mercoledì 2 maggio 2012

Riccardo Muti: il suono mediocre degli italiani. Tiriamoci su con l'Eduardo di Massimo Ranieri

Taglio e incollo un passaggio dell'intervista a Riccardo Muti (raccolta da Massimo Bernardini per ilsussidiario.net). Muti è in tournée a Roma con la Chicago Symphony Orchestra, e fa un paragone con le orchestre italiane:

Chi è arrivato un po’ prima nella sala del Teatro dell’Opera, insolitamente, trovava i musicisti chicagoani tutti già seduti e intenti a scaldare lo strumento. I professori statunitensi sono in tour da febbraio, provenienti prima dalla California (con una locandina tutta diversa) poi dalla Russia, dove hanno portato lo stesso programma comprendente appunto Rota seguito da Tod und Verklärung opera 24 di Richard Strauss e dalla Sinfonia n.5 in re minore opera 47 di Dmitrij Shostakovich.
Eppure i professori, prime parti comprese, studiano in attesa dell’inizio del concerto: ripassano, riscaldano le dita, si concentrano. È un’etica diversa dai nostri pur dotati professori italioti, un’etica dell’eccellenza e della competizione. A quale scopo lo si capisce dopo, quando la musica attacca. Il suono è innanzitutto perfettamente compatto in tutte le sezioni, alcune assolutamente prime nel mondo (gli ottoni per esempio), altre come gli archi (violoncelli e contrabbassi in primis) semplicemente univoche, dall’identico respiro (lo si capisce bene col bis verdiano: Sinfonia da La Forza del destino).
Quando dico che le parole non si trovano è proprio che quel suono non richiama alla memoria nulla di italiano, al massimo i paragoni si giocano coi Wiener, i Berliner, l’Orchestra di San Pietroburgo. Quando chiacchieriamo di “eccellenza”, qui in Italia, parliamo di un lungo lavoro che trasformi il potenziale talento che pure c’è in tanti nostri giovani e vecchi musicisti in almeno un punto rispettabile di pulizia tecnica, intonazione e appiombo ritmico. Sono lampi in un contesto di sostanziale mediocrità: non ricordo un solo concerto sinfonico od operistico italiano in cui almeno un passaggio non sia stato vittima di errori.
Eh sì, è proprio così: noi italioti ci siamo presi il vezzo di non prenderci troppo a cuore quello che facciamo. Soprattutto se comporta fatica, applicazione assidua. Non sono un Maestro come Muti, ma noto la stessa sciattteria da disamoramento tra molti orchestrali del credito e della finanza.
Non è sempre così. Ieri sera su Rai 1 che splendida versione di Sabato, domenica e lunedì! Se non l'avete vista, guardatela in streaming. Massimo Ranieri ha riproposto un grande come Eduardo in modo umanissimo, commovente. La tradizione è arrivata viva fino a noi, abbiamo attori capaci di interpretarla. Da questa umanità e commozione si può ripartire.

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