Intercredit, confidi intersettoriale di Teramo, ha ottenuto l'iscrizione all'elenco speciale ex art. 107. Cito dal comunicato:
“Questo risultato” dichiara il dott. Gianfranco Mancini, presidente di INTERCREDIT “è il coronamento di oltre due anni di preparazione. Il riconoscimento conseguito ci pone, infatti, come uno strumento di sostegno ancor più efficace per il credito alle imprese alle quali andrà comunque il maggior vantaggio, sia in termini di accesso al credito che di minori costi. Con il nuovo status, inoltre, INTERCREDIT si candida anche come polo di aggregazione per tutti i Confidi minori ai quali potrà offrire sia Controgaranzie che possibilità di aggregazione e di collaborazione”.Me ne ha dato notizia Manuela, che cura la comunicazione del gruppo Consorform, di cui fa parte Intercredit, e nella vita è anche signora Iuvinale (Gabriele). Con l'occasione ho scoperto che il portalino non censiva ancora questo confidi. Ho rimediato: è il numero 40 nell'elenco degli autorizzati.
Nato dalla fusione di tre confidi storici (Cooperativa Artigiana di Garanzia “Tini Renato”, operante dal 1959, CooperCommercio, fondata nel 1985 e Credito & Cooperazione, fondata nel 1987, ai quali si è aggiunto a fine novembre il Confidi di Confindustria Teramo), INTERCREDIT, Confidi intersettoriale per imprese e lavoro autonomo, trae origine dal mondo cooperativo e la propria struttura statutaria e regolamentare è ispirata ai principi della mutualità e del non profit.
Con le sue 12mila imprese socie, Intercredit, che costituisce una nelle principali realtà nel settore garanzia fidi nel centro Italia essendo presente nelle Marche, nel Molise e nel Lazio oltre che in Abruzzo, può contare su numeri importanti: un volume di attività finanziaria di circa 110 milioni di Euro, un patrimonio di 26 milioni di Euro, un capitale sociale di 25 milioni di Euro, oltre 12mila imprese associate, finanziamenti garantiti per circa 100 milioni di euro l’anno.
Auguri di buon lavoro agli organi di governo e a tutto lo staff.
Luca
Auguri al Presidente Gianni Mancini e a tutti i suoi collaboratori.
RispondiEliminaQui invece trovate notizie meno incoraggianti .....
RispondiEliminahttp://www.lospiffero.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1248:unionfidi-rischio-chiusura&catid=3:prima-pagina&Itemid=7
Sara' vero? Se si....
Unionfidi Piemonte è in difficoltà? Ma come, a pag. 45 della ricerca Torino Finanza-Escp Europe aveva un Tier2 del 10,3% molto superiore al limite del 6% !? Come può essere ?! Forse c'è un errore da qualche parte, forse il PV dei Confidi italiani e piemontesi è, nella ricerca, calcolato male ?
RispondiEliminaSe teniamo conto delle sofferenze che i confidi stanno accumulando è difficile che UFP sia solitario nelle sue difficoltà. Secondo me ce ne sono degli altri in estrema difficoltà (e mi riferisco ad altri 107). Sarà interessante leggere i bilanci del 2010 soprattutto se i calcoli saranno giusti ed evitando di passare da cure cosmetiche troppo pesanti (ovvero se sara veramente applicato il principio di prudenza).
RispondiEliminaGigi hai a mio avviso perfettamente ragione. Chi segue il blog potrà ricordarsi dai miei post, che sostengono la stessa cosa da molto tempo, in particolare riferendomi a quei Confidi che, non per scelta ma per "caso" (Confidi emanazione di Associazioni di imprese non micro), hanno sempre operato con rischi poco frazionati.
RispondiEliminaServe però uno sforzo: trovare le soluzioni e non attendere i funerali, visto che prima di una crisi economica mai vista, tale problema non esisteva o era marginale. Cosa sta emergendo: in altri Stati le Banche sono state salvate; in Italia non c'è stata la necessità che però si avvisa forse per non pochi e insignificanti Confidi, se si crede che post crisi il modello, pur con il necessario efficientamento, sia di sostegno all'economia.
La porta girevole si sta mettendo in moto ! E' facile entrare nei 107 e facile è uscire. Come in una porta girevole!
RispondiElimina@ sapio: beh per il caso di specie non c'è nemmeno l'entrata....
RispondiElimina@fabio: e' vero che serve uno sforzo... ma prima di tutto va abbandonato l'atteggiamento del "ci devono salvare a tutti i costi" socializzando le perdite... perchè "così fan tutti" (ovvero han fatto per tutti...). Occorre una analisi del modello del confidi e della garanzia efficiente, sottolineo efficiente: i primi a dover dare un contributo su questo sono i confidi... e le seconde le banche.... Dove sono? Invece... altro che "nessun dorma...."
Inutile parlare di salvare qualcuno se non si ha in mente questo obiettivo.
Poi sta in particolare ai confidi (e ai loro consulenti) capire che i sacrifici di oggi servono per l'efficienza (e in certi casi sussistenza) di domani.
In questi casi bisogna rispolverare i manuali di economia e distinguere tra beni pubblici e beni privati, tra interessi pubblici, e interessi privati. Bisogna che la politica prenda in mano la situazione erogando contributi che devono sostenere il mondo delle imprese legando questi contributi ai beni pubblici che le imprese gestiscono (produttività, occupazione vera legata alla produttività, innovazione, etc.) con logiche di efficienza e di efficacia (e qui il mercato è l'unico mezzo possibile). I confidi e le imprese non competitive, non innovative, non produttive che chiudano pure. Tutelarle significa mantenere privilegi, prebende e inutili sederi su inutili sedie. Se vogliamo avere un'economia che funziona serve il merito: è l'unico criterio che conta, perché tutti possono averlo, è un criterio di una società di uguali. Tutto il resto è sussistenza. Il welfare state serve, ma non agli imprenditori incapaci o ai manager de noantri, ma alle persone veramente in difficoltà (poveri, disoccupati, emarginati, etc.). Se vogliamo che lo stato abbia i soldi per tutelare i più deboli dobbiamo spendere bene quelli dati al mondo delle imprese. Facciamoci questo regalo per Natale: sosteniamo i meritevoli e i bisognosi e lasciamo andare le zavorre inutili.
RispondiEliminaGigi, condivido quanto sostieni. Quando però si viene colpiti da un terremoto di violenza inaudita, difficile capire se i crolli abbiano interessato solo edifici inadeguati, o anche edifici costruiti su fondamenta solide, ben progettati, ben manutenuti, ecc. Ho in vari interventi sostenuto che il cambiamento del contesto economico in particolare dall'inizio degli anni 2000 ha forse preso impreparati molti Confidi, fermi a valutare la solvibilità prospettica delle imprese con parametri validi in contesti di crescita, minore competitività e selettività. Mentre taluni di tali Confidi hanno, magari in ritardo, metabolizzato che il mondo era cambiato e quindi impostato il cambiamento, si è abbattuto il finimondo. Se il modello di tali Confidi è valido e può essere utile, oggi e domani, forse vale la pena investire risorse pubbliche, diversamente no. Certo non è facile la valutazione. A mio avviso va fatto però uno sforzo.
RispondiEliminaRipeto una cosa che ho letto da qualche parte qui sul Blog : In un mondo in cui la banca valuta, ed il Confidi rivaluta, i costi raddoppiano. E allora?
RispondiEliminaE' sicuramente difficile ma la valutazione va fatta per almeno due motivi:
RispondiElimina- le risorse non ci sono per tutti e serve una selezione basata sul merito;
- accettare la logica del "volemose bene" e salvare malamente tutti favorisce la cultura dell'irresponsabilità e l'irresponsabilità è il primo male dell'Italia (è il lato B della casta, "facciamoci gli affari nostri e di tutto il resto chissenefrega")
Claudio C: la Banca valuta sempre più con metodi strutturati. I Confidi (non tutti), cercano di implementare metodi strutturati mantenendo però una valutazione destrutturata (valutazione specifica e non solo rating/scoring che sono di ausilio ma non la decisione finale). Possono coesistere.
RispondiEliminaFabio : stai esaltando la nasometria applicata al merito di credito. Non era superata, anche visto i risultati.
RispondiEliminaClaudio C: non mi risulta che si possa considerare superata. Le agenzie internazionali di rating (pur con taluni errori e criticità che la crisi ha evidenziato), valutano banche, imprese e Stati con metodologia destrutturata.
RispondiEliminaMa allora se la destrutturata è superiore perché non viene obbligatoriamente applicata alle imprese. Le banche che la adottano sono masochiste? La BRI (cioè Basilea) che la regola (norma) si sbaglia?
RispondiEliminaValutare un quantitativo smisurato di imprese con metodologia destrutturata costa, necessita di uomini valutatori (anche con conoscenza specifica settoriale) ed è quello che i Confidi, facendosi pagare, potrebbero fare per le PMI e le micro imprese, valorizzando quanto internamente possono valorizzare. Le banche lo fanno con i grandi affidati. Sulle PMI, le grandi banche operano con metodi strutturati quali i rating e sulle micro, mi risulta siano giunte ai sistemi di scoring come per i crediti personali(quindi, si o no e non una probabilità di perdita per classe di rischio).
RispondiEliminaFabio, il problema non è la metodologia di valutazione ma il prezzo (TAEG di filiera)che scaturisce da qualunque valutazione. Esso è necessariamente troppo alto (per via della duplicazione dei costi) rispetto a quello non garantito (con rischio a carico della banca). solo i Confidi che si rivolgono alle microimprese riescono a farsi pagare la garanzia confondendola con i costi di accompagnamento in banca.
RispondiEliminaI confidi che amministrano fondi dovrebbero concedere solo legittimi contributi in c. interessi e non inelegibili garanzie cappate (eligibili solo all'interno delle tranched cover per ora di la da venire).
Gli enti che vogliono agevolare le imprese rilasciano fdj proprie proteggendosi dalla perdita indefinita con un fondo prestanziato ad assorbimento come fa il Fondo PMI gestito da MCC.
Altre strade non esistono !
Fabio, sui prestiti personali o mutui le banche (lo dico per conoscenza diretta) fanno rating (non scoring) di prodotto (valutazione in pool) con LGD di pool.
RispondiEliminaAggiungo una definizione personale della differenza fra scoring e rating: immaginate un termometro che segna 40, 40 è uno scoring ma non ci dice se il soggetto sta bene o male. Se però il soggetto è un cavallo potrà concludere (prognosi) che sta bene o ha una bassa probabilità di morire (deafult). Se il soggetto è un essere umano concluderò in maniera pessimista. Quindi la differenza sta solo nell'avvenuta o meno calibratura della Probabiltà dell'evento che si vuol predire.
RispondiEliminaAmici tutti, permettetemi di dire tre cose:
RispondiEliminaa) apriamo ufficialmente il dossier "Crisis management" nel mondo del credito alle Pmi (vuol dire confidi, ma anche altri soggetti, come alcune banche locali); è un problema di carattere straordinario che va affrontato come tale, cioè rispondendo meglio che si può a circostanze straordinarie, salvando quello che vale di più; senza giudizi preconcetti e senza assoluzioni o condanne preconfezionate;
b) benissimo tenere aperto il dibattito sulle filiere più efficienti, ma teniamolo distinto dal precedente, collegato, ma distinto;
c) mettiamoci a lavorare duramente su (a) e (b), ma possiamo anche aspettare il 3 gennaio; in questi giorni festeggiamo; però, se tra un SMS di auguri e una visita allo zio, vi scappa una riflessione sulle ricette per i confidi, va bene lo stesso.
Sapio: il tuo pensiero e le tue convinzioni mi sono note. Ritengo che se un Confidi, anche costando, basandosi su una valutazione destrutturata, fa ottenere ad un'impresa il credito perché la Banca tiene conto della valutazione e dell'assunzione di rischio del Confidi (e quindi, sorge il problema della credibilità del Confidi con le banche), svolge una funzione utile se tale impresa, con una valutazione strutturata da parte delle banche, trova di norma le porte chiuse. Converrai che ci sono sistemi di rating di grandi banche, in particolare per le piccole imprese, troppo influenzati dall'andamentale (CR e evidenze interne) e quindi, senza alcuno sforzo (e forse uomini dedicati, trattandosi di piccole imprese), valutano l'impresa su quello che di fatto è successo, senza proiettarsi sulle prospettive.
RispondiEliminaFabio, sono d'accordissimo che il ruolo (ed il guadagno)del Confidi sta proprio nell'affidare soggetti, da lui Confidi, valutati meglio della banca. Ma questo quante volte può accadere? Poche volte, altrimenti dovremmo convenire che le banche in generale non sanno più valutare le aziende!
RispondiEliminaTu parli di "porte chiuse", e questo evoca il famoso dilemma: effetto disponibilità o effetto costo. Il confidi rende possibile un prestito altrimenti negato o ne abbatte il costo. Io sono convinto che i Confidi che lavorano con le microimprese (artigiani etc) favoriscono il primo aspetto, ma per gli altri l'effetto deve essere abbattere il costo del finanziamento. E questo secondo aspetto semplicemente non c'è, quando non serve a mascherare un Taeg superiore all'usura, cioè un servizio che, se fosse abolita la legge sull'usura, non avrebbe ragione di essere.
Sapio: forse può accadere non così poche volte come pensiamo. Una valutazione prospettica della piccola impresa (la governance, la capacità di adeguarsi al mercato, ecc.), può servire anche per le imprese che per rating delle banche hanno potenzialmente le "porte aperte", in quanto, essendo il rating una "fotografia", nulla dice sulla capacità dell'impresa di essere valida anche dopo 3 mesi (è vero che il rating è una valutazione a 12 mesi, ma basandosi solo su dati storici, vogliamo crederci ad occhi chiusi?). Ci sono rating di banche per piccole imprese che passano nel giro di un mese da un giudizio positivio ad uno diametralmente opposto, sempre valutando ciò che è già successo. Le banche questo lo sanno e quindi, la garanzia diviene valida anche per le imprese che dovrebbero avere le "porte aperte" anche senza garanzia Confidi. La vera questione è se i Confidi hanno le capacità, le professionalità, le informazioni e quant'altro necessario a valutare le imprese in termini prospettici; vale però a mio avviso la pena provarci. Per esperienza, purtroppo il vero problema di una seria valutazione destrutturata è che molte imprese, anche con rating di banche positivi, subirebbero una valutazione severa.
RispondiEliminaLeggete qui e poi provate a rispondere ad alcune domande:
RispondiEliminahttp://www3.lastampa.it/torino/sezioni/economia/articolo/lstp/381136/
1) Campagna di stampa per battere cassa?
2) Ritorna (se mai se n'era andato) il concetto di too big to fail?
3) Paga la regione ovvero pantalone?
4) Chi è l'advisor (KPMG, PWC, PVC, McKINSEY, McDONALDS, CapGemini, SPQR, A&O, etc.) che si pappa la megaconsulenza?
Risposte:
RispondiElimina1) si
2) Si
3) si
4) non importa, vedi la risposta sub 3).
Quousque tandem abutere patientia nostra?
...mit Skappellierung nach rechts
RispondiEliminaFr'hliche Weihnachten
Attendo con ansia di conoscere il risultato della consulenza !
RispondiEliminaFabio, puoi rispondere tu a questa domanda del dr. Fabrizio Costa della regione Marche e da me già riportata: "i Confidi decidano se vogliono essere organi di mercato o distributori di aiuti pubblici".
RispondiEliminaTutti i Confidi che conosco io non ci pensano proprio ad operare a mercato. Vogliono tutti distribuire aiuti in forma di garanzia. Chissà perché!
A domande mal poste non si può che rispondere con riposte imprecise.
RispondiEliminaA mio avviso la risposta dovrebbe essere: I confidi possono essere sia organi di mercato che distributori di aiuti pubblici. L'essere organi di mercato è lo strumento, è il mezzo per raggiungere la massima efficienza, essere distributori di aiuti pubblici è il fine, e ha a che fare con l'efficacia dell'essere confidi e delle politiche economiche.
Ma resta che il fatto che se il funzionario ha fatto quella domanda ha in testa cose diverse da quello che intendo io per organi di mercato.
Bisognerebbe chiarire una volta per tutte quello che significa. E soprattutto distinguere chiaramente i mezzi dai fini. Il mercato non è un fine e non potrà mai esserlo: non lo era per Adam Smith, il più liberista dei classici, non vedo come lo possa essere ora che di liberisti veri ne vedo pochi in giro.
Gigi, io però la vedo in maniera più semplice. Secondo me il significato della domanda era 1) volete vivere con risorse proprie ed in questo caso siete liberi di comportarvi come meglio credete rispettando le norme BdI recentemente ristrette [nell'interesse pubblico della stabilità]o 2) volete distribuire aiuti pubblici ed in questo caso rispettando le indicazioni dell'autorità concedente che persegue efficacia (eligibilità) ed efficienza (concentrazioni etc)?
RispondiEliminaSono due alternative dolorose che comportano sacrifici occupazionali.
Questa volta non concordo con la decisione di Luca.
RispondiEliminaIn modo garbato, vorrei fare presente che non è sospendendo il dibattito (o anche il flusso informativo) che la situazione si crea o si aggrava o migliora.
Certamente ci sono fatti e ragioni che giustificano questa scelta, personali o cmq relazionali, ma ... il blog e il suo metodo democratico sanno trovare un equilibrio; c'è motivo di trovare fiducia in questo strumento straordinario.
Il problema non sta certo nello strumento (il blog come wikileaks...) ma nella sostanza. E' di quella che dobbiamo discutere senza timori reverenziali.
Ci sono problemi? Parliamone.. Non mettiamo la polvere sotto il tappeto.
Per questo vorrei chiedere a Luca di riaprire il post, fiduciosamente. Anche solo simbolicamente... Credo che la community di aleablog sapranno trovare ragioni di dialogo.
Nel frattempo auguro a Luca e a tutti gli amici del blog (e sottolineo ...Amici) buona Natale!
Un abbraccio caloroso.
Condivido le perplessità di Luca nel lasciare libero sfogo ai commenti visto la non troppa chiarezza attorno alle notizie su UFP, ma quello che è pubblicato dalla Stampa se pur non molto chiaro ritengo sia verificato (non si tratta dell'ultimo giornale di provincia!) ed è lecito commentarlo. Sono d'accordo però, come Dodona, nel non sospendere la discussione, perché potrebbe essere una decisione foriera più di dubbi che di serenità. Una discussione sospesa su un tema così delicato non può non far temere (solo temere, ipotesi, supposizioni, ma anche di questo siamo fatti) che la situazione sia più delicata di quello che traspare dalle poche notizie che abbiamo. Certo UFP non è una società quotata e non ha doveri giuridici di comunicazione ai mercati. Ma di fronte a notizie non molto belle un po' di chiarezza (una smentita o una precisazione) è doverosa.
RispondiEliminaDopo di questo ritengo che essere prudenti anche nei commenti sia, in questi casi, necessario.
Infine l'occasione è buona per rivolgere a tutti un augurio di un sereno Natale.
Prima del nuovo anno ci si risente.
Auguri!!!
@Fabio&Sapio
RispondiEliminaSul tema della valutazione delle imprese si potrebbe scrivere per giorni. Sinteticamente:
1) La valutazione destrutturata è onerosa ma sicuramente più ricca e potrebbe essere la fonte della famosa "asimmetria informativa" che dovrebbe caratterizzare la valutazione dei confidi;
2) Per contro, laddove non ci fosse questo tipo di valutazione avremmo due metodologie strutturate, che per rispondere a modelli abbastanza standardizzati sarebbero quasi del tutto sovrapponibili: metodologie analoghe applicate agli stessi dati di input non possono che dare i medesimi risultati creando un'inutile, perché priva di valore informativo aggiunto, duplicazione di istruttoria;
3) La capacità previsiva dei modelli è sempre limitata, quella statistica ha i suoi limiti, quella qualitativa destrutturata ne ha altri. L'importante è conoscerli. Spesso questo non succede con i modelli statistici perché troppo tecnici rispetto alla dotazione cognitiva dei valutatori per cui si prende il rating e non lo si discute, mentre per forza di cose, un modello qualitativo destutturato deve (dovrebbe!) essere conosciuto per poter essere applicato.
Gigi, rimane il fatto che la metodologia previsiva strutturata, per poter essere utilizzata dagli intermediari, deve dimostrare a BdI di avere validità statistica. Quindi la destrutturata deve necessariamente essere considerata residuale, altrimenti sarebbe stata considerata preferibile all'altra. Ergo, può accadere in qualche caso che la destrutturata sia migliore della strutturata ma in genere non accade.
RispondiEliminaAmici, ho deciso di sospendere la discussione perché mancano informazioni fattuali e le news uscite sollevano un polverone e ci leggo una parzialità.
RispondiEliminaSui problemi di solvibilità dei confidi faremo il prossimo seminario del gruppo smefin.
@Sapio: appunto, questo è il dato di fatto. Quello che contesto è che i modelli statistici siano superiori agli altri. E' tutto da dimostrare. Anzi è facile dimostrare il contrario. Sottostante vi è una filosofia, secondo me, dogmatica, che ritiene tali modelli superiori senza dimostrare dove, quando, perché e come. E' la stessa che sta sotto i subprime, i derivati e nove decimi della teoria e degli strumenti della finanza attuale. Non sto dicendo che è tutto sbagliato, è tutto da rifare. No! Sto dicendo che è stata presa questa filosofia di fondo in maniera dogmatica e non ci si è chiesto quali sono i limiti. Lo schianto del 2008 però mi pare che sia una bella cartina di tornasole per questa filosofia. Certo non sarò io a cambiarla, ma alcune domande è il caso di farsele. E' il caso se le facciano l'accademia, l'establishment economico, e un po' tutti gli operatori e i regolatori.
RispondiEliminaGigi, metodi per misurare la predittività di un modello (statistico, nasometrico, pallovetrico etc) ci sono es. l'Accuracy Ratio o indice di concentrazione del Gini. Per adesso sembra che il metodo statistico sia il "meno peggio" (non oso dire il migliore perché mi crea acidità di stomaco).
RispondiEliminaQuanto allo schianto del 2008, che c'entrano i modelli? Qui da noi erano appena entrati in funzione in una o due grandi banche!
Invece quello che è entrata in funzione ed ha prodotto uno sconquasso, specialmente nei Confidi, è stata la "DISCIPLINA". Si è passati da un mondo in cui il rischio (ed i suoi impatti sul TAEG) non era misurato ad un mondo in cui la misura incideva sul patrimonio e quindi sulla possibilità degli intermediari di poter continuare ad operare. Questo è il problema.
Da una riflessione di Fabio Bolognini :
RispondiElimina....I Confidi occupati a soddisfare i requisiti previsti da Banca d'Italia, si sono caricati sulle spalle il fardello della responsabilità senza sapere bene come fare. Se si vuole lasciare ai Confidi il compito di sostenere solo le imprese che non piacciono alle banche e non anche quelle valide, si sta commettendo un errore finanziario che può creare altri guasti futuri...inoltre "Quando i Confidi rilasciano garanzie alle banche tutto va bene: banche e imprese felici, finanziamento erogato. Ma quando a distanza di tempo le cose non vanno bene, i ruoli si separano drammaticamente. La banca vede nella garanzia solo una via rapida di recupero del credito e non esita a chiamare la garanzia anche in presenza di un tentativo di ristrutturare il debito dell'impresa in crisi, che invece sarebbe gradito al Confidi. Succede così perché a monte quasi tutti i Confidi non hanno inserito nelle convenzioni con le banche meccanismi di consultazione nell'ipotesi di ristrutturazione e allungamento del debito. La regola normale è 'zitto e paga'. Penso che questo vada cambiato per il futuro. Se i Confidi condividono al 50% il rischio di insolvenza devono potere avere una voce paritetica nel valutare le ipotesi di salvataggio. E questo vale anche per le garanzie riassicurate con la BEI che non prevedono ristrutturazioni.
Se non si cambiano le regole i Confidi sono destinati a fare la parte del classico vaso di coccio tra i vasi di ferro.
Si legge di Unionfidi Piemonte e mi chiedo : dopo 7 anni di leggi, regolamenti, regole nuove fomule e convenzioni, nonchè mille tavoli comitati e convention quindi fusioni e pirla vari la situazione è questa ?
A chi va' la responsabilità ?
@ Spekio: per impedire che i Confidi finiscano per sostenere solo le imprese deboli occorrerebbe una legge che istituisca la mutualità obbligatoria (come la RCA o la previdenza pensionistica o malattie). Un'altra tassa insomma a carico delle imprese sane!
RispondiEliminaSu dare voce ai garanti prima dell'escussione ricordo che una garanzia condizionata sarebbe, per Basilea, ineligibile!
Ho visto il sito di tale Bolognini.
RispondiEliminaOvviamente per vivere da consulente (mi perdonino la sincerità gli altri consulenti che frequentano il blog ma sapete sono fatto così, non c'è cattiveria, solo critica puntuta e se volete pedante ma mai cattiveria: quando c'è, per trasparenza lo dichiaro)....; dicevo: per vivere da consulente il Bolognini non può che suonare musica dolce alle orecchie di potenziali clienti. Se si deve fatturare non si può dimenticare il marketing.
Cio' detto le regole sono quelle ricordate da Sapio anche se è comunque giustissimo essere critici sulle regole.
La domanda di Spekio però è un po' prematura.
Dobbiamo prima veramente capire se c'è e qual è il problema andando oltre al gossip. Come già detto il silenzio non aiuta.
UFP se ci sei batti un colpo!!!!!