Sul Sole 24 ore di oggi un articolo (a pag. 13, non linkabile) di Emanuele Scarci tratta della scelta tra approccio standard e IRB che le banche italiane hanno fatto (e in alcuni casi modificheranno). Milovan Milovic, responsabile rating di Lince, l'unica ECAI italiana ad oggi autorizzata, illustra i vantaggi dei rating esterni per le banche standard: il database di Lince fornisce il rating per 152mila aziende secondo una classificazione fine del merito di credito in 19 classi. Alla luce delle PD stimate, una fetta consistente della clientela rientra nelle fasce nr 1 e 2, pesate al 20% e al 50%, con un sensibile risparmio di capitale rispetto al risk weight corporate per le imprese senza rating, che Basilea fissa al 100% (75% per le imprese retail). Ubi Banca, utente del servizio Lince, conta di realizzare importanti risparmi di capitale dall'applicazione dei rating esterni.
Dal canto loro, riferisce l'articolo, le banche IRB non fanno mistero di gradire la liberazione di capitale assorbito che i rating interni producono nelle fasce di clientela migliori.
Apprezzo questa sottolineatura del rating come incentivo virtuoso alla buona valutazione e selezione del rischio. Spero nel contempo che nessuno abusi di questo aiuto prezioso.
Luca
PS 13/1: Qui c'è il ink alla metodologia utilizzata da Lince per assegnare il rating.
Bravi , e per le imprese dalla 3' fascia in su qual'è l'aggravio di capitale? Perché non è che le banche possono scegliere di applicare i rating solo alla clientela migliore !
RispondiEliminaNon per fare il pignolo ma .... le 152mila imprese [i] rated [/i] citate dall'articolo mi sembrano un pò troppe e mi lasciano un pò perplesso. Quelli di Lince hanno già valutato in modo approfondito 152mila imprese italiane tanto da fornirgli un rating che può essere messo sullo stesso piano di quelli di S&P's, Moody's o Fitch?
RispondiEliminaForse sono io che sottovaluto la capacità di compiere analisi di merito creditizio da parte di questo gruppo.
Oppure, come spesso accade, si fa riferimento al "rating" utilizzando questa parola in modo improprio e sarebbe invece più corretto parlare al massimo di "scoring". Naturalmente non metto in dubbio che quest'ultimo scaturisca da sofisticati modelli econometrici con elevata capacità discriminante tra classi di prenditori, ma questi possono costituire solo il punto di partenza del giudizio di un buon analista.
Insomma, c'è una bella differenza tra l'inserire i dati storici di bilancio in un modellino che ti restituisce uno scoring e la valutazione fatta da un analista che per fornire un rating studia il mercato dell'impresa, ne valuta il business plan e la capacità di sviluppare cash flow con la gestione futura.
Quasi d'accordo. Solo una precisazione per esperienza diretta: nessun elemento futuro entra nel rating delle imprese. tutti i dati raccolti ed analizzati derivano dal passato: studi di mercato, bussiness plan e capacità di sviluppare il cash flow sono punti che le banche non sanno (e non vogliono perchè costa troppo) analizzare.
RispondiEliminaUna ulteriore precisazione, l'utilizzo dell'ECAI è finalizzato alla stima del capitale regolamentare non all'analisi del merito creditizio dell'impresa. In base alle informazioni che ho raccolto, le banche che hanno intenzione di utilizzare l'ECAI, utilizzeranno un loro modello interno di scoring per la valutazione del merito creditizio, successivamente per la stima del capitale regolamentare utilizzeranno le ponderazione assegnate alle singole classi di rating ECAI.
RispondiEliminaOvviamente non c'è nessun divieto ad utilizzare l'ECAI nella valutazione del merito creditizio, tuttavia, per ora, sembra che le banche si muovano in questa direzione.
Stima del capitale regolamentare significa stimare anche il tasso da applicare al cliente.
RispondiEliminaStima del merito di credito significa solo determinare i poteri di delibera interni.
La prima stima è enormemente più importante della seconda.
Ho aggiunto un PS che rinvia alla pagina del sito Lince dove si illustra la metodologia di rating
RispondiEliminaHo letto la metodologia. E' un trattato di statistica che non aggiunge nulla di nuovo a quanto già sanno gli addetti ai lavori. Non parlano invece di quali fonti utilizzano, di quali ratios, di che pesi hanno etc. Mi piacerebbe sapere persino come fanno il qualitativo. E' trasparenza questa ?
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