cambiano anche i limiti dimensionali per determinare la portafogliazione corporate/retail;
- ai fini delle Grandi esposizioni (i nostri vecchi amati grandi rischi) mi risulta che i benefici garantiti fino a oggi dall'allegato J della Circ.216 verranno persi, le esposizioni verso banche con durata residua fino ad un anno (i conti correnti disponibili dei confidi) non avranno più una ponderazione allo 0% (si veda art.400 CRR, par.2, punto f).
Attenzione quindi alle politiche di gestione della tesoreria altrimenti occorrerà "sacrificare" patrimonio aggiuntivo come previsto per le esposizioni che eccedono il 25% del PDV.

Buona giornata

Enrico

Anonimo ha detto...

Grazie, Enrico, delle utilissime precisazioni sui requisiti di capitale che evolvono.

marcocian ha detto...

Buongiorno sig. Erzegovesi,
sono uno studente dell'Università degli studi di Udine che sta svolgendo la tesi di laurea sui Confidi. Innanzitutto, volevo ringraziarla del lavoro da lei svolto in questi anni che si sta rivelando estremamente prezioso. Detto questo volevo chiederle dei chiarimenti circa l'impatto di Basilea III sui Consorzi di garanzia. Da quello che mi pare di aver capito praticamente nulla del 3° Accordo (almeno per quanto riguarda gli elementi principali) è applicabile ai Confidi vigilati (con l'eccezione dei soggetti esclusi dalla categoria "intermediari minori"). Inoltre, non mi è chiaro quali sono le previsioni che si applicano ai Confidi minori (ex art. 112): anche a loro si applica Basilea III secondo le modalità semplificate previste per gli enti maggiori oppure ci sono ulteriori profili di differenziazione?

In attesa di una sua risposta e ringraziandola dell'attenzione concessa.

Marco Cian

Anonimo ha detto...

Caro Marco,
grazie delle parole gentili. Purtroppo non ho pronta la risposta ai tuoi quesiti che come sempre accade per i confidi richiedono di dipanare una matassa aggrovigliata. Sull'impatto di Basilea 3 per i maggiori non sono in grado di aggiungere nulla al post qui sopra.
Forse tra i lettori c'è qualche volenteroso che ti può dire qualcosa di più organico e aggiornato.
Dico soltanto che per i confidi minori non si applica né Basilea 2 ne tanto meno 3 (e al momento non si sa nulla del loro futuro regime regolamentare in attesa che si costituisca il loro Organismo gestore dell'elenco).

marcocian ha detto...

Capito, la ringrazio del chiarimento.