Nic&Gabri mi segnalano un articolo-provocazione di Giancarlo Perasso su lavoce.info. Ecco il succo della proposta:
Nell’Nba, esiste il “salary cap”, cioè un monte salari fisso per ogni squadra (i premi sono liberi). Se la squadra di Los Angeles, ad esempio, volesse ingaggiare un campione che porterebbe il monte ingaggi al di sopra del tetto fissato, dovrebbe versare alla Nba stessa il corrispondente dell’ammontare per cui ha superato il monte salari. Per fare un esempio: se il monte salari è 100 dollari e cresce a 110 con l’arrivo del nuovo giocatore, la squadra dovrà versare 10 dollari all’Nba.Chi sfora la leva massima si ritrova con un costo incrementale della raccolta pari al tasso pagato più il 100% di "leverage tax". O forse l'autore intendeva (come nel caso NBA) una tassa applicata alla remunerazione (non all'importo) del debito eccessivo. Altro che indeduciblità parziale degli interessi! Al confronto il leverage ratio sull'attivo non ponderato che si ventila a Basilea (vedi documento del dicembre 2009) è la carezza di una piuma. Apprezziamo la forza del messaggio.
Si potrebbe applicare lo stesso principio al rapporto tra debiti e asset delle banche: fino a un certo multiplo fissato per legge (Dieci volte? Meno? Di più? Spetta ai governanti decidere quanto) il leverage è libero dalla “leverage tax”, oltre quella soglia, per ogni dollaro di leverage bisognerà versare un dollaro all’erario. Volendo si potrebbe anche valutare se incrementare la “leverage tax” oltre una certa soglia. Ad esempio, non più un dollaro per un dollaro ma due dollari di tassa per ogni dollaro di leverage oltre un certo ammontare.
Luca
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