Oggi è stata presentata Banca Impresa Lazio, un istituto di credito che segna una svolta nell'intervento pubblico a sostegno del credito alle Pmi (v. comunicato stampa).
Banca Impresa Lazio si propone come intermediario specializzato nel packaging e trasferimento del rischio di insolvenza sui finanziamenti alle PMI del Lazio mediante operazioni di finanza strutturata concluse sul mercato italiano e internazionale del credit risk transfer. In concreto, BIL intende promuovere operazioni di cartolarizzazione tradizionale e sintetica di prestiti alle PMI, supportandole con fondi regionali di garanzia a copertura dei rischi di prima perdita. Al capitale sociale del nuovo Istituto, pari a 7 milioni di euro, partecipa con il 40 per cento Sviluppo Lazio, la società strumentale della Regione. La restante quota è ripartita fra alcuni dei più importanti istituti di credito nazionali, coinvolti nella realizzazione del progetto in qualità di “gruppo promotore”: Banca di Credito Cooperativo di Roma, Banca Intesa, Banca Nazionale del Lavoro, Capitalia.
Ho avuto il piacere di partecipare al team che ha elaborato il progetto, coordinato da Enrico Pedretti, direttore di Agenzia Sviluppo Lazio. Per ovvi motivi di riservatezza, preferisco rinviare il commento degli aspetti tecnici a un momento successivo. Si possono fare però alcune riflessioni di fondo sulla filosofia di questo progetto.
La crescita delle competenze e del peso politico delle Regioni ha portato ad una riconfigurazione degli interventi a sostegno dell’economia regionale sotto la regia di agenzie ed enti di sviluppo. Le idee guida di questo new deal delle politiche di sviluppo regionale possono essere così schematizzate:
- partnership pubblico – privato, per integrare le risorse finanziarie e le competenze tecniche e organizzative dell’ente pubblico, che sono insufficienti rispetto al fronte di azione; per questa via si mira a massimizzare l’effetto leva dei fondi pubblici;
- consapevolezza delle imperfezioni del mercato (e dei conseguenti costi di transazione), che si traduce nella critica dei canali tradizionali di incentivazione, nel monitoraggio dei finance gap e nell’assunzione di un ruolo attivo nella promozione di canali innovativi di finanziamento;
Contemporaneamente, la ricerca di nuove fonti di finanza regionale ha portato le amministrazioni ad affacciarsi sui mercati finanziari con emissioni di obbligazioni e operazioni di finanza strutturata. Per interagire da pari a pari con investitori e agenzie di rating, e per gestire efficacemente la tesoreria e il debito, le regioni hanno acquisito o affinato il proprio know-how finanziario, assumendo manager provenienti dal settore bancario o della consulenza. Certo, l'uso della finanza innovativa non è stato sempre oculato (v. recente indagine parlamentare sull'uso dei derivati nelle imprese e negli enti pubblici), ma il trend di sviluppo delle competenze è positivo.
In questo contesto, si sta attuando un ridisegno delle strutture e dell’impianto tecnico e normativo dell’intervento a favore delle PMI. Queste strategie integrate mirano a coordinare gli interventi tradizionali basati su trasferimenti diretti e facilitazione dell’accesso al credito (contributi in conto capitale, sostegno agli enti di garanzia) con azioni aggiuntive miranti a colmare gap di offerta di servizi reali (reti di business innovation center) e di capitale di rischio (circuiti di private equity di tipo informale, come quelli basati su familiari, amici e business angel, e istituzionale, come i fondi di venture capital). L’ente pubblico torna ad essere soggetto che interviene direttamente in campo creditizio e finanziario con la creazione o il potenziamento di società strumentali (agenzie di sviluppo o altri enti da queste controllate) e la promozione di veri e propri intermediari finanziari, in partnership con banche e associazioni d’impresa. Sono esempi in proposito le società di investimento in private equity . Rientrano in questa categoria anche i soggetti che più ci interessano in questa sede, ovvero gli intermediari di garanzia direttamente promossi dalle Amministrazioni regionali.
Come le forme storiche di intervento territoriale sul credito e la finanza (i Mediocrediti e le Finanziarie regionali), anche le nuove strutture hanno carattere mission oriented, ma si differenziano per la più marcata connotazione imprenditoriale. Contribuisce a ciò, oltre alla qualificazione professionale dei manager, il coinvolgimento di partner privati, fortemente auspicato dagli Organi di vigilanza, e attuato in maniera selettiva, in base al commitment sugli specifici progetti imprenditoriali.
Con queste iniziative, l’ente pubblico viene a rivoluzionare il proprio ruolo da elemento di schermo dell’economia locale dalle forze di mercato, a fattore di diffusione accelerata degli stimoli al cambiamento e al superamento di prassi obsolete. In concreto, le regioni tendono sempre più a schierarsi tra i paladini della buona gestione finanziaria delle imprese, perché è la via per prevenire crisi e affinare le capacità imprenditoriali; del corporate rating e del corretto pricing del rischio di credito, perché sono un incentivo alla trasparenza informativa e danno una misura del consumo probabile di fondi di garanzia; della maturazione dei circuiti di finanziamento, che sono il presupposto per l’efficiente leva delle risorse pubbliche e per l’accesso ai mercati nazionali e internazionali del credito.
Certo, si potrebbe obiettare che il restyling delle politiche regionali corre il rischio di creare semplicemente nuovi contenitori dentro i quali si ripropongono le logiche di sempre. Riteniamo però che le amministrazioni abbiano sviluppato anticorpi contro un simile rischio, essendo esposte al giudizio di un elettorato più smaliziato, oltre a subire, al pari delle banche, la “disciplina di mercato” da parte delle Agenzie di rating, che hanno un ruolo fondamentale nel giudicare l'efficacia delle strutture di risk transfer messe in piedi da organismi come la BIL.
Iniziative come quelle della BIL si collocano all'esterno del settore dei confidi: parliamo infatti di una banca di garanzia costituita in forma di spa con controllo misto pubblico e bancario. Si tratta di modello concorrente rispetto alla banca cooperativa di garanzia prefigurata nella legge quadro sui confidi (art. 13 L.326 24/11/2003, c.29). E' inutile nasconderselo: l'intraprendenza dell'ente pubblico mette i confidi sotto pressione, e li obbliga a muoversi con sollecitudine. Speriamo che questa concorrenza produca effetti virtuosi.
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