mercoledì 31 agosto 2011

Riflessioni su Manovre, Governi, ecc.

Non è ancora chiaro se il gioco della crisi del debito a cui l'Italia partecipa sia un winner game, dove vince chi è più coraggioso e bravo nel fare, o un loser game, dove vince chi temporeggia e pensa a non commettere errori che avvantaggino gli altri. La filosofia del Governo sposa chiaramente la seconda tesi. I mercati tifano per la prima, pagano il biglietto e vogliono un bello spettacolo.

I paesi dell'Eurozona corrono rischi gravi se non escono dalla gestione a pezzi e bocconi della crisi del debito, come spiega questo rapporto di Boone e Johnson: finora la BCE ha finanziato (prima attraverso le banche, poi con gli acquisti diretti) il debito sovrano rigettato dai mercati, e i deflussi di liquidità bancaria dai paesi più fragili (tra questi non c'è l'Italia, non dimentichiamolo). Non è credibile che possa farlo ad oltranza, ma per sgravarla di questo onere occorrono delle terapie urto prese da un menu che comprende austerity  ancora più stringente, ristrutturazioni del debito, finanziamento monetario del debito e inflazione.
Sul piano dell'azione di Governo, temo che i Governi e i Parlamenti nazionali non siano capaci, da soli, di affrontare la loro parte di problema con azioni risolutive. L'Europa è l'unico soggetto credibile, l'unica piattaforma praticabile. Ma vediamo tutti i giorni quanto siano impacciati i leader dei maggiori paesi europei nel formulare proposte e soprattutto nel farle digerire ai loro elettorati.
Non si può far finta che non stia succedendo niente, e fregarsene di quello che dicono, propongono e fanno i politici, i banchieri centrali e i mercati. Oggi però non ho acceso il PC, e mi sono messo a rileggere il manuale di Macroeconomia di Blanchard, nelle parti che trattano di politiche per la crescita, rapporto debito/PIL, patologie dei sistemi economici. E' tempo speso meglio che nella lettura dei giornali o dei siti finanziari: ci si leggono le stesse riflessioni, ma con un capo e una coda, e con il conforto di esempi storici che fanno capire che il mondo di crisi ne ha passate, ma è andato avanti.
Come studioso, penso di avere il dovere di ragionare su quello che sta accadendo, studiarlo, andando a fondo. Il dibattito politico e mediatico, per quanto animato anche da persone intelligenti, non si solleva sopra un livello generico, reattivo, superficiale, fazioso. Per questo, non serve a molto seguirlo, né parteciparvi.
Do un consiglio ai miei più illustri colleghi: silenzio stampa. Lasciamo il palco ai politici e agli operatori finanziari, che raccontino quello che stanno facendo. E' il loro mestiere.
Buttiamoci sullo studio di quello che sta succedendo. Raccogliamo dati freschi e accurati per descriverlo. Tiriamoci dietro i giovani. Discutiamone accanitamente. Non soltanto per pubblicare, né per essere chiamati nello staff del Fondo monetario, del MEF o del governo ombra. Soltanto per amore della verità. E' il nostro mestiere.
Se viene fuori qualcosa di utile, si va a gridarlo sui tetti. Prima o poi qualcuno se ne accorgerà. E noi stessi sapremo cos'è meglio fare per passare dalle parole ai fatti, e faremo la nostra parte.

1 commento:

  1. Condivido in pieno. La ricerca della verità fuori dal chiacchiericcio quotidiano è l'unico strumento per essere pronti quando servirà.

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