[aggiunta del 16/12: la proposta di cui a questo post è commentata sulla base di informazioni più complete e aggiornate in quest'altro post del 15/12]
Il dottor Biscotto, vicepresidente dell'associazione Pmi Sicilia, mi segnala in un lungo commento a un post l'emendamento alla legge di Stabilità che sarà presentato su iniziativa del sottosegretario al MiSE Simona Vicari: l'intervento riguarderebbe la creazione di un fondo per la capitalizzazione dei confidi aperto anche ai confidi 106 (aggiuntivo rispetto a quello cofinanziato da Fondo Pmi e risorse camerali, riservato ai 107 e ai 106 coinvolti in aggregazioni). Cito dal suo commento:
Se dovesse passare, insieme con il Fondo approvato dal Senato destinato ai soli 107, avremo due veicoli da costituire, finanziare, regolamentare, gestire operativamente, ecc. ecc. I 107 potranno accedere al primo e al secondo, i 106 non aggregandi soltanto al secondo.
E' un bene, un male? Two funds is better than one (per il teorema del Maxibon)?
Per me è un male, il mondo confidi si conferma quella realtà tanto composita e magmatica, da essere praticamente inconoscibile, inorganizzabile, irrappresentabile, irriformabile.
Consentitemi un corollario: pmiRagusa, associazione locale che ha contribuito a ispirare questa proposta di emendamento, oltre alla garanzia offre il classico menu di servizi per le imprese tipico delle associazioni dello small business (consulenza fiscale e contabile, sportello export, formazione, e altro). Guardate questo video sull'inaugurazione del nuovo centro direzionale a Comiso, davvero impressionante per l'imponenza del fabbricato e la partecipazione di esponenti politici e di operatori economici e cittadini.
A quanto pare, l'offerta di servizi finanziari (garanzia compresa) e professionali alle Pmi attrae ancora forti investimenti, nonostante la crisi economica prolungata e la capillare presenza delle sigle associative storiche (che vantano sedi non meno prestigiose e talora di recente inaugurazione). Sarà perché lo status di associazione dà una serie di vantaggi, primo fra tutti l'accesso a fondi e programmi supportati da denaro pubblico. Sarà perché c'è spazio per innovare, e un nuovo soggetto con professionisti dinamici e ben introdotti nell'ambiente locale (professionale, bancario, imprenditoriale, politico) può facilmente ottenere dei risultati mettendosi in concorrenza con associazioni magari un po' attempate e gravate da costi di struttura.
Ciò è perfettamente razionale nell'ottica dei singoli soggetti che competono tra di loro. Purtroppo, a livello di sistema genera una stasi paralizzante nella capacità di innovare l'assistenza alle imprese, nonostante i molti aiuti normativi e finanziari: il grosso del lavoro lo si fa su servizi obbligatori (fisco, lavoro, sicurezza), sponsorizzati (formazione, consulenza export), o su attività di pura mediazione commerciale. Sarebbe interessante misurare il valore aggiunto per le imprese di questi servizi rispetto ai costi di erogazione, in parte coperti con denaro pubblico.
Ma anche gli erogatori di servizi sono insoddisfatti. Anche per colpa della crisi, molte associazioni perdono soci (e utenti) e fanno fatica a coprire i costi. Che si fa allora? Si va a bussare alla porta dell'ente pubblico (più o meno prossimo) e si chiede di mettere degli altri soldi per rifinanziare i programmi o, meglio ancora, lanciarne di nuovi. Se la proposta è attraente sotto il profilo della comunicazione politica o del ritorno in termini di consenso, il politico dice sì, se poi i soldi ci sono i programmi vecchi e nuovi vengono finanziati.
Alla fine ci ritroviamo in una grande palude, con schiere di insoddisfatti. Chi per un po' è stato aiutato ma ora non più perché i soldi sono finiti, si arrabbia. Si arrabbia (se non si dispera) pure chi ha un bisogno nuovo, urgente e complicato, ma non trova nessuno che gli risponde perché non è capace, non ha voglia o non ci può incassare un voucher sicuro.
Se uno poi va a vedere la fiumana di soldi pubblici che è stata spesa con l'intenzione dichiarata di aiutare le imprese, comincia a gridare allo scandalo. Se è di temperamento focoso scende per le strade.
I Forconi nascono anche da questo guazzabuglio.
Comunque, tornando al dott. Biscotto: mi congratulo per l'attenzione che la sua proposta ha ricevuto al MiSe, anche se non la condivido. Vediamo ora che cosa accadrà nel dibattito alla Camera. Io dubito che passerà, forse contribuirà alla mutazione genetica del Fondo capitalizzazione approvato in Senato, aumentando la complessità della sua attuazione.
Alla fine, forse arriverà qualche risorsa finanziaria in più per i confidi.
Ma i loro problemi strutturali resteranno irrisolti.
Il dottor Biscotto, vicepresidente dell'associazione Pmi Sicilia, mi segnala in un lungo commento a un post l'emendamento alla legge di Stabilità che sarà presentato su iniziativa del sottosegretario al MiSE Simona Vicari: l'intervento riguarderebbe la creazione di un fondo per la capitalizzazione dei confidi aperto anche ai confidi 106 (aggiuntivo rispetto a quello cofinanziato da Fondo Pmi e risorse camerali, riservato ai 107 e ai 106 coinvolti in aggregazioni). Cito dal suo commento:
La modifica, elaborata anche sulla base delle indicazioni fornite dall'associazione delle piccole e medie imprese, riguarda l'articolo 33 del disegno di legge che prevedeva inizialmente solo “misure volte a favorire i processi di crescita dimensionale e di rafforzamento della solidità patrimoniale dei confidi sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia”. Infatti è stato aggiunto l'articolo 33-bis che recita testualmente: “Una somma pari a 70 milioni di euro per l'anno 2014, a 70 milioni di euro per l'anno 2015 e 70 milioni di euro per l'anno 2016 è destinata dal sistema delle Camere di Commercio al sostegno dell'accesso al credito delle piccole e medie imprese attraverso il rafforzamento dei Confidi, ivi compresi quelli non sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia, anche utilizzando una quota della dotazione annuale del fondo di perequazione di cui all'articolo 18, comma 9 della legge 29 dicembre 1993, n.580, così come modificata dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n.23. I criteri e le modalità di attuazione e di monitoraggio del presente comma sono definiti con il decreto di cui all'articolo 18, comma 9 della precitata legge 29 dicembre 1993, n.580".Mi sorprende questa apertura di un nuovo canale di "interessamento" del Governo e del Parlamento verso le vicende dei confidi. Se intendo correttamente, l'iniziativa è stata presa da un confidi 106 affiliato a una rete di associazioni d'impresa (pmItalia) nata di recente e non allineata con le sigle storicamente note. Forse è questo il motivo per cui il dott. Biscotto si è mosso autonomamente rispetto ad AssoConfidi. AssoConfidi ha chiesto un fondo di capitalizzazione ad erogazione automatica per tutti, il Senato ha risposto con un fondo riservato ai 107 e ai 106 "aggregandi"; pmItalia, in rappresentanza dei 106 "non allineati", ha trovato udienza presso un sottosegretario del ministero competente (con il MEF) ed è nata questa proposta.
Se dovesse passare, insieme con il Fondo approvato dal Senato destinato ai soli 107, avremo due veicoli da costituire, finanziare, regolamentare, gestire operativamente, ecc. ecc. I 107 potranno accedere al primo e al secondo, i 106 non aggregandi soltanto al secondo.
E' un bene, un male? Two funds is better than one (per il teorema del Maxibon)?
Per me è un male, il mondo confidi si conferma quella realtà tanto composita e magmatica, da essere praticamente inconoscibile, inorganizzabile, irrappresentabile, irriformabile.
Consentitemi un corollario: pmiRagusa, associazione locale che ha contribuito a ispirare questa proposta di emendamento, oltre alla garanzia offre il classico menu di servizi per le imprese tipico delle associazioni dello small business (consulenza fiscale e contabile, sportello export, formazione, e altro). Guardate questo video sull'inaugurazione del nuovo centro direzionale a Comiso, davvero impressionante per l'imponenza del fabbricato e la partecipazione di esponenti politici e di operatori economici e cittadini.
A quanto pare, l'offerta di servizi finanziari (garanzia compresa) e professionali alle Pmi attrae ancora forti investimenti, nonostante la crisi economica prolungata e la capillare presenza delle sigle associative storiche (che vantano sedi non meno prestigiose e talora di recente inaugurazione). Sarà perché lo status di associazione dà una serie di vantaggi, primo fra tutti l'accesso a fondi e programmi supportati da denaro pubblico. Sarà perché c'è spazio per innovare, e un nuovo soggetto con professionisti dinamici e ben introdotti nell'ambiente locale (professionale, bancario, imprenditoriale, politico) può facilmente ottenere dei risultati mettendosi in concorrenza con associazioni magari un po' attempate e gravate da costi di struttura.
Ciò è perfettamente razionale nell'ottica dei singoli soggetti che competono tra di loro. Purtroppo, a livello di sistema genera una stasi paralizzante nella capacità di innovare l'assistenza alle imprese, nonostante i molti aiuti normativi e finanziari: il grosso del lavoro lo si fa su servizi obbligatori (fisco, lavoro, sicurezza), sponsorizzati (formazione, consulenza export), o su attività di pura mediazione commerciale. Sarebbe interessante misurare il valore aggiunto per le imprese di questi servizi rispetto ai costi di erogazione, in parte coperti con denaro pubblico.
Ma anche gli erogatori di servizi sono insoddisfatti. Anche per colpa della crisi, molte associazioni perdono soci (e utenti) e fanno fatica a coprire i costi. Che si fa allora? Si va a bussare alla porta dell'ente pubblico (più o meno prossimo) e si chiede di mettere degli altri soldi per rifinanziare i programmi o, meglio ancora, lanciarne di nuovi. Se la proposta è attraente sotto il profilo della comunicazione politica o del ritorno in termini di consenso, il politico dice sì, se poi i soldi ci sono i programmi vecchi e nuovi vengono finanziati.
Alla fine ci ritroviamo in una grande palude, con schiere di insoddisfatti. Chi per un po' è stato aiutato ma ora non più perché i soldi sono finiti, si arrabbia. Si arrabbia (se non si dispera) pure chi ha un bisogno nuovo, urgente e complicato, ma non trova nessuno che gli risponde perché non è capace, non ha voglia o non ci può incassare un voucher sicuro.
Se uno poi va a vedere la fiumana di soldi pubblici che è stata spesa con l'intenzione dichiarata di aiutare le imprese, comincia a gridare allo scandalo. Se è di temperamento focoso scende per le strade.
I Forconi nascono anche da questo guazzabuglio.
Comunque, tornando al dott. Biscotto: mi congratulo per l'attenzione che la sua proposta ha ricevuto al MiSe, anche se non la condivido. Vediamo ora che cosa accadrà nel dibattito alla Camera. Io dubito che passerà, forse contribuirà alla mutazione genetica del Fondo capitalizzazione approvato in Senato, aumentando la complessità della sua attuazione.
Alla fine, forse arriverà qualche risorsa finanziaria in più per i confidi.
Ma i loro problemi strutturali resteranno irrisolti.
Sono (sempre) talmente daccordo con lei professore che a questo punto mi chiedo perchè la sua battaglia resta sempre e comunque inascoltata (naturalmente la risposta la so)?
RispondiEliminaAllora le dico che è ora di iniziare a reclutare seguaci pronti a profanare il tempio della "Galassia dispersiva dei Confidi".
Ci sara mai un vero ACI (DI RIFLESSO ALL'ABI)?
Caro Marco, i confidi 107 stanno facendo squadra più che in passato, ma restano comunque un gruppo non coeso per la grande diversità in termini di dimensioni, legami associativi, ecc.
RispondiEliminaLa cosa triste è che i confidi di ogni taglia si muovono insieme principalmente quando c'è da reagire a qualcosa di esterno (possibili aiuti, rischio di perderli, obblighi normativi). C'è qualche tentativo di muoversi in chiave propositiva, come le proposte lanciate da Assoconfidi a supporto dell'azione sulla Legge di stabilità, ma è come un lavoro che fiorisce su un "pretesto" contingente, che non ha la profondità e continuità che servirebbero per rifondare la missione dei confidi in questo quadro così drammaticamente difficile.