Il collega Paolo Parini, dell'Università di Genova, mi ha inviato il suo contributo ad una ricerca promossa dalla Camera di commercio di Genova, di cui è coordinatore. L'intero rapporto ha per titolo Il nuovo ruolo di confidi nel finanziamento delle piccole imprese tra mito e realtà, ed è stato pubblicato da Eidon Edizioni, Genova, 2009. Potete scaricare qui il capitolo di Parini, Confidi – intermediari finanziari e confidi locali – centro di relazioni.
La tesi dell'autore è che i confidi locali, caratterizzati come centro di relazioni con imprese associate, banche, enti territoriali, rimangono un modello robusto e competitivo rispetto ai confidi di grandi dimensioni con vocazione espansiva (che nel titolo del post indico come egemonici). Per un confidi locale, al di sopra di una scala adeguata, il passaggio a 107 non è quel macigno che molti paventano, secondo Parini. Leggete i dati e le argomentazioni, molto analitiche, del collega e poi magari lasciate un commento con le vostre opinioni.
Luca
Molto generale e direi che non contine niente di nuovo.
RispondiEliminaIn alcuni punti parla di 106 residui che possono continuare ad assolvere al loro ruolo.
Ma non dice come.
Chiudiamoli questi 106 ormai sono inservibili.
Poi dove sono le argomentazioni molto analitiche Luca ?
Queste cose tu le hai dette già da dal 2006.
Ma quanto è costato questo studio replay ?
Nel lavoro di Parini c'è un corredo di indici di bilancio, in particolare di incidenza dei costi, che suffragano la tesi dell'autore, ovvero che il modello del 107 locale è sostenibile. Evidenze non definitive, ma interessanti.
RispondiEliminaSul fatto che c'è ormai un consenso tra chi scrive di confidi e quindi molte tesi ricorrono in vari lavori sono d'accordo. Per questo è nato il gruppo Smefin, per proporre cose da fare.
Comunque anche Parini ha un'ottima conoscenza del settore confidi visto dalla prima linea.
Io la penso come Roger.
RispondiEliminaSon 62 pagine! Che bravi i partecipanti del blog che sono riusciti a leggerle, forse non hanno molto altro da fare.....
RispondiEliminaLe ho scorse velocemente e non posso avere un'opinione (ma un pregiudizio sì, anche se è meglio che lo tenga per me).
Nota, che vale per tutti quelli che scrivono:
ad occhio e croce tra un terzo ed un quarto dello scritto è in nota. A mio avviso o le cose sono rilevanti e si mettono nel testo (citando la fonte e ci sta la nota) o sono irrilevanti e la nota dimostra solo pedanteria e/o insicurezza in quello che si sostiene, o volontà di allungare il brodo.
Cari professori impariamo anche a scrivere per essere letti e non solo per avere molte pubblicazioni all'attivo!!!!
Utile, rispetto all'annotazione di Luca, questo passaggio sulla vicenda di Banca di Garanzia "gli strumenti di pianificazione non devono avere funzionato nel modo migliore, tanto che l'incidenza dei costi di gestione ed il peggioramento della qualità del portafoglio hanno provocato forti perdite nel conto
RispondiEliminaeconomico del 2007 ed in quello del 2008, con conseguente commissariamento da parte dell'Autorità di Vigilanza all'inizio del 2009 a fronte di carenze di consistenza patrimoniale.
Il caso aziendale meriterebbe un significativo approfondimento, per capire fino a che punto abbiano inciso gli errori di implementazione di una strategia di crescita molto rapida, ovvero in che misura fosse sbagliata la strategia
stessa, in termini di rapporto tra valore creato e maggiori costi"
Gigi per leggere un documento nel 2010 non c'è bisogno di essere in C.i.g !
Luca altrimenti sarebbe un disoccupato cronico !
Gigi, Roger, sar' che torno da un interessante convegno alla Sapienza di 6 ore di cui relazioner' domani, ma faccio fatica a seguire i vs ragionamenti.
RispondiEliminaLasciaci perdere !
RispondiEliminaBuona relazione.
Roger ha ragione: lasciaci perdere. Buona relazione: sono molto interessato alle cose del convegno di oggi. E credo di non essere l'unico.
RispondiEliminaNo, non perdetevi ...
RispondiEliminaA pag. 66 del doc.to in questione si legge:
RispondiElimina"Alcuni confidi rilevano correttamente
le perdite attese non appena sorgono situazioni di incaglio o sofferenza,
effettuando accantonamenti ad un apposito fondo rischi a carico del
conto economico, mentre altri attendono l'addebito da parte della banca garantita,
rinviando così anche di qualche anno l'emersione della perdita;"
Mi sembra che si confondano le perdite attese con le perdite incorse. Il punto è delicato e merita un chiarimento. Gli IAS parlano di perdite incorse (verficatesi) mentre Basilea di attese (future). La discrasia è stata rilevata dal FSB e sarà normativamente sanata. Essa è suscettibile di alterare la verità (rischiosità vera) di un bilancio. Es. un Confidi riceve un deposito di 10 a copertura del rischio di una esposizione pluriennale, Cassa/Ricavi.
Quel deposito copre il costo una perdita inattesa di 4 ed una perdita attesa di 6. Allora i 6 di perdita attesa vanno accantonati Acc.to al fondo perdite su Crediti/Fondo perdite su crediti. Quest'ultimo scompare in contropartita dei crediti con l'impairment test. I 4 a copertura dell'inattesa affluiscono a Patrimonio ma allorché la perdita si verifica, se è superiore all'attesa accantonata, allora occorre prelevare la differenza dal Patrimonio e portarla a Perdite. Quindi è solo per la differenza Perdita vera o incorsa - Perdita accantonata o attesa che conta il momento della rilevazione. Inutile dire cosa fanno invece molti Confidi: portano a Patrimonio pure la quota attesa ed aspettano che la perdita diventi incorsa per fare il movimento opposto. E con ciò danno una ingiusta immagine di solidità. Occhio però: BdItalia vigila e punisce.
Per me si continua a fare il giro intorno ad un palo. Indipendentemente da PD, accantonamenti, pricing, etc. etc. del documento di Parini va presa la coscienza, mettendo fine all'ipocrisia generale, che i confidi sono, soprattutto, centri di potere locale (come dice lui finanziario e commerciale) di cui le banche non vogliono/possono fare a meno. Il loro ruolo di garanti (vigilati o no) ha fatto comodo adesso, ma non era questo l'atteggiamento iniziale. Va bene la buona gestione, sacrosanta e imprescindibile, ma non ci dimentichiamo cosa sono i confidi, e cosa sarebbe dell'economia locale se questi non ci fossero. E le banche lo sanno benissimo. La lettura dei tassi medi pubblicati da Banca d'Italia è molto istruttiva. Se posso fare il sapientino, io credo che, nell'ottica bancaria, i confidi siano visti soprattutto come veicolatori di fondi pubblici senza che si faccia ricorso alla P.A., con tutte le implicazioni che questo comporterebbe. Sappiamo tutti che in Italia ci sono confidi che non si sa bene come facciano a stare in piedi e che, se fossero società vere e proprie, avrebbero già portato i libri in tribunale. Ma per chiudere un confidi che rappresenta una qualsiasi categoria, ovvero voti elettorali e consenso in senso generale, ci vuole una situazione al limite del penale. Attrezziamoci ad essere affidabili ed efficienti per ricevere e gestire fon di esterni, perchè senza di quelli, il conto economico scoppia (ovvietà finale). Pricing sì, naturalmente, ma io credo che conti di più l'efficienza sia come controllo che come sviluppo del conto economico.
RispondiEliminaciao Luca e saluti a tutti,
RispondiEliminaho letto il documento del prof. Parini, e al di là delle stime sui costi e la comparazione patrimoniale ed economica fra grandi confidi vs. medi confidi, è interessante l'aspetto definitorio delle strutture mutualistiche, ossia:
- confidi operatori finanziari;
- confidi centri di relazione.
Il documento ad ogni modo è ben fatto e attendibile nelle cose che scrive, sicuramente per i confidi di relazione che conosco bene.
Inoltre, evidenzia il falso mito grande e mercatista = solido.
Difficile dare un giudizio sullo scritto del Parini (Paolo), perchè, ha ragione Roger, non vi è nulla di nuovo.
RispondiEliminaAnzi, anche alcune proposizioni che idealmente si possono condividere, non sono poi suffragate da stringenti argomentazioni logiche o supportate da evidenti dati, così da restare mere citazioni (magari poi utili per delle note di qualche scritto successivo...)
Cosa che da un paper (di fonte universitaria) è invece lecito attendersi.
Piuttosto, visto che il dibattito sul post relativo alle dichiarazioni di Giotti al Convegno de La Sapienza si va inerpicando sui temi pratici e tecnici del pricing e dunque della sussitenza del confidi, ripropongo, ancora, un case study su un confidi, non per dare giudizi, ma per una in-depth investigation, per capire se il linguaggio che parliamo è corretto e se quello che ascoltiamo, anche quello dei relatori, banche e confidi, è "preciso".
In sostanza si tratta di un lavoro analogo a quello che, meritoriamente, gli Avv. Iuvenale stanno svolgendo, per la prima volta in assoluto, sulle Convenzioni, ovvero inquadrare giuridicamente i testi, verificarne la portata dal pdv normativo e testarne la rispondenza o meno anche a Basilea.
Intuisco le remore dei confidi (e ...delle banche), ma ormai mi sembra che di questi tempi diventi sempre più rilevante cercare di fare un salto di qualità rispetto allo stato della ricerca attuale.
concordo con jaures. I confidi NON sono una realtà che possa essere misurata con i parametri degli attori finanziari 'classici'. Pensarsi soltanto 'Grande e orientato al mercato' per me è un grosso sbaglio. E' importante invece l'approccio del miglioramento giuridico delle convenzioni, che sono il vero nocciolo del business dei confidi. Ma qui entrano in campo i fattori variabili: regionalità, situazione locale, comportamenti delle banche sul territorio, quali banche rientrano nell'ottica di un approccio mutualistico che i confidi devono comunque mantenere. Certo che comunque una base giuridica condivisa e solida non può che essere di giovamento a tutto il settore. La chiave di volta può essere sicuramente quello di diventare 'corpus agendi' omogeneo. Andare avanti alla spera in dio, o scopiazzando modelli che ci sembrano di successo può essere molto pericoloso. Soprattutto dal punto di vista della forza propositiva che un gruppo eterogeneo non può che ridurre in polvere. Ricordate Cesare: divide et impera. Ave!
RispondiElimina@falacci: mi può anche andare la tua affermazione su che cosa NON possono essere misurati i confidi. Ci dovresti dire su cosa e come devono essere misurati in luogo dei parametri usati per gli attori classici. Mi piacerebbe che ci fossero delle grandezze misurabili, però, e i confidi DEVONO essere misurati perché consumano risorse pubbliche (ovvero le tasse dei cittadini). Io, che sono ignorante e non conosco i confidi uso probabilmente degli strumenti sbagliati, degli indici di bilancio che vanno bene per le banche, le imprese industriali ma non i confidi. Tu, jaures e Parini, insegnatemi quali sono i parametri sui quali misurare i confidi: è un vostro dovere; tuo e di jaures come operatori dentro i confidi e quindi conoscitori della realtà, Parini come operatore e prof. universitario.
RispondiEliminaSe ci lasciate nell'ignoranza non potete lamentarvi di chi cerca la verità seguendo altre strade.
Mi associo alla richiesta di Gigi. Orsu' dr. Falacci, ci dica, ci insegni, siamo tutt'orecchi.
RispondiEliminaAnch'io voglio sapere come misurare i Confidi!!!
RispondiEliminaOsteria numero nove!
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