Ho parlato varie volte nelle ultime settimane (l'ultima volta qui) delle grandi manovre in atto tese a riposizionare il sistema della garanzia pubblica del credito. Ne ha parlato anche Roberto Nicastro (DG Unicredit) in un'audizione alla Commissione finanze della Camera. La potete ascoltare (e vedere) su youtube preceduta dall'intervento di Andrea Crovetto (DG Banca Finnat). Qui il commento di Marco Panara su Repubblica. Il resoconto stenografico dettagliato non c'è ancora ma dovreste trovarlo qui.
Il tema di fondo trattato dal DG di Unicredit è: moltiplicare la potenza di fuoco della garanzia pubblica, rendere il sistema di erogazione più diretto. Con risorse relativamente contenute potremmo dare al Fondo centrale i mezzi per assorbire le perdite derivanti dagli attuali tassi di decadimento record, perdite che Nicastro stima nel 3,5% per anno. Con 350 milioni si potrebbero garantire 350 / 0,035 ==> 10 miliardi di finanziamenti. Se le banche si assumono il 50% del rischio, l'importo raddoppia. Ridurre la quota a carico dello Stato serve anche a motivare le banche a selezionare i rischi (per evitare che il Fondo potenziato diventi un pozzo di smaltimento dei cattivi crediti). Giustamente Nicastro chiede che gli imprenditori si prendano la loro quota di maggior esposizione ricapitalizzando le loro aziende, magari conferendo proprietà immobiliari oggi congelate. Il focus dell'intervento è però decisamente sul Fondo centrale di garanzia, e sul suo potenziale di leva.
Anche l'intervento di Crovetto (che ha parlato prima di Nicastro) è utile per capire l'altra grande manovra attuata sui fronti del mercato dei bond (minibond) e del risparmio gestito (credit funds) per orientare il risparmio nazionale di clienti affluent e private verso il finanziamento delle medie imprese. Crovetto ipotizza una quota di investimento obbligatorio in credit fund che investono in buone medie imprese italiane (negli anni settanta lo chiamavano vincolo di portafoglio). Tale vincolo (esemplificato nel 3%) sarebbe a carico di compagnie di assicurazione e fondi pensione.
Ho due veloci commenti:
1) in un paese (specie in uno conservatore come l'Italia) le scuole di pensiero sono poche; in materia bancaria, la scuola Unicredit formatasi nell'epoca Profumo, attingendo a giovani manager formatisi (anche) nelle banche e nelle società di consulenza internazionali, si conferma una delle più prolifiche. La specialità della casa è innovare tecniche finanziarie e strutture organizzative prendendo idee dall'estero e ritagliandole in modo che si incastrino bene nel sistema Italia, creando raccordi profittevoli tra i flussi di provvista bancaria, la domanda di credito, le fonti di risorse pubbliche, i desideri delle rappresentanze politiche e associative. Se ci pensate, un certo modo di far lavorare i confidi, fino a "forzarne" la crescita, è figlio di idee "inglesi italianate" (espressione nata in Inghilterra contro gli avversari papisti, anche se qui i pericoli li abbiamo importati noi, vedi derivati venduti dalle divisioni corporate).
2) Nicastro (e Crovetto) prospettano un quadro dirompente per i confidi. Se i rischi li coprono lo Stato e le banche, e se i finanziamenti arrivano dai mercati finanziari (con piccoli aiuti dalla BCE), non c'è bisogno di una rete di intermediari del rischio. Per le banche diventano dei consumatori di risorse pubbliche, dei generatori di costi di intermediazione aggiuntivi, talora dei fastidiosi mediatori e negoziatori per conto delle imprese o delle loro associazioni.
Se dovesse realizzarsi questa strategia (che traccio con molte linee interpolate, con altrettanti "se..."), non ci sarebbe più spazio per i confidi vigilati, compreso il primo della lista (per dimensioni). E' stato bello provarci, finché è durato, ma purtroppo la crisi ha fatto franare dei macigni su quella strada. Quel tipo di intermediario non si regge. Sì, i confidi ci possono stare nel mercato del credito alla micro-impresa, che conta moltissime teste ma relativamente pochi miliardi di erogato. La garanzia ai più piccoli tra i piccoli, tuttavia, può meglio essere gestita a livello locale, con fonti di finanziamento locali, da confidi locali. E' lì, del resto, che si riscuotono i dividendi elettorali degli aiuti. Nessuno vince le elezioni nazionali perché ha un progetto supergeniale per il credito alle Pmi. I confidi (107 e 106) che rimarranno in campo, avendone i mezzi, nel disegno che il legislatore nazionale sta tracciando, avranno comunque minor peso sui volumi e sul governo dei grandi veicoli nazionali, come il Fondo Pmi.
Ultima provocazione per concludere: alla scuola di pensiero delle grandi banche non si è contrapposta una scuola di pensiero delle imprese. Le associazioni, e i confidi, hanno giocato di rimessa, salvo eccezioni. Non hanno anticipato, non hanno fatto massa critica, e nemmeno cultura. Troppo grandi il divario di mezzi e potere reale? Forse. Le imprese sono nella posizione di chi deve sempre chiedere, ora allo Stato, ora alle banche. In cambio possono dare consenso. Ma che cosa sto dicendo? E' vero il contrario! La ricchezza del paese, gli investimenti, la creazione di lavoro, persino la qualità dei bilanci attivi bancari, la fanno le imprese. Vero, ma è una qualità che deve essere continuamente reinventata, e ha bisogno di un habitat propizio. Coi tempi grami che corrono, è umano che i più ripieghino sulla domanda di protezione e di sollievo dai fardelli fiscali e burocratici.
Peccato. Mi ero illuso tra il 2002 e il 2005 di contribuire alla battaglia culturale tra imprese e controparti pubbliche e bancarie, dalla parte delle imprese. Sì, perché il grande assente dal dibattito che seguo da dieci anni è l'impresa: i bisogni delle imprese visti come punto di partenza e di arrivo di qualsiasi progetto o iniziativa, non come pretesto o spunto retorico.
Forse non dovevo scrivere e parlare in giro, ma fare cose. Non il business point, ma il mio mestiere, un master duro e serio sulla finanza delle Pmi, andando a chiedere i soldi a Bruxelles. Però, anche per cose meno impegnative, non ho trovato compagni di cammino, di lavoro.
Magari ci posso riprovare. In estate raccoglierò le forze, e le idee.
Il tema di fondo trattato dal DG di Unicredit è: moltiplicare la potenza di fuoco della garanzia pubblica, rendere il sistema di erogazione più diretto. Con risorse relativamente contenute potremmo dare al Fondo centrale i mezzi per assorbire le perdite derivanti dagli attuali tassi di decadimento record, perdite che Nicastro stima nel 3,5% per anno. Con 350 milioni si potrebbero garantire 350 / 0,035 ==> 10 miliardi di finanziamenti. Se le banche si assumono il 50% del rischio, l'importo raddoppia. Ridurre la quota a carico dello Stato serve anche a motivare le banche a selezionare i rischi (per evitare che il Fondo potenziato diventi un pozzo di smaltimento dei cattivi crediti). Giustamente Nicastro chiede che gli imprenditori si prendano la loro quota di maggior esposizione ricapitalizzando le loro aziende, magari conferendo proprietà immobiliari oggi congelate. Il focus dell'intervento è però decisamente sul Fondo centrale di garanzia, e sul suo potenziale di leva.
Anche l'intervento di Crovetto (che ha parlato prima di Nicastro) è utile per capire l'altra grande manovra attuata sui fronti del mercato dei bond (minibond) e del risparmio gestito (credit funds) per orientare il risparmio nazionale di clienti affluent e private verso il finanziamento delle medie imprese. Crovetto ipotizza una quota di investimento obbligatorio in credit fund che investono in buone medie imprese italiane (negli anni settanta lo chiamavano vincolo di portafoglio). Tale vincolo (esemplificato nel 3%) sarebbe a carico di compagnie di assicurazione e fondi pensione.
Ho due veloci commenti:
1) in un paese (specie in uno conservatore come l'Italia) le scuole di pensiero sono poche; in materia bancaria, la scuola Unicredit formatasi nell'epoca Profumo, attingendo a giovani manager formatisi (anche) nelle banche e nelle società di consulenza internazionali, si conferma una delle più prolifiche. La specialità della casa è innovare tecniche finanziarie e strutture organizzative prendendo idee dall'estero e ritagliandole in modo che si incastrino bene nel sistema Italia, creando raccordi profittevoli tra i flussi di provvista bancaria, la domanda di credito, le fonti di risorse pubbliche, i desideri delle rappresentanze politiche e associative. Se ci pensate, un certo modo di far lavorare i confidi, fino a "forzarne" la crescita, è figlio di idee "inglesi italianate" (espressione nata in Inghilterra contro gli avversari papisti, anche se qui i pericoli li abbiamo importati noi, vedi derivati venduti dalle divisioni corporate).
2) Nicastro (e Crovetto) prospettano un quadro dirompente per i confidi. Se i rischi li coprono lo Stato e le banche, e se i finanziamenti arrivano dai mercati finanziari (con piccoli aiuti dalla BCE), non c'è bisogno di una rete di intermediari del rischio. Per le banche diventano dei consumatori di risorse pubbliche, dei generatori di costi di intermediazione aggiuntivi, talora dei fastidiosi mediatori e negoziatori per conto delle imprese o delle loro associazioni.
Se dovesse realizzarsi questa strategia (che traccio con molte linee interpolate, con altrettanti "se..."), non ci sarebbe più spazio per i confidi vigilati, compreso il primo della lista (per dimensioni). E' stato bello provarci, finché è durato, ma purtroppo la crisi ha fatto franare dei macigni su quella strada. Quel tipo di intermediario non si regge. Sì, i confidi ci possono stare nel mercato del credito alla micro-impresa, che conta moltissime teste ma relativamente pochi miliardi di erogato. La garanzia ai più piccoli tra i piccoli, tuttavia, può meglio essere gestita a livello locale, con fonti di finanziamento locali, da confidi locali. E' lì, del resto, che si riscuotono i dividendi elettorali degli aiuti. Nessuno vince le elezioni nazionali perché ha un progetto supergeniale per il credito alle Pmi. I confidi (107 e 106) che rimarranno in campo, avendone i mezzi, nel disegno che il legislatore nazionale sta tracciando, avranno comunque minor peso sui volumi e sul governo dei grandi veicoli nazionali, come il Fondo Pmi.
Ultima provocazione per concludere: alla scuola di pensiero delle grandi banche non si è contrapposta una scuola di pensiero delle imprese. Le associazioni, e i confidi, hanno giocato di rimessa, salvo eccezioni. Non hanno anticipato, non hanno fatto massa critica, e nemmeno cultura. Troppo grandi il divario di mezzi e potere reale? Forse. Le imprese sono nella posizione di chi deve sempre chiedere, ora allo Stato, ora alle banche. In cambio possono dare consenso. Ma che cosa sto dicendo? E' vero il contrario! La ricchezza del paese, gli investimenti, la creazione di lavoro, persino la qualità dei bilanci attivi bancari, la fanno le imprese. Vero, ma è una qualità che deve essere continuamente reinventata, e ha bisogno di un habitat propizio. Coi tempi grami che corrono, è umano che i più ripieghino sulla domanda di protezione e di sollievo dai fardelli fiscali e burocratici.
Peccato. Mi ero illuso tra il 2002 e il 2005 di contribuire alla battaglia culturale tra imprese e controparti pubbliche e bancarie, dalla parte delle imprese. Sì, perché il grande assente dal dibattito che seguo da dieci anni è l'impresa: i bisogni delle imprese visti come punto di partenza e di arrivo di qualsiasi progetto o iniziativa, non come pretesto o spunto retorico.
Forse non dovevo scrivere e parlare in giro, ma fare cose. Non il business point, ma il mio mestiere, un master duro e serio sulla finanza delle Pmi, andando a chiedere i soldi a Bruxelles. Però, anche per cose meno impegnative, non ho trovato compagni di cammino, di lavoro.
Magari ci posso riprovare. In estate raccoglierò le forze, e le idee.
Tra tanti esempi di prammatica (start up, turismo, risparmio energetico), Nicastro dice due interventi che il Fondo potenziato potrebbe fare: (a) i finanziamenti ponte a imprese in crisi (si spera) temporanea, (b) i mutui-casa a lavoratori atipici e cittadini stranieri. I secondi per portare nuova domanda di case che smaltisca lo stock di invenduto dei costruttori, un altro peso sullo stomaco delle banche. Del resto il risk transfer serve per trasferire rischi. Se poi serve a gettare il cuore oltre l'ostacolo e riportare ottimismo e crescita, siamo tutti contentoni. Ma le banche chiedono allo Stato di prendersi metà di rischi che hanno già in pancia! Complimenti in ogni caso per l'onestà intellettuale.
RispondiEliminaIl capitale logora chi non ce l'ha. E chi ce l'ha lo accresce. I poveri confidi e le loro associazioni sono destinati ad un triste destino.
RispondiEliminaDomande dai parlamentari a Nicastro: dalla separazione tra commercial e investment banking al c/c per i condomìni. Il conto corrente per i condomìni!!
RispondiEliminaDomande sulle piccole imprese? Zero! Sui confidi? Sotto zero! Che vergogna! le micro-imprese sfruttate come serbatoio di voti e mercato di servizi imposti dalla burocrazia inutile (con una bella fetta di lavoro per le associazioni), e adesso tutti a mare. Sono peggio degli scafisti del canale di Sicilia.
Professore, riprendo in maniera del tutto parziale e incompleta il tema trattato da unicredit e banca finnat per dire una cosa sola.
RispondiEliminaLavoro in questo ambiente da pochi anni, ma mi creda se dico che ho capito molto velocemente a cosa mirano le banche (lei mi dira' che non ci vuole un genio, sono d'accordo). Beh, faccio questa brevissima premessa per lanciare un grido d'allarme: GIU' LE MANI DAI FONDI PENSIONE !!!! Considerato a cosa devono o dovrebbero servire, GUAI a chi proponga di utilizzarli per scopi privati, strumentalmente spacciando questi scopi per disinnescare allarmi di carattere economico sociale.
Trovo inaccettabile che il rischio di default per investimenti in aziende sia neutralizzato dai versamenti facoltativi ed obbligatori dei lavoratori autonomi e dipendenti. Trovo immorale persino il solo averlo ipotizzato.
Conosco e/o immagino le possibili obiezioni al mio 'anatema'. Ma semplicemente dico: cercate i soldi altrove per queste iniziative e non toccate i Fondi pensione.
Segnalo anche questo articolo del mese scorso sempre di Nicastro sul Sole 24 ore:
RispondiEliminahttp://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-06-05/intervento-deciso-cogaranzie-credito-064146.shtml?uuid=AbXHAE2H&fromSearch
Scusa ma i depositi (in libretti) postali non sono stati messi a disposizione CDP?
RispondiEliminaConcordo con quello che dice Enrico, ma ormai in Italia hanno raschiato pure il barile e non mi meraviglio più di nulla.
Caro Luca quante volte ne abbiamo parlato!
RispondiEliminaPerò anche le PMI italiane (oltre che i confidi) sono figlie dell'assistenzialismo cronico e di mancanza di cultura finanziaria e giuridica.
A dire la verità hanno anche poca cultura imprenditoriale.
Bisogna studiare, portare idee nuove, rischiare, ammodernarsi se si vuole costruire...(capito confidi?).
Bisogna, prima di tutto, avere l'umiltà, il rispetto e riconoscere le capacità a quelli che, pur non appartenendo al vostro mondo, vi hanno dedicato impegno e sacrifici anche attraverso la ricerca avanzata.
Scusate confidi, ma siete troppo presuntuosi!
A voi piace percorrere le strade facili ma sono quelle più incerte e non portano lontano.
Ma questo è già un passo impegnativo!
La filiera del credito deve accorciarsi e quindi la direzione che si vuole dare al fondo è quella giusta.
I meccanismi di garanzia dei confidi nell'attuale contesto sono del tutto anacronistici.
Ciao
Nicola
@anonimo che concorda con me. Non conosco il meccanismo attraverso il quale CDP ha messo a disposizione la liquidita' derivante dai depositi postali, ma dubito fortemente che il risparmiatore possa correre un qualche rischio di insolvenza dall'operazione (cosa che ovviamente non accadrebbe, se si 'spingessero' i fondi pensione ad utilizzare le loro risorse).
RispondiElimina@nicola, con il quale si puo' concordare sulle scarse professionalita' dei confidi, mi permetto solo di ricordare due elementi: l'assenza dello scopo di lucro nell'oggeto sociale dei confidi e il conseguente scopo sociale dela loro attivita'. Volerne fare 'per legge' degli intermediari finanziari, vigilati, nel rispetto delle stesse, identiche, condizioni e requisiti previsti per le banche e' stata una forzatura. Ora siamo tutti qui a recitare il de profundis. E pensarci prima che forse non era caso? Detto questo, c'e' sempre da riconoscere che questi confidi sono assai spesso succubi delle banche (bankitalia lo va ripetendo in ogni dove) e qui devono solo che recitare il mea culpa per non aver saputo contrastare (negoziare?) meglio l'impiego o la messa a disposizione delle banche dei loro patrimoni. E qui pero' ci parliamo addosso, perche' siamo qui a discutere tra gente molto pratica ed operativa, ma i decision takers (non decision makers ...quelli stanno in banca) siedono nei cda dei confidi e poco partecipano a queste discussioni.
Con rispetto delle opinioni di tutti, saluto
Scusate. Faccio un'ultima riflessione sull'accorciamento della filiera. Non ho le cifre, ma circolano voci e dati che le operazioni di garanzia diretta banca-fondo abbiano tassi di decadenza più che doppi rispetto alle operazioni di controgaranzia (non parlo di escussioni, perché tanto il meccanismo e' creato per onorarne il meno possibile). Se ciò fosse confermato da dati con il crisma dell'ufficialità ....poniamoci qualche domanda per cortesia!!!
RispondiEliminaCiao Nicola! W l'Abruzzo. Che malgrado le mille difficoltà nel riorganizzare i confidi, è un luogo di grande bellezza, e umanità profonda.
RispondiEliminaPensiero delle 00;40
RispondiEliminaNel mio master di finanza per le Pmi, materia obbligatoria samba e forró. Se non imparate a suonare il cavquinho, la chitarra a 7 corde, a battere il tempo con surdo, pandeiro e tamborìm, a cantare Casa de bamba o que nem jiló, niente diploma. Va bene anche ballare, ma con grazia, o preparare il riso coi fagioli.
Non chiedetemi perché. Ascoltate il Sambabook Joäo Nogueira e capirete, se non siete ibernati come gli astronauti di 2001 Odissea nello spazio
Inizio ad avere il disgusto. Ci sono degli stronzi che vogliono dismettere i ponti prima ancora di avere inventato le auto che volano!!!!! Insomma, i confidi dovranno pure reinventarsi, dovranno fare pulizia nella classe dirigente che ha ormai palesemente dimostrato di non essere ne all'altezza della situazione e ne tantomeno capace di gestire un intermediario vigilato, ma cribbio ce ne passa da qui a dire che bisogna eliminarli. Ma la parola azzardo morale non vi dice niente??? Il principio della sussidiarietà?? La maggior parte scrive in difesa dei propri interessi, dimostrando di non appartenere alla categoria degli uomini e delle donne di Sistema, capace di vedere al di là del singolo e di agire in difesa dell'interesse generale... ... ... .... svegliati o Italia Svegliati dal tuo torpore e riprenditi la tua dignità......
RispondiEliminaNon volevo dare letture catastrofiche, ho letto tra le parole di Nicastro un disegno di contenimento del ruolo dei confidi a segmenti marginali, non di sterminio. Nell'articolo linkato da Cipriana, lo stesso Nicastro cita tra le azioni necessarie:
RispondiElimina"Secondo: nuovi interventi per i Confidi, che meritano aiuto e vanno incentivati a riorganizzarsi"
le banche hanno un'idea della riorganizzazione da incentivare tra i confidi. I confidi ce l'hanno? Le loro associazioni? Sì, una, nessuna e centomila. E' questa oggi la fatale debolezza.
Le banche (specie le maggiori) non andranno mai in rotta di collisione con le associazioni datoriali, finché queste avranno numeri e potere di lobbying. I confidi come soggetto imprenditoriale autonomo dalle associazioni, come professionisti della garaznia e dell'assistenza alle Pmi, sono invece drammaticamente schiacciati.
Il mondo dei confidi, specialmente quello dei piccoli, ha viaggiato fino ad oggi grazie al grande supporto pubblico ed alla "concessione", da parte delle banche, di una operatività generosa e delle volte quasi clandestina. La nascita di una nuova disciplina, proporzionata con il giro d'affari prettamente a carattere locale, permetterebbe sia una riorganizzazione dei piccoli confidi senza sprecare risorse pubbliche, oramai prossime allo zero, sia di fornire un supporto valido, magari grazie al rilascio di una garanzia che abbia una ponderazione vantaggiosa per l'impresa socia.
RispondiEliminaVenendo a conoscenza di regole ben precise tutto risulterebbe più facile e ci sarebbero meno sprechi.
Mi chiedo quanto tempo occorra ancora al legislatore per creare questa disciplina...
Solamente in un paese non serio come l’Italia si chiama Nicastro a fare un’audizione alla Camera per parlare di garanzia pubblica, il quale, sempre in un paese non serio come il nostro, si permette di dire quale dovrebbe essere l’indirizzo futuro dei confidi e del Fondo Centrale, sempre omettendo che Unicredit ha un tasso di decadenza sul Fondo Centrale di oltre l’8% mentre la media per i confidi e meno della metà ( e tralasciamo precedenti scandalosi conflitti di interessi).
RispondiEliminaMa quando la smetteremo di farci prendere in giro?? Sempre e solo quando interviene la magistratura???
Qual è la fonte dei dati?
RispondiEliminaIl vero obiettivo del sistema bancario è quello di mettere le mani sull'intera filiera della gestione dei fondi pubblici eliminando Confidi e relative associazioni datoriali. Con buona pace del ruolo della rappresentanza, saranno loro a sostenere la causa delle PMI italiane? Il conflitto di interesse mi pare palese.
RispondiEliminaCosa c'entra la rappresentanza datoriale con i Confidi?
RispondiEliminaE il prosciutto con il melone?
RispondiEliminasi, ma....dare per oro colato quello che dice il DG di una grande banca... non vi viene il dubbio che questi abbia più interessi propri che altro... ma i comportamenti sin qui avuti dalle Banche possono farci credere sulla loro onestà morale...ma boo..
RispondiElimina20 commenti, nessuna proposta. Il tempo da passare al Bar Sport del "...purchè si critichi" è scaduto ed è surreale che molti non se ne accorgano nemmeno.
RispondiEliminaSignor Sergio, sono perfettamente in linea con il suo punto di vista: il dirigente Unicredit non è certo parte terza rispetto alla proposta. Le chiedo come fa a disporre del tasso di decadimento di Unicredit e dei confidi sul Fondo Centrale, mentre io sono anni che cerco dati sulle sofferenze e pagamenti del Fondo pubblico senza ottenerne neanche complessivi? Non sono dati sensibili e non divulgabili?
RispondiElimina@Roberto (delle 14:05) in effetti la mia provocazione intendeva sollecitare delle analisi e delle proposte in dialettica con quelle di Unicredit. Per parte mia, lavorerò al ritorno dalle ferie a un paper su garanzie parziali e garanzie di portafoglio, focalizzato sui meccanismi incentivanti che attivano in misura diversa tra gli intermediari che ne beneficiano.
RispondiEliminaTuttavia, la riflessione teorica non serve a nulla se non c'è dialogo tra chi opera. Penso che servirebbe un momento forte di confronto tra banche e confidi in campo neutro, fuori dalla retorica delle occasioni ufficiali, o dalla polemica delle campagne di opinione. Occorre ri-iniziare un dialogo partendo dalla situazione (difficile) in cui siamo immersi. Devono cambiare tante cose, e sicuramente la divisione del lavoro tra banche, confidi e altri soggetti.
Il problema non è certo quello di avere parti con interessi divergenti (è la norma, nei problemi economici e sociali), ma essere bloccati dalla diffidenza e dal sospetto.
Se si facesse un esercizio di correttezza intellettuale non credo si possano controbattere i seguenti argomenti:1)le risorse pubbliche sono solo minimamente finalizzate alle PMI se consideriamo il filtro degli ormai più che 60 confidi vigilati (costi di gestione diretti: consiglio di amministrazione, collegi sindacali, consulenti.. e costi indiretti: associzioni di categoria varie..). 2) i vantaggi competitivi che un confidi può dare ad una banca possono essere solo su microimprese, piccole realtà territoriali o società di persone che spesso sono non valutabili da sistemi di rating nazionali che non tengono conto delle informazioni qualitative e delle tipicità geo-settoriali. 3) a questo punto la filiera andrebbe non accorciata ma azzerata. Cioè le banche dovrebbero accedere direttamente sul fondo ma con % massime del 50% per non trasferire il rischio alla leggera. 4) le altre risorse publiche (camere di commercio, fondi regionali..) dovrebbero essere affidate ai confidi per affidamenti solo su clientela retail e su posizioni di importi medio-piccolo (max 250.000 come esposizione cumulata su un socio). 5) i confidi dovrebbero avere dimensioni regionali e di contro dovrebbero essere molto meno legandoli al territorio e non alle diverse associazioni di categoria (artigiani, industriali, commercio..). 6) sui confidi dovrebbero esserci logiche di trasparenza e conflitto di interessi stile consob con evidenza di parti correlate e similari. 7) fondi pubblici in generale per operazioni di nuova finanza e non di consolidamento. 8) garanzie solo a prima richiesta ma reali con attività di mnitoraggio e bilanci trasparenti. Se ci si trovasse veramente in questa situazione inutile dire che i confidi difficilamente avrebbero un punto di equilibrio però almeno avrebbero il ruolo originario di aiuto/facilitatore dell'accesso al credito. Intermediazione che ha senso su start-up, imprese giovanili e non su società corporate o grandi società. In oggni caso la frammentazione del rischio e la poca remunerazione di operazioni di importo marginale (anche dal punto di vista delle associazioni di categoria) toglierebbe un po' di interessi malsani da questo mondo e permetterebbe al confidi di dare un plus consulenziale al proprio socio accompagnandolo in banca e non come avviene ora ad essere chiamto dalle banche per prendere la posizione X già bella inpacchettata..
RispondiEliminaConfidi regionali (uno per regione) che svolgono per lo più attività di consulenza per ottenere i finanziamenti prendendo commissioni di success fee dalle PMI e garantendo le banche con operazioni di cappatura geo-settoriali e percentuali massime di garanzia rilasciata del 50%.
RispondiEliminaConsigli di Amministrazione e Collegi sindacali snelli.
Garantendo finanziamenti per 200 milioni (flusso annuo) su base regionale con garanzia al 50% (100 milioni) e cappatura del 10% (10 milioni) con operazioni di massimo 200 mila euro. Per regione con 10 milioni di fondi annui (cifra realistica anzi sottostimata..) si potrebbero far accedere al credito 1.000 piccole/nuove imprese con costo pubblico sostenibile incentivando professionalità e non assistenzialismo.
Se di risorse pubbliche si parla e non private allora per gli esponenti aziendali dei confidi sanzionati da banca d'italia non ci dovrebbero essere multe economiche che di fatto sono riassorbite da altre poltrone o compensi ma il divieto a ruoli dirigenziali su enti pubblici o para pubblici per almeno 5 anni.
RispondiEliminaL'anonimo delle 18:16 dice più o meno le cose che ho interpolato dall'intervento del dottor Nicastro, rispetto al riposizionamento dei confidi sul segmento "small" & "local". Non l'ho scritto io in forma anonima.
RispondiEliminaIn altri commenti ci sono spunti altrettanto ragionevoli.
Io però, quando parlo di un fenomeno, non posso fare a meno di partire dalla situazione di fatto, che oggi vede 3/4 dell'operatività appoggiata su 62 confidi vigilati (molti dei quali ansimano), e il quarto restante su 106 confidi minori di ogni foggia e colore.
Sono abbastanza chiari i motivi che hanno portato a questa situazione, non altrettanto chiari i motivi per i quali non riusciamo ad uscirne, e le cose da fare per rimarginare le ferite sanguinanti (non basta una passatina di cicatrene). Saltare il problema significa accettare l'estinzione per inedia della gran parte del settore. Una cosa da niente ... o una cosa da pazzi?
Sulla messa al bando degli amministratori sanzionati non so che dire, essendo finito sulla lista nera (non per un confidi, per una Sgr immobiliare). Le sanzioni sono un deterrente per chi entra in CdA sulle ali dell'entusiasmo, e vi assicuro che scoccia pagarle, ancorché "leggere". Prendiamole per quello che sono, delle penalizzazioni per la violazione di regole amministrative.
Sono lettore da tempo del blog e devo dire con piacere che mai come oggi ho letto commenti di grande lucidità' e ragionevole applicazione. Fortunatamente ormai è chiaro sui tavoli che contano che il confidi ha ragione di esistere solo se di piccole dimensioni e taglio regionale al massimo. Diversamente erodono solo risorse che oggi sono limitate e preziose, oltre che pubbliche e dunque di tutti e' il dovere morale di preservarne l'integrita' nonché assicurare l'utilizzo al meglio. Grazie al Prof. Erzegovesi per aver saputo organizzare in maniera esemplare un insieme confuso di idee di cui i confidi italiani sono portatori d'eccezione.
RispondiEliminaSe si aspetta che il primo passo sia fatto dal mondo dei confidi siamo a posto.
RispondiEliminaI confidi vorrebbero sciommiottare le banche e diventare colossi anche per mania dei loro manager e lustrini delle varie associaizoni.
Quindi è utopico pensare che siano loro a muovere i primi passi verso una razionalizzazione del loro ruolo. I 4/5 che fanno da padroni sono intenzionati a crescere anche se ora il loro ruolo è di passa carte e non di intermediari.
Detto questo solo quando saranno aboliti i divieti di accesso diretto al fondo centrale (lazio e toscana) e le banche andranno in massa su questo strumento saltando i confidi ci sarà la vera rivoluzione.
I confidi più grandi per manetenere in piedi la baracca ma restando sul mercato erogheranno garanzie a prima richiesta senza controcopertura sul fondo. Perhcè a questo punto i confidi hanno senso proprio per le operazioni che sul fondo non possono essere scaricate.
Inutile dire che tempo un paio di anni avranno dilapidato il loro patrimonio e o l'ennesima legge salva confidi (decreto salva italia-eurofidi) oppure dovranno chiudere.
I primi passi dovrebbero farli i confidi minori ma sono troppo legati a logiche locali di potere.
in fondo se il mercato della garanzia fosse redditizio o comunque d'equilibrio ci sarebbero anche soggetti privati ad operare invece non ve ne sono.
Quindi se si volesse veramente semplificare il problema l'accesso alle risorse pubbliche dovrebbe essere diretto banca.
Ruolo dei confidi inutile se non a livello consulenziale ma per questo le principali categorie hanno già le loro strutture spesso non molto preparate quindi difficle ipotizzare la famosa tavola rotonda costruttiva perchè da costrutire sulle basi di queste logiche c'è ben poco.
le analisi postate non sono certo rosee anche se spesso non lontane dalla realtà.
RispondiEliminaForse i confidi dovrebbero trasformarsi in gestori di operazioni cappate su fondi pubblici (camerali e via dicendo).
Con ruolo appunto di gestore e non di garante.
@Anonimo delle 11.51: Il momento della resa dei conti per esaurimento del patrimonio è (purtroppo) già arrivato, basta vedere l'esito negativo di molte ispezioni.
RispondiEliminaIo spero che ci sia una persona di quel mondo (ne basta una per cominciare) che dica "Io vado avanti su questa nuova strada, che per me è quella giusta". La situazione è bloccata perché tanti dicono di no, e li conosciamo, ma anche perché nessuno dice di sì a delle proposte costruttive.
Quando parlo con gli amici dirigenti di confidi, persone brave professionalmente e umanamente, ho la sensazione che abbiano le mani legate. Legate dai problemi e dalle difficoltà esterne (che bussano alla porta come richieste ed escussione); ma anche legate da pressioni e veti interni. Gli stakeholder dei confidi hanno commesso un peccato suicida: avocare a sé la guida strategica illudendosi di averne le competenze, e i mezzi patrimoniali.
@Sergio: gestore di operazioni cappate, cosa non troppo lontana dal mestiere storico dei confidi. SI tratta di definire il contenuto della "gestione", tenendo presente che oggi dare garanzia su fondi cappati di altri, se il cap è basso, equivale a distribuire una pentola di minestra che (si sa in partenza) non basterà a sfamare tutti, e quindi non è un lavoro dove si vede chi è bravo a scodellare e chi no. Anzi, può darsi che appaia più bravo chi la distribuisce tutta subito finché è calda. Anche su questo filone di attività, per i confidi il rischio di essere spiazzati dalle banche è altissimo (la garanzia cappata sussidiaria non dà sconti di capitale regolamentare, a meno che la banche faccia una tranched cover, ma in questo caso fa a meno del confidi).
RispondiEliminaquando unicredit escuteva a piene mani le garanzie sulle operazioni impresa italia e ripresa italia parlava molto bene dei confidi......
RispondiEliminaCi vuole coraggio e molto ad affermare che i confidi minori " consumano" i fondi pubblici. Gli specialisti del bolg ben sanno che la contribuzione devoluta dallo stato o dalle regioni a fondo patrimoniale e a patrimonio di vigilanza viene - s i s t e m a t i c a m e n t e - fatta transitare interamente nel conto economico per coprire le perdite di gestione efferate e zeppe di supercostose consulenze . Ma di che cosa state parlando ? Ma siate piu' seri per cortesia i nostri soldi attualmente vengono devoluti ai confidi vigilati che, coperte le loro immonde spese, li girano driti dritti alla pancia delle banche per coprire i buchi delle ziende gia' fallite !
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