giovedì 21 luglio 2011

Accordo Unicredit - Confindustria sulle reti di impresa

Il Sole 24 ore riferisce dell'accordo tra Unicredit e Confindustria sul finanziamento delle imprese aderenti ad un contratto di rete: Federico Ghizzoni (AD di Unicredit) ha annunciato che il mettersi in rete per quella via potrà far guadagnare a un'impresa un miglioramento del rating da 0,5 a 2 punti. Le due strutture già ne avevano parlato in dicembre.
Emma Marcegaglia ha ribadito il forte impegno di Confindustria a promuovere il contratto di rete, e punta a raggiungere i 200 contratti (dagli attuali 66) entro la fine del suo mandato.
Sapete come la penso sui contratti di rete? Li avevo seguiti con interesse alla loro nascita. Oggi il mio interesse è un po' scemato. Penso che siano una soluzione molto morbida al problema della collaborazione strategica tra imprese. Possono rispondere a esigenze reali. Sono però complicati e ancora sfocati in molti aspetti tecnici (non mi sembrano definiti i meccanismi contabili per ripartire sui partner del contratto le spese comuni). Consentono una deduzione dagli utili degli apporti al contratto, com effetto di differimento della tassazione analogo a quello di altre forme consortili. L'incidenza effettiva del beneficio è però condizionata alla capienza di un plafond massimo stabilito a livello nazionale.
E' un istituto che sta ricevendo una copertura amplissima nella comunicazione delle associazioni, nell'interlocuzione con le banche, nelle politiche industriali delle regioni, nella convegnistica e sui media. In sé non è un male, ma l'attenzione mi pare esagerata rispetto all'impatto reale che può avere lo strumento.
Facendo un paragone tra questo intervento (del quale non sono esperto) e le politiche su credito e garanzie (che conosco meglio), mi sembra di ravvisare una debolezza comune: ci sono dei problemi vitali per le imprese, ma troppo complicati, che non si affrontano; ci sono delle cose potenzialmente interessanti per le imprese (i contratti di rete ne sono un esempio) sulle quali fiorisce un'intensa attività convegnistica, asseverativa, consulenziale. Un ottimista direbbe: che male c'è? Partiamo dalle cose interessanti così scaldiamo i motori per poi affrontare quelle vitali. Un pessimista replicherebbe: le cose interessanti sono un alibi per non scoperchiare il vaso di Pandora delle questioni vitali (fiscalità, struttura finanziaria, qualità della spesa pubblica, trasferimento tecnologico, ricambio generazionale, ecc.), e per dare altro lavoro a sovrastrutture incapaci di reale innovazione.
Io ho paura che all'estero ci vedano nel secondo modo, e gliene diamo motivo.

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