La parola d'ordine è «Siete troppi, dovete aggregarvi» (Emma Marcegaglia), per questo Stefano Miel (Banca d'Italia) caldeggia un utilizzo prioritario dei fondi pubblici verso i confidi "107", che in effetti darebbe una spinta potente ad aggregarsi. Su questa strada ci sono resistenze, si sa, allora «Una via possibile – spiega il vicepresidente di Confindustria Aldo Bonomi – è anche per i confidi la scelta della rete: un modo per sviluppare sinergie fra strutture e tagliare i costi senza rinunciare alla propria individualità».
Già, anche tra i confidi sono in cantiere convergenze "morbide" basate sui contatti di rete. Ma non c'erano già le società di servizi di categoria, i confidi di secondo livello, i fondi interconsortili settoriali, regionali e a geometria variabile, i confidi baricentro di Fedart Fidi? Senza dimenticare le finanziarie regionali, gli osservatori, i gruppi di ricerca permanente e altri poli di studio e attenzione. Ma non c'è problema, perché negarsi il piacere di nuove cabine di regia, tavoli di discussione, laboratori di idee?
Beh, in attesa che le assemblee delle federazioni si mettano d'accordo sulla linea da seguire, resta un problema comune a tutti: quello delle risorse.
«Il ruolo dei consorzi fidi è cruciale – spiega [in merito] la Marcegaglia – e chiederemo di modificare la legge per consentire ad una maggiore platea di soggetti pubblici e privati di entrare nel capitale dei consorzi e rafforzarne il patrimonio. Così come auspichiamo un rapido ripristino delle risorse per il fondo centrale di garanzia, penalizzato pesantemente dall'ultima manovra: nella situazione attuale verrebbero a mancare 4,8 miliardi di investimenti e per le imprese questo è un freno in più allo sviluppo».La situazione si aggrava, ma la discussione continua a volare 15.000 metri sopra i problemi.
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