Mi ha fatto piacere trovare sul Sole 24 un articolo di Nino Amadore, conosciuto al convegno di Taormina, dove si commenta un intervento di Alessandro Profumo ad un convegno della Fondazione Banco di Sicilia, a Palermo, in occasione della giornata mondiale della Filosofia sul tema "Finanza e economia: un circolo virtuoso". Ne cito un passaggio che tocca il tema, a me caro, dell'affiancamento alle imprese in crisi:
«È fondamentale – dice Profumo – che si stabilisca una metodologia chiara e ben definita nell'approccio alle aziende in difficoltà. Purtroppo il numero di imprese con difficoltà congiunturali andrà a crescere in maniera significativa. In molti casi bisognerà evitare che alle imprese sia data solo l'alternativa tra restare operative nelle forme attuali o trovarsi di fronte al rischio di diventare insolventi. Avviare, fin dalle prime evidenze di difficoltà, operazioni di reindirizzo e ristrutturazione è una necessità per evitare che i problemi emergano solo quando la situazione è del tutto deteriorata». E poi Profumo aggiunge: «Come banche ci troveremo sempre più spesso davanti a casi di aziende, magari molto rilevanti sul territorio - per aspetti occupazionali e per il ruolo economico del loro possibile indotto - ma in difficoltà. Ci troveremo nella posizione di scegliere se restare nell'azienda, assumendo rischi economici crescenti, o uscirne, al limite decretandone la chiusura, con gli elevati rischi, per tutte le aree di riferimento, che ci si possono attendere».Apprezzo questa disponibilità. Se si vogliono far seguire i fatti, occorre uno sforzo imponente per formare le persone capaci di questo affiancamento, nelle banche e tra i consulenti vicini all'impresa. E' un mestiere che molte banche, per la loro parte, hanno trascurato. Profumo ha ragione, la banca da sola non può farsi carico di queste situazioni. Le crisi richiedono scelte coraggiose e immaginative. Le recessioni durano a lungo quando grandi masse di credito sono catturate in situazioni irrecuperabili.
Per l'amministratore delegato di Unicredit serve «un'azione comune che avvii un ragionamento senza pregiudizi, per impostare sin da subito una metodologia di gestione di questi casi che preveda una quantificazione chiara dei rischi e benefici di ogni operazione singola, ma anche un impegno, quando possibile, a garantire la continuità di impresa. Ciò vuol dire anche fare cose che, come detto, in tempi normali sono da evitare, quali l'ingresso della banca nell'azionariato delle imprese - da attivarsi solo in casi particolari, su basi chiare, temporanee ed a condizioni certe - o il farsi promotori, in via diretta, di iniziative di ristrutturazione spesso alquanto complesse (vendita dell'azienda, chiusura di rami, separazioni di fasi produttive)».
Nel nostro progetto smefin ci stiamo lavorando, chi è interessato provi a dare un'occhiata ai paper del WP04 sul crisis management.
Luca
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