sabato 6 febbraio 2010

Marcegaglia: per aiutare le Pmi "tavoli dell'attenzione" con le banche in ogni città



Dal Sole 24 ore:
Un «tavolo dell'attenzione» in ogni città tra imprese e banche per aiutare le aziende ancora in difficoltà per la crisi. È la proposta della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, lanciata in occasione del convegno "Crescere insieme alle imprese, soluzioni per il sostegno delle Pmi sul territorio", organizzato da Confindustria, Uir, Piccola industria di Confindustria e Intesa SanPaolo. I tavoli tra associazioni imprenditoriali e banche «saranno operativi tra un mese presso le nostre associazioni territoriali», ha spiegato la numero uno di viale dell'Astronomia, con il compito di «aiutare le nostre aziende a preparare business plan» lavorando per «migliorare la propria situazione avendo a fianco le banche che poi decideranno quali sono le aziende meritevoli di credito».
Emma Marcegaglia ha anche ricordato che «abbiamo davanti mesi difficili: il combinato disposto di Basilea2, l'annuncio di Basilea3 e bilanci aziendali 2009 peggiori dei precedenti rischia di far partire una profonda restrizione del credito e rischia di uccidere le imprese. Dobbiamo aiutare le imprese che hanno ancora la capacità di stare sul mercato, idee buone, business plan, ma sono in difficoltà». La leader degli industriali ha anche sottolineato che non si vogliono «salvare le aziende decotte, ma le imprese in difficoltà».
L'idea è stata accolta dal ceo di Intesa SanPaolo. «Dico sì ai tavoli dell'attenzione - ha detto il ceo, Corrado Passera - per evitare i tavoli della tensione»[...]
Sul Fondo di garanzia, la leader degli industriali ha sottolineato che «ha dato maggiore attenzione alle Pmi: lo stanziamento c'é, utilizziamolo bene. Oggi le imprese ci chiedono Confidi più capitalizzati». Il Paese dovrà però evitare «di uscire dalla crisi come ci siamo entrati: l'Italia é stata infatti colpita dalla crisi quando già era in crisi, ma ha tenuto il sistema delle imprese e anche dal punto di vista della coesione sociale. Le aziende, anche in presenza di diminuzioni del fatturato del 20-30% hanno ottenuto i finanziamenti, perché il sistema bancario era più sano. Però questo non basta, non ci possiamo accontentare: noi abbiamo subito una riduzione del 10% di Pil in 10 anni». Un numero pazzesco, ha detto la leader degli industriali: «si tratta di 700 miliardi di euro di mancata ricchezza, é un'enormità. Dobbiamo avere il coraggio di ritrovare la capacità di crescere».
Sono in totale sintonia con la proposta della Presidente degli industriali italiani. Chi siederà al "tavolo"?

Luca

7 commenti:

  1. A ridaje coi tavoli! ormai Confindustria sembra più una associazione di falegnami che di industriali in genere. Tanto più che la sig. Emma si occupa di ferramenta e di turismo (la bellissima isola di Albarella è sua) e secondo me i tavoli non le vengono bene. Con i tavoli già qualche tempo fa a viale dell'Astronomia s'era fatta una brutta figura (vedi questo articolo: http://www.wired.it/magazine/archivio/2009/06/login/l-editoriale-di-riccardo-luna.aspx ).
    Comunque, l'idea di lavorare su business plan e buone idee imprenditoriali è del tutto corretta. Il fatto è che le banche faticano ad intervenire con queste modalità. Una volta c'erano gli Istituti di Credito Speciale che (con pregi e difetti) avevano le capacità e le professionalità di decidere su investimenti a medio/lungo termine. Poi abbiamo buttato via il bambino (gli ICS) con l'acqua sporca (...la foresta pietrificata) e siamo tornati alla ottocentesca banca universale perdendo tutte le competenze e la parte di business che questi istituti ben presidiavano. Il private equity latita sulle piccole e lavora solo per le medie-grosse aziende. Che fare? Tavoli???? Qui abbiamo spesso parlato del ruolo dei confidi ed è giusto così quindi chiedo scusa per l'OT. Bisogna però rendersi conto che le banche (universali) in realtà non si sono occupate della parte di business lasciata scoperta dagli ICS. E ora ce ne sarebbe tanto bisogno. Invece di fare una banca per il Sud il governo dovrebbe preoccuparsi di incentivare il credito a medio lungo periodo e ragionare sulla legislazione bancaria per ricostituire un sistema di banche speciali che abbiano come mission il credito a medio-lungo termine e quindi valutino un'azienda dal business plan e non solo su basi statistiche. Un algoritmo guarda alla correlazione tra le variabili e non alle relazioni di causalità. E ogni studente universitario che ha fatto statistica base sa che la correlazione è un sintomo di sospetta causalità, tutta da dimostrare, ma non è la causalità. Gli algoritmi, alla base dei rating, non possono capire perché una società è illiquida. Possono solo segnalarlo. Un analista che si studi un business plan può entrare nel merito della storia e delle prospettive di un'azienda, ma questo adesso non viene fatto dalle banche. Si inseriscono i dati, si ottiene il rating e di conseguenza si fa il prezzo. Se il rating è scarso o non si eroga o il prezzo è alto o si cerca un confidi.
    Visto che abbiamo ancora almeno altri due anni di crisi profonda e che forse il peggio (nonostante le statistiche dipinte di rosa degli ultimi tempi) deve probabilmente ancora venire (qualche default statale non è così improbabile, è che non ci vogliamo proprio pensare .... Cigno Nero?....) credo che i tavoli servano a ben poco. Forse servono solo a metterci delle sedie attorno per far sedere qualcuno......

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  2. Gigi, complimenti per il post vigoroso. Qui si parla molto di confidi, ma nella prospettiva del sistema di finanziamento delle imprese, quindi siano benvenute le tue riletture della dismissione degli istituti speciali e dell'avvento della banca universale.
    Quanto alla proposta della Marcegaglia, l'ho apprezzata perché dice che c'è bisogno di qualcosa che oggi non c'è, e che le aziende non sanno procurarsi da sole, né le banche riescono ad offrire. Tornerò sul punto in un nuovo post.

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  3. Complimenti a tutti.
    La risposta: Business Office integrato in un confidi!

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  4. Caro Gigi la tua prima affermazione e' semplicemte splendida. La politica, sia a livello nazionale che regionale, anzichè affrontare tecnicamente i problemi in questo periodo li sta moltiplicando: basti pensare al grave disagio che stanno subendo le imprese della regione Lazio (e in parte della Toscana)che non possono usufruire dei benefici diretti del Fondo Centrale di Garanzia. La Regiona Lazio dorme, i politici locali e nazionali dormono, Unionfidi Lazio e BIL dormono (anzi sono morte), e intanto le garanzie dei Confidi operanti nel Lazio, non elegibili, si pagano minimo il 4% quando dice bene. Ma di cosa vuol parlare la Marcegaglia, di cosa si vuole occupare l'ABI che nelle banche italiane i gestori small business non sanno neanche la differenza tra un bilancio e una bilancia (tanto le banche si giusticano sempre cosi: esiste una PEF che è completamente automatica e non serve capire). Banche nazionali e Confidi 107 sempre meno legati al territorio (per ragioni tecniche che non sto qui a spiegare)e ai problemi reali del 99% delle imprese italiane....ma di cosa vuol parlare la Marcegaglia che proprio principali Confidi di matrice industriale sono dei veri e propri produttori in serie di Garanzie, fabbriche cinesi di garanzie senza neanche minimamente conoscere le imprese e le loro problematiche,....ma lacolpa di tutto questo per me ha un solo nome: BASILEA 2.

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  5. Basilea 2 non è l'unico colpevole e neanche quello con la responsabilità maggiore. Il discorso si farebbe abbastanza complesso e lungo ma cerco di riassumere velocemente il mio pensiero in alcuni punti (comunque parziali e non esaustivi). Per quanto riguarda le le banche queste hanno delegato (e relegato) la valutazione del rischio a tecniche statistiche che fondano la loro esistenza su teorie economiche abbastanza discutibili (e questo è un punto da approfondire).
    In realtà molto del rischio non è percepibile con il semplice esprit géométrique (che comunque resta, nella fattispecie, discutibile) ma serve l'esprit de finesse. Né vale il discorso "abbiamo solo quello" perché sono secoli che si fa banca, anche senza Basilea 2. Che fare? A mio avviso bisogna utilizzare Basilea 2 e gli strumenti statistici consapevoli dei limiti (teorici ed applicativi) che hanno ed integrarli con una conoscenza approfondita dei soggetti valutati. Su questo le banche devono spendere e conoscere sempre meglio la controparte da affidare.
    Per quanto riguarda le imprese, molte sarebbero le cose da dire, ma per rimanere nello specifico ritengo che il Business Office sia un'ottima idea (chiunque lo faccia, associazioni, professionisti, confidi, etc.). Il problema è che nelle aziende (le piccole, soprattutto) manca la domanda ovvero la consapevolezza di aver bisogno della consulenza. Dargliela gratis, magari forzatamente, significa non far percepire il valore di quello che si dà.
    Vale ancora il socratico sapere di non sapere: beh, molte imprese non sanno neanche questo. Come farglielo capire?

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  6. Roberto: cosa ti ha fatto Basilea? Nel trattato (internazionale !, valido pure per i Giapponesi) c'è solo scritto che le banche per erogare 100 possono usare per 92 i soldi dei depositanti e per 8 il capitale degli azionisti. E' fatto a protezione dei depositanti, poiché se essi scappano esplode l'economia. Nell'ottobre del 2008 ci siamo andati vicini. E poi, si può abolire l'obbligo dell'assicurazione resp. civile auto ma non si possono abolire gli incidenti automobilistici.

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