venerdì 29 giugno 2007

Il libro in inglese di Resti e Sironi



Andrea & Andrea (Resti e Sironi), colleghi della Bocconi, mi hanno inviato copia del loro volumone Risk management and shareholders' value in banking, edito da Wiley. Il più bel libro del mondo sul risk management degli intermediari finanziari, scritto da due italiani. C'è da esserne fieri.
Resti e Sironi hanno un curriculum accademico atipico. Prima di entrare in accademia, hanno fatto un'esperienza in grandi gruppi bancari che li ha dotati di sensibilità operativa e di una capacità di lavoro impressionante (in particolare Sironi). Sono diventati due punti di riferimento nel bank risk management prima in Italia, poi a livello internazionale.
Non posso dire, come il Mike Bongiorno di Fiorello, che "hanno cominciato con me". Nel mio piccolo penso di aver dato un contributo a sviluppare l'approccio quantitativo tra i "bancari" della Bocconi, dove ho lavorato (specie alla SDA) dal 1984 al 1992. Ricordo ancora gli sguardi allucinati dei primi partecipanti al corso "Gestione dei portafogli obbligazionari" di fronte al teorema dell'immunizzazione con duration = holding period, condito di derivate prime (nulle) e seconde (positive). Con Andrea Sironi hanno lavorato alcuni miei colleghi che si sono formati in quei corsi.
Quando Resti è stato chiamato in Bocconi, gli sono succeduto nel coordinamento del corso ABI formazione sul credit risk management. Sono molto orgoglioso di aver mantenuto punteggi sulla docenza molto vicini a quelli, stellari, che si guadagnava portando per mano i partecipanti tra argomenti impervi con grande spasso. Stile molto diverso dal mio, che in aula preferisco soffrire e far soffrire.
Il nuovo libro è un piacere da leggere. Ha una copertura enciclopedica, e non può dire tutto in maniera completa, ma molte parti (come quella su Basilea 2) valgono da sole il prezzo di copertina. Si vedono lo studio approfondito, la conoscenza di prima mano dei problemi (e dei protagonisti, nelle banche e tra i regulator) esperienza d'aula e capacità didattiche (leggi, di selezione dell'essenziale) eccellenti. Conoscevo gli scritti italiani degli autori, ma in inglese mi sembrano ancora più chiari e brillanti. In effetti in Italia dovremmo parlare in inglese o nei nostri dialetti, ci si capirebbe di più e si passerebbe più in fretta all'azione.
Tanti parolai magari si leverebbero di torno, senza danno per nessuno.

Luca

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