Questo articolo del Sole 24 ore documenta il processo di repricing degli spread sul credito bancario, in particolare nei confronti delle imprese. Il rischio Italia comincia a pesare sul costo della raccolta all'ingrosso e (speriamo non troppo) sulle perdite di valore dei titoli in portafoglio. Di conseguenza, per non andare in area negativa con il margine di interesse e il reddito, le banche sono nella necessità di aumentare i margini sull'Euribor.
Le imprese devono stravolgere la scala di comparazione delle condizioni fatte dalle banche. Un buon prenditore riusciva ad ottenere tre anni fa spread intorno all'1-2%. Nel 2009-2010 non ha subito ritocchi drammatici anche grazie alla moratoria, alle garanzie pubbliche, alle misure regionali o a campagne commerciali dei singoli gruppi. Oggi i conti si fanno su costi di funding e stime di perdita attesa traslate verso l'alto. Le banche sono sulla difensiva, sono più rare e meno esibite le espressioni di incoraggiamento alle imprese in tensione o in difficoltà.
Se gli utili aziendali calano, il vantaggio fiscale del debito si erode. Con costi del debito crescenti, conviene una leva finanziaria ridotta, a chi se lo può permettere.
Nel dibattito politico (e derogo ancora al silenzio stampa) non si coglie l'effetto a catena della crisi fiscale italiana. Una cura da cavallo sul deficit avrebbe un effetto espansivo perché consentirebbe di ridurre di almeno 2 punti percentuali il costo del capitale delle imprese, se pensiamo allo spread del 3-4% dei nostri yield a lungo rispetto ai Bund. Per non parlare dell'ovvio risparmio di interessi sul debito in via di rinnovo (e nei prossimi tre anni sono comunque centinaia di miliardi di euro).
Con un deficit decoroso, la PA potrebbe tornare a pagare gli arretrati ai suoi fornitori. Oggi non può nemmeno riconoscere giuridicamente i propri debiti al fine di renderli cedibili in garanzia (vedi soppressione della proposta dell'opposizione in tal senso), perché diventerebbero debito pubblico palese e non più sommerso.
E' arrivato l'aumento dell'IVA, che fa tirare un sospiro di sollievo agli amanti della certezza del gettito. Non pensiamo che sia finita lì. Il paese è sospeso sotto minacce interconnesse come le tessere del domino. Si vada a scavare nella qualità della spesa, in particolare negli interventi che dovrebbero attivare un volano positivo per l'economia, e ancora più specificamente nelle misure per sostenere il credito alle imprese. Aiuti che arrivano in mille rivoli, asciugati nel percorso da una rete di distribuzione pletorica e inefficiente, costano molto di più di quel che rendono, e sono poca cosa rispetto alle pressioni martellanti degli spread di mercato. Per non parlare della disgustosa e paralizzante litigiosità tra le lobby che si contendono il conquibus.
E' il momento di fare un ragionamento di sistema, e tagliare. Non si riesce a tagliare la spesa discrezionale perché serve alle constituency politiche per comprare il consenso in mille e mille nicchie del mercato elettorale.
Gli aiuti al credito (compresi quelli alla garanzia) sarebbero un buon banco di prova per spezzare questa logica, facendo gli interessi di una popolazione molto più ampia di imprese (e di elettori). Meno soldini dati qua e là (e quindi meno deficit) e più controllo delle strutture finanziarie delle imprese, più trasparenza nel pricing del rischio, più coraggio nel sostenere i progetti di crescita, e tante altre cose.
La prima mossa di questo gioco spetta alle banche, che vedono il mostro da vicino, e dovrebbero possedere la cultura per pilotare il cambio di strategia.
Amici dei confidi, facevo meglio a stare zitto, vero?
Speriamo non sia l'ora di un'altra Gleichschaltung........... http://it.wikipedia.org/wiki/Gleichschaltung
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