Il Sole 24 ore riferisce di un incontro svoltosi ieri presso il Ministero dello Sviluppo Economico tra Giuseppe Tripoli (capo dipartimento imprese e internazionalizzazione, per gli amici Mr Pmi) e un'ampia rappresentanza delle associazioni datoriali.
Si punta a portare all'estero un maggior numero di Pmi attraverso i contratti di rete, semplificazioni doganali, e la promozione dell'e-business. Si tratta di obiettivi e azioni del tutto condivisibili. Rimango dubbioso sulla forza trainante di questi tavoli e delle conseguenti misure agevolative. Ho la sensazione che ciò che si propone e si fa rimanga lontano dalla prima linea. Penso ai contratti di rete, che sono una cornice flessibile per progetti di sviluppo condivisi tra aziende, ma che (lo sento da amici commercialisti) non è ancora praticabile dal punto di vista amministrativo, nel senso che si mettono i soldi, si fanno le spese, ma non si sa ancora come saranno suddivise e portate nei bilanci dei partner. Tipico gioco all'italiana: bravissimi nelle cerimonie di inaugurazione, molto meno nell'esecuzione e nella manutenzione.
E anche gli aiuti all'e-business, su quale offerta tecnologica e professionale possono poggiare? Parlo di portali di e-commerce business to business e business to consumer, di sistemi di pagamento connessi. Dove sono gli attori italiani su questi scenari? Abbiamo una popolazione vastissima di utenti, ma ho paura che la lasciamo tutta alle cure dei grandi provider internazionali.
E tutto ciò fa rabbia, perché abbiamo progettisti e tecnologi fortissimi, che purtroppo operano a distanza siderale dai suddetti tavoli di rappresentanza.
Io penso che le azioni pubbliche servano per lanciare messaggi utili, ma non abbiano forza di impatto. Soprattutto non mobilitano le forze di cambiamento. Se qualcuno ha idee ed energie (e soldi) e vuole fare la differenza, c'è soltanto un'arena dove buttarsi: il mercato, possibilmente globale.
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