Per estremi bisogni della comunità di Firenze fu di nicistà per una giusta cagione di aiutare la republica; e non possendo resistere i cittadini né sopportare tante gravezze, fue costretto al popolo di Firenze a porre uno altro accatto a' preti; e creati li uficiali, andorono tutti li preti e' religiosi e' luoghi pii a raccomandarsi e ogni persona di loro dicevano e ricordavano impossibilità assai, chi per una cagione e chi per una altra.
Andovvi il Piovano Arlotto al quale feciono onore e fattolo porre a sedere gli domandorono: – Piovano, che andate voi faccendo?
Rispose: – Signori ufficiali, io vengo dinanzi a voi per dire tutto il contradio di tutti quelli preti e religiosi che vi sono venuti innanzi e che ci verranno. Tutti dicono e diranno non potere pagare perché per lo addrieto, già fa otto anni, pagorono troppo, e poi pagorono dua altre decime al papa; e alcuni e' diranno avere aùte cattive ricolte, e ch'egli è rovinata la casa, la chiesa, [la] capanna, o guasto il mulino, e chi ha iscorticati i buoi.
Io dico tutto il contradio, che la chiesa, la casa, [la] capanna istanno bene, né ho perduti né buoi né altro; ho aùto questo anno assai compitente ricolta, che ne ringrazio Iddio; e così ho ogni anno, in modo vivo con onore, e avanzami. Tengo uno cherico, cappellano e fattore, e avanzami; vo qualche volta al candiotto, e ancora mi avanza. Di che, ne fo carità a' miei popolani, ché vi imprometto il contado di Firenze non ha il più mendico paese, né dove sieno più poveri, che nel mio popolo e in tutti quelli paesi circustanti.
Pagherò tutta quella quantità volete; se mi porrete ragionevolemente, pagherò e soverrò anche li miei popolani al modo usato. Quando mi ponessi ancora grave somma e innonesta, ancora la pagherò e isforzerommi di ubidirvi, ma torrete il pane di bocca a quelli poveri uomini i quali non potrei sovenire. Rimettomi nella discrezione e iudicio e prudenzia vostra –.
Udito ebbono le piacevolezze con la umilità del Piovano, e quanto era disforme alli altri religiosi vi venivano, li uficiali lo domandorono: – Quanti ducati avesti alli altri uficiali?
Rispose il Piovano: – Ducati otto larghi. – Quanti ne volete pagare?
Rispose: – Quanti me ne porrete.
Dissono gli uficiali: – Se noi non facessimo al nostro Piovano qualche cosa di meglio che li altri, non gli aremo fatto piacere alcuno.
E posongliene quattro e non più.
Motti e facezie del piovano Arlotto, Motto CXLVIIII, a cura di Gianfranco Folena, Ricciardi, Milano Napoli 1953, Edizione elettronica a cura di www.ilbolerodiravel.org
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