Il Financial Stability Forum, presieduto dal nostro governatore Mario Draghi, si accinge dopo il G-20 di Londra a trasformarsi in un organo di vigilanza sui rischi sistemici dell'economia mondiale, cambiando nome in Financial Stability Board. Il FSF ha diffuso ieri vari documenti, tra cui una raccomandazione sulle politiche di remunerazione delle banche con rilievo sistemico. Cito dal commento del Sole 24 ore di oggi:
A parità di utili generati, deve ricevere di più chi assume meno rischi, dice l'Fsf, e i bonus devono procedere in linea con l'andamento generale dell'impresa: se la divisione a cui appartiene un addetto genera performance deboli o negative, le sue gratifiche devono calare, fino ad azzerarsi. Innanzitutto l'Fsf raccomanda che nelle imprese finanziarie venga creata una vera "governance" per la gestione di questo aspetto, che armonizzi le dinamiche delle remunerazioni con gli altri sistemi che puntano a mantenere l'equilibrio dei rischi. "Con il tempo questi principi devono radicarsi nella cultura di tutta l'organizzazione", afferma il rapporto, secondo quanto riporta un comunicato. I Consigli di amministrazione devono "vigilare attivamente" su questo aspetto con un ruolo di primo piano dello stesso amministratore delegato e dei manager. Ma deve essere "indipendente", avverte l'Fsf, il personale interno deputato al controllo dei rischi, e dotato della "appropriata autorità". Personale che va retribuito "in maniera indipendente dai settori aziendali su cui gli spetta vigilare, e per ammontare commisurato al ruolo che svolge nell'impresa". L'effettiva "indipendenza e l'appropriata autorità di questi addetti sono necessarie a preservare l'integrità dell'influenza della gestione dei rischi sugli incentivi". E servono "controlli", che con regolarità verifichino che retribuzioni, bonus e strumenti di rischio utilizzati risultino allineati con i propositi di gestione.Una proposta ragionevole: bonus calcolati non più sul P/L dell'anno, ma sui risultati medi pluriennali, e ruolo più forte del risk management. Un proposito difficile da attuare in maniera efficace. Gli strumenti che servono sono: i principi contabili, le misure di rischio, i modelli di vigilanza macro-prudenziale che rivelano i cicli di mercato. Ditemi voi se questi ferri del mestiere hanno dato buona prova nella crisi: i primi sono saltati sugli strumenti illiquidi, i secondi sono pericolosamente miopi, i terzi sono una buona intenzione del dopo crisi. Hanno tutti bisogno di essere ripensati e ricostruiti. Ma qui si pone un problema filosofico, per niente astratto: i cicli di mercato, e i connessi rischi e risultati, sono un fenomeno conoscibile? Sono un processo esterno, non completamente certo e governabile, ma che può comunque essere osservato, spiegato, modellato nella sua dinamica? O piuttosto dipende in misura preponderante dai comportamenti degli attori del sistema economico e finanziario, che sono condizionati dalle spiegazioni dei modelli? Su questo interrogativo propendo a pensarla come Nassim Taleb: le metriche finanziarie di cui disponiamo si basano su rappresentazioni meccaniche dei fenomeni economici e sociali, e sono incapaci di catturare i rischi estremi (i cigni neri); credere il contrario (o far finta di) induce a comportarsi in maniera pericolosissima. Se gli avidi banchieri sono riusciti ad arricchirsi con modelli di business prociclici con orizzonte di 1-2 anni, non mancheranno di rifarlo inventandosi nuovi modelli con orizzonte di 3-5, o 7-10 anni. L'orizzonte di valutazione giusto qual è? Difficile a dirsi, ma probabilmente non più corto di un'intera vita lavorativa in banca.
Quale alternativa, allora, alle ragionevoli proposte del FSF? Minimizzare gli incentivi legati ai risultati dati a chi gestisce, in varia guisa, soldi di altri. Uno è liberissimo di autoincentivarsi prendendosi il 100% degli utili prodotti con i soldi suoi.
Non è la posizione di Wall Street, e l'ho messa in termini brutali, ma merita di essere approfondita. Non si tratta di soffocare l'innovazione finanziaria, ma di concepire un'innovazione finanziaria diversa. E l'Italia è il paese del G-8 che ci può guadagnare di più.
Luca
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