lunedì 18 febbraio 2013

Sulle dimissioni di Zingales da Fare per fermare il declino

Raccolgo a caldo (vedi Il FoglioLinkiesta e Lettera43) la notizia delle dimissioni di Luigi Zingales da Fare per fermare il declino, la formazione politica guidata da Oscar Giannino per la quale avevo espresso simpatia in questo post. Zingales spiega su Facebook la sua decisione.


La pietra dello scandalo è l'accenno fatto da Giannino, in un'intervista a Repubblica TV,  a un Master preso a Chicago, dove Zingales insegna. Nel profilo del giornalista sul sito dell'Istituto Bruno Leoni si menzionava (vedi versione ora rimossa) un diploma in Corporate Finance e Public Finance presso la University if Chicago Booth School of Business. Lo stesso Oscar Giannino ha chiarito in questa risposta che a Chicago ha soltanto studiato inglese. Zingales ha giudicato inaccettabile che il portavoce (anzi, il candidato premier) di un partito che predica la meritocrazia e la trasparenza dichiari cose non vere nel proprio curriculum. Da qui la scelta di ritirarsi dalla direzione del partito, pur confermando il suo appoggio alla proposta politica (la migliore in circolazione), e l'incoraggiamento ai militanti che hanno fatto nascere dal nulla e crescere questa avventura.
Mi spiace per questa (piccola?) doccia gelata sul cammino della nuova formazione politica, a pochi giorni dal voto. Nelle note uscite in diversi siti (Il FoglioLinkiesta e Lettera43), e nei commenti relativi, c'è chi dà ragione a Zingales, chi invece giudica eccessiva e inopportuna la sua uscita. Si fa anche molta dietrologia, nostro sport nazionale.
Non commento a mia volta l'episodio. Colgo però l'occasione per aggiornare le riflessioni su Fare per fermare in declino e sul vicinissimo appuntamento elettorale.
Confermo l'impressione positiva su Fare. Oscar Giannino ha portato una ventata di novità, oserei dire di ingenuità, nel dibattito politico.
Molti hanno elogiato le 10 proposte, chiare e concrete, del programma. Sì, anch'io le ho apprezzate, perché sono la sintesi, la parte emersa di un lavoro serio, ragionevole, capillare sui grandi problemi che affliggono l'Italia. Attorno ai fondatori della lista si sono radunate molte persone di buona volontà, desiderose di portare le loro competenze in campi particolari (fiscalità, pensioni, amministrazioni locali, concorrenza, energia, giustizia, istruzione, ricerca, e altro). Me ne sono reso conto sentendo alcuni interventi (non tutti) all'anti-meeting del 9 febbraio. Fare è praticamente l'unico partito che mette a tema il grande tabu della politica, la redistribuzione della ricchezza, in maniera non ideologica, senza auto-censure dettate da interessi costituiti, con un approccio concreto. Si dice: è urgente, e giusto, aiutare giovani, donne, famiglie, vittime della crisi, si devono trovare i mezzi, lo si può fare qui, qui e qui.
Sì, anche Fare attacca i privilegi della "casta" politica e amministrativa, ma lo fa in nome dell'equità e della sostenibilità economica, senza pistolotti moralisti o invettive forcaiole.   Saranno anche proposte impraticabili, però mi ha fatto bene sentirle, ho respirato.
La seconda buona novità è la risposta dei giovani. Fare mette al centro del programma l'equità intergenerazionale, il premio del merito, la libertà di intraprendere e di innovare. Suggerisce ai giovani un cammino di rinnovamento, anche radicale, che però si traduce in un progetto di ricostruzione, non soltanto di abbattimento del sistema. Tutt'altra cosa rispetto ai toni apocalittici del Movimento 5 stelle, o della via coercitiva alla giustizia sociale propugnata da Rivoluzione civile. E tanti giovani amici miei hanno colto questo messaggio (come alcuni intervistati in questo bel video del Corriere).

Non tutto mi è piaciuto della campagna di Fare.
Non condivido il proposito di fare fronte comune con il Movimento 5 Stelle, in Parlamento. Per fare cosa? Rompere le scatole, implacabilmente, ha promesso Giannino. Denunciare i maneggi dello "Stato ladro". I M5S sarebbero l'equivalente dei "compagni che sbagliano" degli anni di piombo: l'ideale di cambiamento è giusto, il progetto di transizione alla società giusta è sbagliato, o folle. Dice Giannino che molti seguono Grillo non perché la pensano come lui, ma perché vogliono dare uno scossone che faccia tremare la casa fin dalle fondamenta. Attenzione, perché in quella casa ci abitiamo. Se la casa crolla, la si ricostruisce. Farla crollare è un pessimo programma, fa vincere chi ha più dinamite, non chi ha buone intenzioni, o migliore analisi.
Non condivido con i promotori di Fare l'eccesso di fiducia nella novità del programma e del soggetto politico. Non vedo niente di buono nel connubio tra lo scrollone e la promessa di un'azione politica migliore in quanto non compromessa col "passato", garantita dalla competenza, buona volontà, e pulizia del curriculum dei "fattivi". Sono risorse preziose, quando ci sono, ma non bastano. E soprattutto non si creano dal nulla, e non si riproducono da sole. Pensate alla questione sollevata da Zingales: affiora una mancanza nel modo di comportarsi o di comunicare di una persona, e ci si blocca (per un po'), fa scandalo. Non voglio dire che sono quisquilie, ma che costruire sulla pretesa di non sbagliare (o di non fare brutte figure, che ne è l'equivalente mediatico) porta a delusione sicura.
Secondo me nelle premesse del movimento di Giannino c'è anche l'antidoto al rischio che l'esperienza degradi e tradisca le ragioni che l'hanno fatta nascere. E' la concretezza. Mi piacerebbe che dalla chiarezza di giudizio sulle 10 cose da fare nascessero tante azioni diffuse, capillari di risposta ai bisogni. Il sistema è malandato, occorre cambiarlo, ma questo non impedisce di fare qualcosa di utile, sacrificando energie, soldi, per dar vita a tanti piccoli pezzetti di novità in campo economico e sociale.
Ma questo lavoro può cominciare in qualsiasi momento, non serve vincere le elezioni.

2 commenti:

  1. Caro professore, lungi dal voler essere sacrilego, che peraltro poco si addice a chi come me fa della fede una ragione essenziale di vita, vorrei solo ricordare che anche Dio quando parlo' a Geremia, gli disse: io ti stabilisco oggi sulle nazioni e sui regni per sradicare, demolire, abbattere, distruggere, costruire e piantare.." Demolire per poi costruire, abbattere per poi piantare, non e' forse poi cosi' folle. Si certo sara' pericoloso, rischioso. Ma forse tanto folle no. Non ho particolari colorazioni politiche ma come lei vorrei respirare. E non me la sentirei di criticare tanto il connubio tra giannino e grillo. Il buon Oscar credo abbia compreso la voglia che tutti abbiamo di sradicare per poi pero' costruire qualcosa. Lei potra' dirmi (rispondendomi a tema) che se togliamo via le zizzanie rischiamo di rovinare anche il grano buono. Si e' giusto. E ripeto e' rischioso. Ma , mi chiedo forse troppo ingenuamente, non sara' venuto il tempo che anche noi italiani rischiamo qualcosa?? Grillo non rappresenta un programma ma una protesta. Giannino l'ha capito. Tuti (più o meno) l'abbiamo capito. E se bisogna rompere le scatole in parlamento, io dico piu' si e' meglio e'. Altrimenti si va avanti con i porcellum, gli inciuci, gli accordi sottobanco, si va avanti a sapere le cose e a non poter far nulla per cambiarle perché poi "i politici" sanno fare fronte comune. E allora se questo fronte qualcuno cerca di romperlo, forse anche in malo modo, e' cosi' folle ?

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  2. Caro Nicola, hai scritto un appello accorato, che mi è piaciuto. Dopo la delusione dei falsi titoli di Giannino e le sue dimissioni riesce ancora più difficile scommettere su proposte politiche che fanno della loro carica nuova e dirompente il punto di forza. Per metterla sul ridere, i soggetti antipolitici che entrano in parlamento sono come quei gruppi di condomini rissosi che flagellano l'amministratore. Alla fine che cosa ottengono? Far durare le assemblee di condominio fino alle due di notte e, se sono tanti e veramente rompiscatole, a far cambiare l'amministratore. Finché si forma un nuovo gruppo di dissenzienti rissosi.

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