Questo articolo di Italia Oggi commenta l'estensione alle aziende agricole (finora escluse) di due istituti previsti dal nuovo diritto fallimentare: l'accordo di ristrutturazione dei debiti e la transazione su debiti fisco-previdenziali. In questo modo, si sottolinea, sarà possibile sgravare gli agricoltori dai debiti previdenziali a titolo di sanzioni e interessi, per circa 7 miliardi di euro (un sesto della manovra, venti volte la dote annua del Fondo centrale di garanzia).
Lo ha evidenziato il Ministro in carica dell'agricoltura, Francesco Saverio Romano. I debiti previdenziali del settore ammonterebbero a 11 miliardi complessivi, mentre quelli verso le banche e i privati a 34 miliardi. Le aziende in tensione sarebbero 980 mila, di cui 700 mila al Sud, su una popolazione di 1 milione e 620 mila.
E' tanto che non mi occupo di agricoltura e credito agrario. Era diventato un settore interessante per le banche. Ora appare come un grande malato, bisognoso di aiuti straordinari. Il phasing out delle politiche agricole comunitarie, e la concorrenza dei prodotti di paesi terzi, è la causa prima di questa crisi che colpisce le numerose aziende più fragili. Ci sono aziende più floride e meglio gestite che vanno meglio, e continuano a beneficiare di un trattamento fiscale e previdenziale di favore. Ci sono le aziende che non hanno pagato le multe per lo sforamento delle quote latte: alcune marginali, altre efficienti che hanno guadagnato sull'extra-produzione, alla faccia di quelle che hanno rispettato i limiti comunitari, la legge. Il ministro competente è stato rinviato a giudizio dal GIP per concorso in associazione mafiosa contro l'istanza di archiviazione inizialmente presentata dalla Procura.
I problemi ci franano addosso. Sembriamo in stato confusionale.
Svegliamoci! Variamo un piano di emergenza per le situazioni di crisi finanziaria, diamogli priorità.
Non c'è tempo per aspettare l'assestamento del quadro politico mettendo una pezza qua e una là sui problemi a suon di miliardate. Se lasciamo spazio ai giochi di palazzo, a chi punta ad accaparrarsi una fetta più grande di quello che resta, finché ce n'è, siamo spacciati.
Per non sprofondare occorre cambiare tante cose, prendendo rischi, lavorando come bestie. La nuova leadership politica la dovremo valutare sulla credibilità di un programma di rinnovamento, doloroso ma non insensato. Serve un governo tecnico, di unità nazionale per fare questo? Non lo so, sicuramente occorre ritrovare il senno perduto.
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