Al fine di portare il coefficiente di solvibilità al 12% (dal 7,5-8% di fine 2013), Eurofidi ha in programma un aumento di capitale da 50 milioni. L'operazione, preparata nello scorso ottobre con una riorganizzazione dei veicoli societari (vedi post), ha un impatto sulle quote di partecipazione.
Storicamente, il maxi-confidi torinese ha soci forti, non Pmi, rappresentati da Finpiemonte e dalle maggiori banche italiane. Nell'ottobre 2013 la Regione (tramite Finpiemonte partecipazioni) aveva manifestato l'intenzione di ridurre la sua quota e recedere parzialmente. Poco dopo il socio pubblico aveva cambiato idea. Il CdA di Eurofidi intendeva far approvare l'aumento in assemblea straordinaria il 30 gennaio (ieri, vedi comunicato). La Regione, per voce dell'assessore Ghiglia, aveva invece raccomandato un rinvio della decisione, per poter valutare nel merito (con una apposita due diligence) l'apporto di capitale richiesto per non diluire la propria quota (attualmente del 17,5%).
Alle fine, ieri l'aumento non è stato approvato: slitta quindi la sua esecuzione.
In questa news i due interlocutori (l'assessore Ghiglia e il presidente di Eurofidi Nobili) chiariscono che tra loro non c'è nessun braccio di ferro. Per Nobili la decisione è presa: l'aumento di capitale si deve fare:
E' un mondo strano, quello dei confidi. C'è un comparto, quello dei 107, vigilato due volte: dalla Banca d'Italia e dai consulenti ingaggiati dalle Regioni per le due diligence. Il comparto dei minori può essere coinvolto nelle due diligence generalizzate (come quella fatta in Lombardia), ma può anche dire (se ciò accade) che il suo sistema informativo-contabile non consente di estrarre le informazioni richieste, che ovviamente ricalcano la matrice delle segnalazioni di vigilanza.
E poi, quando arrivano i rapporti dei consulenti, che uso ne fa la politica? Giudicare i confidi, classificarli in validi e meno validi, rimane un esercizio discrezionale. Il soggetto pubblico dovrebbe rispondere a poche domande di fondo: il confidi ha dato un contributo rilevante alla mobilitazione di credito addizionale? Ne ha ridotto il tasso effettivo a carico dell'impresa? Ha assistito l'impresa nelle sue scelte? Ha prestato questi servizi in condizioni di efficienza, usando bene i fondi pubblici a vario titolo ottenuti? Temo che le due diligence diano risposte generiche e opinabili ai quesiti sopra elencati. E alla fine la decisione rimbalza su un piano di consenso e comunicazione politica, per cui il confidi non deve dimostrare le qualità sopra dette, ma soltanto di essere il buon samaritano (paragone improprio, perché nella parabola quest'ultimo paga di tasca sua per il poveretto che soccorre).
Storicamente, il maxi-confidi torinese ha soci forti, non Pmi, rappresentati da Finpiemonte e dalle maggiori banche italiane. Nell'ottobre 2013 la Regione (tramite Finpiemonte partecipazioni) aveva manifestato l'intenzione di ridurre la sua quota e recedere parzialmente. Poco dopo il socio pubblico aveva cambiato idea. Il CdA di Eurofidi intendeva far approvare l'aumento in assemblea straordinaria il 30 gennaio (ieri, vedi comunicato). La Regione, per voce dell'assessore Ghiglia, aveva invece raccomandato un rinvio della decisione, per poter valutare nel merito (con una apposita due diligence) l'apporto di capitale richiesto per non diluire la propria quota (attualmente del 17,5%).
Alle fine, ieri l'aumento non è stato approvato: slitta quindi la sua esecuzione.
In questa news i due interlocutori (l'assessore Ghiglia e il presidente di Eurofidi Nobili) chiariscono che tra loro non c'è nessun braccio di ferro. Per Nobili la decisione è presa: l'aumento di capitale si deve fare:
”Abbiamo responsabilità nei confronti delle imprese che ci chiedono di supportarle – spiega il presidente di Eurofidi Massimo Nobili -. Senza un’adeguata patrimonializzazione siamo costretti a inserire strumenti di verifica molto più restrittivi che vanno a penalizzare il rilascio di garanzie. [...] Detto questo ”non vedo nulla di male in un approfondimento”, aggiunge Nobili: “si poteva procedere comunque, approvare l’aumento, vincolandone l’attuazione al risultato della due diligence, si e’ decisa invece una posizione più prudente”. [...] Nella decisione della due diligence indicata da Finpiemonte – osserva Nobili – non leggo ne’ sfiducia ne’ volontà di controllo”.E la Regione che dice?
E’ quanto sottolinea anche Ghiglia. “La Regione, e il sottoscritto, ritengono fondamentale il ruolo dei Confidi a sostegno delle PMI”, dice l’assessore alle partecipate della Regione e coordinatore di Fdi in Piemonte. “Si tratta di soggetti che svolgono una funzione sociale di fondamentale importanza, soprattutto in un momento di gravissima crisi economica e di un’eccessiva rigidità – spesso dettata da norme europee capestro tipo le varie “Basilea”- del sistema bancario che rende un miraggio l’accesso al credito per le aziende in difficoltà.Non mi sembra il massimo come interlocuzione tra i due protagonisti, da un lato i primo confidi della Regione (e d'Italia) e dall'altro il principale sponsor pubblico del territorio di origine (il primo sponsor di Eurofidi è lo Stato, con il Fondo centrale di garanzia). I rispettivi ruoli, i termini dell'accordo, i criteri di valutazione, non sono per nulla chiari. Il primo spiffero che mi è arrivato sulla vicenda è questa news dall'edizione locale di Repubblica, dove si commenta lo stop della Regione all'aumento di capitale:
Preoccupano i conti di Eurofidi. Nel 2012 il consorzio che si occupa di garantire i "prestiti" al sistema produttivo ha chiuso i conti in negativo: 18 milioni. Nel 2013, il bilancio non è ancora chiuso, nei corridoi si parla di un altro meno, ancora più pesante: intorno ai 30 milioni. In due anni bruciati circa 48 milioni. È vero, la crisi incide e uno dei compiti di Eurofidi è anche quello di fare da leva di sviluppo quando i rubinetti delle banche si chiudono. Ma la Regione, tenendo presente che il capitale di Eurofidi è di 28 milioni, vuol fare chiarezza prima di dare il via libera all'aumento.Poi il comunicato di Eurofidi ("andiamo avanti"), poi la precisazione della Regione ("piena fiducia in Eurofidi"), e infine l'accordo sul rinvio di cui sopra. E ora, a poco più di un anno dall'ispezione di Banca d'Italia, una due diligence affidata con gara a una primaria società di consulenza. Per valutare un'operazione che comunque si deve fare.
E' un mondo strano, quello dei confidi. C'è un comparto, quello dei 107, vigilato due volte: dalla Banca d'Italia e dai consulenti ingaggiati dalle Regioni per le due diligence. Il comparto dei minori può essere coinvolto nelle due diligence generalizzate (come quella fatta in Lombardia), ma può anche dire (se ciò accade) che il suo sistema informativo-contabile non consente di estrarre le informazioni richieste, che ovviamente ricalcano la matrice delle segnalazioni di vigilanza.
E poi, quando arrivano i rapporti dei consulenti, che uso ne fa la politica? Giudicare i confidi, classificarli in validi e meno validi, rimane un esercizio discrezionale. Il soggetto pubblico dovrebbe rispondere a poche domande di fondo: il confidi ha dato un contributo rilevante alla mobilitazione di credito addizionale? Ne ha ridotto il tasso effettivo a carico dell'impresa? Ha assistito l'impresa nelle sue scelte? Ha prestato questi servizi in condizioni di efficienza, usando bene i fondi pubblici a vario titolo ottenuti? Temo che le due diligence diano risposte generiche e opinabili ai quesiti sopra elencati. E alla fine la decisione rimbalza su un piano di consenso e comunicazione politica, per cui il confidi non deve dimostrare le qualità sopra dette, ma soltanto di essere il buon samaritano (paragone improprio, perché nella parabola quest'ultimo paga di tasca sua per il poveretto che soccorre).
Perché i contribuenti piemontesi debbono finanziare attività fuori regione?
RispondiEliminaSapio, non e' cosi'. Considera che il 24% e' rappresentato da banche di dimensioni nazionali, mentre la regione Piemonte, da sola, ha il 16,5%. Il primo gruppo ragiona su base nazionale. La regione su base regionale. Il 55% invece sono aziende (cioe' dei 50 milioni, vuol dire piu' della meta'). Forse la sfida e' li'.
RispondiElimina@VecchioAnarchico: intendi dire che si qualche attivista promuovesse l'associazione dei piccoli azionisti Eurofidi, ne vedremmo delle belle?
RispondiEliminaNo, no... Assolutamente. Intendevo solo dire che la questione non e' solo piemontese, come pensa sapio. Già da un po' le attività di Eurofidi in Piemonte sono sotto il 50% e, siccome il 55% del capitale e' rappresentato da pmi, c'e' da pensare che queste pmi non siano poi tutte piemontesi ...o no?
RispondiEliminaLa sfida sara' quella di convincerle ...
Proprio perché il problema non è solo piemontese sarebbe logico che la regione Piemonte vendesse proporzionalmente parte delle sue quote alle altre regioni, sedi delle PMI socie, lasciando loro anche l'onere della ricapitalizzazione.
RispondiEliminaAhhhh, ecco cos'era la fila di governatori davanti alla sede di eurofidi .... :-)
RispondiEliminaDal sito di eurofidi: garanzie in piemonte 20 %, rappresentanza sociale della regione 16,5% ...quasi quasi i conti tornano.
RispondiEliminaNo, non tornano. Se le regioni coprono il 16,5% del capitale, allora la regione Piemonte dovrebbe coprire il 20% del 16,5%.
RispondiEliminaSi va tutto bene ,ma come mai un risultato così negativo?come mai nessuno ha vigilato sul comportamento allegro di dare garanzie a tutti? C'è da pensare male...intanto chi ci sta rimettendo sono i dipendenti che vengono lasciati a casa ...aiutiamo le aziende con garanzie facili tanto chi paga e pantalone che schifo
RispondiElimina