Oggi il Sole 24 ore riporta un intervento di Vincenzo Boccia, presidente della "Piccola" di Confindustria. Si legge bene e riprende vari spunti interessanti sul contributo delle imprese all'economia morale (da un articolo di Giulio Sapelli). Alla fine propone una serie di eventi per celebrare le piccole imprese, da organizzare ogni anno in novembre. Benissimo, ma bisogna prima prendere iniziative che diano risultati concreti. Così abbiamo più cose (nuove) da festeggiare.
Luca
Dicono che Adam Smith andasse più fiero della Teoria dei Sentimenti Morali piuttosto che della Ricchezza delle Nazioni. A me fa strano che servano plurimi suicidi per dare una dimensione "morale" all'economia e alla gestione delle aziende, qui sembrano tutti svegliarsi ora!
RispondiEliminaMeglio tardi che mai! Ma se qualcuno si fosse letto Sen, o Yunus (il quale a mio avviso ha ricevuto a torto il nobel per la pace, meritava quello per l'economia!!!), o rileggesse Smith stesso (magari non solo la Ricchezza...) e molti altri economisti (a me piace Sylos Labini, tra gli italiani) forse darebbe un inquadramento diverso a tutte le teorie (a volte teosofie) economiche degli ultimi cinquant'anni, a cominciare da quelle fortemente formalizzate (penso alla estrema matematizzazione dell'economia, da Samuelson in giù, che ha permesso l'elaborazione di modelli sofisticati ma spesso irreali, con l'uscita di scena della realtà fattuale e dell'analisi morale della pratica economica).
Ha ragione Boccia, il pil e il profitto sono mezzi, non fini. Non è così nelle teorie economiche che ci permettono di calcolare equilibri di mercato, valori di opzioni ed altri derivati. Non è così nella costruzione dei mercati finanziari, nel comportamento degli operatori in borsa, nella creazione degli incentivi ai manager.
Ha ragione Boccia, ma forse abbiamo adattato la realtà a quello che pensavamo fosse vero perché qualche economista defunto l'aveva scritto su di un manuale in bella matematica.
@Gigi, dal punto di vista teorico hai ragione, ne condivido anche i contenuti. Ma in pratica, in ambito microeconomico, il Profitto è il fine. Peraltro credo che a livello pratico non potrbbe essere diversamente. Le imprese meglio gestite sono tutte guidate al profitto, le innovazioni sono anch'esse guidate dal profitto, etc.
RispondiEliminaNon dico che dobbiamo andarne fieri, ma è la realtà.
@ Tom: o è vero quello che dici tu o è vero quello che dice Boccia.
RispondiEliminaIo non ho verità. Traggo solo conseguenze dalle verità degli altri....
A novembre, per carità, "Ognuno ll'adda fà chesta crianza; ognuno adda tené chistu penziero", basta che non diventi la solita liturgia lontana dal reale.
RispondiEliminaPerciò "stamme a ssenti...nun fa''o restivo": come dice il prof, "prendere iniziative" per "risultati concreti".
@ Tom (fuor di polemica)
RispondiElimina"....Le imprese meglio gestite sono tutte guidate al profitto, le innovazioni sono anch'esse guidate dal profitto, etc...."
Questi sono assiomi? Verità rivelate? O c'è dietro una qualche dimostrazione definitiva? Boccia (che è un imprenditore, ovvero l'agente razionale = homo economicus!), non è razionale? O le curve neoclassiche sono da rivedere?
A me sembra che l'economia moderna mainstream, sia un po' come l'astronomia pre-copernicana. Serve un metodo nuovo, ci vogliono i Keplero, i Galileo per capire che la terra gira intorno al sole e non il sole intorno alla terra. Ovviamente non è tutto da buttare, ci teniamo gli Elementi di Euclide, tutti i teoremi dimostrati e tanta altra buona scienza che ci serve per capire l'economia.
Ma attenzione a non confondere il movimento apparente del sole con il movimento reale. Con funzioni ottimizzanti, agenti razionali, informazione perfetta, e una Brigitte Bardot a vent'anni d'età che m'aspettava a casa, (qui sì che le curve sono provate!! a prova di razionalità neoclassica) col cavolo che usciva una crisi di questa portata...(e comunque ci sarebbe stato di che consolarsi....)
@Gigi, permettimi di domandarti; cosa spinge un'azienda ad innovare? Quale era il fine ultimo delle innvozioni introdotte negli ultimi 200 anni? Perchè le aziende spendono denaro in ricerca?
RispondiElimina"Quindi sia il PIL che il profitto diventano strumenti e non fini"
RispondiEliminaUna frase veramente infelice! Forse sarebbe stato meglio dire "necessari ma non sufficenti"
Il crollo del blocco sovietico e l'enorme ricchezza espressa da Cuba dopo quarant'anni di illuminato governo, qualcosa dovrebbero aver insegnato.
Un mio vecchio professore mi ricordava sempre che il problema politico non è la creazione del profitto, ma la sua distribuzione. Se non creiamo profitto non c'è nulla da distribuire. Tutti poveri.
Gigi, i teorici dell'equilibrio stocastico dinamico di cui parli preferiscono una AAA fasulla (i CDO li hanno inventati loro) a una BB genuina ...
RispondiElimina@Tom: le tue domande sono di fondamentale importanza e tentativi di risposta più o meno riusciti ricorrono spesso sia nella letteratura economica che nella letteratura manageriale, ma sicuramente non trovano risposta univoca nella motivazione del reddito;
RispondiElimina@Oracolo: sono d'accordo con la definizione di condizione necessaria ma non sufficiente; non sono d'accordo con il tuo vecchio professore: produzione e distribuzione del reddito sono problemi correlati che vanno trattati insieme e sono sia politici (la politica determina le regole del gioco) che economici (il gioco stesso, gli attori del gioco, le strategie...). Non solo, politica ed economia sono in una continua co-evoluzione.
Unione Sovietica e Cuba sono buoni esempi di come un certo sistema politico non potesse durare a lungo, ma la Cina è ancora lì e mi pare che si chiami ancora Repubblica Popolare Cinese e i nostri imprenditori ne sentono la presenza.
Insomma il mondo non è una cosa semplice, e la razionalità assoluta, l'informazione perfetta, etc. fanno parte dell'iperuranio economico dei neoclassici.
Bisogna andare oltre, anche se questo non fa parte degli argomenti di questo blog e mi scuso in anticipo per il lungo off topic.