martedì 18 agosto 2009

Ancora sulle colpe degli economisti



Interessante l'articolo di Robert Skidelsky sul Sole 24 ore (grazie a Sapio). Commenta la discussione sollevata sul Financial Times dal quesito della Regina: "Perché gli economisti non hanno saputo prevedere la crisi"? Skidelsky punta il dito contro l'uso improprio dell'approccio microeconomico, basato su modelli formali stilizzati, a problemi complessi che richiedono intuito, cultura storica, acume politico. Invoca un ritorno a Keynes. Il Sole riporta la difesa di Luigi Zingales e Tito Boeri, che giudicano anacronistiche le accuse.
Una difesa ancora più candida la fa Robert Lucas, in un pezzo ospitato dall'Economist:
The main lesson we should take away from the EMH [l'Efficient Market Hypothesis di Eugene Fama] for policymaking purposes is the futility of trying to deal with crises and recessions by finding central bankers and regulators who can identify and puncture bubbles. If these people exist, we will not be able to afford them. [...]
The charge is that the Fed’s FRB/US forecasting model failed to predict the events of September 2008. Yet the simulations were not presented as assurance that no crisis would occur, but as a forecast of what could be expected conditional on a crisis not occurring.[...]
Mr Mishkin recognised the potential for a financial crisis in 2007, of course. Mr Bernanke certainly did as well. But recommending pre-emptive monetary policies on the scale of the policies that were applied later on would have been like turning abruptly off the road because of the potential for someone suddenly to swerve head-on into your lane. The best and only realistic thing you can do in this context is to keep your eyes open and hope for the best.
Certo, è ridicolo montare una tendopoli in zone sismiche per il rischio di un possibile terremoto. Però si possono costruire case antisismiche, possibilmente non su una faglia. Se andiamo a vedere i manuali di scienza delle costruzioni (finanziarie) che andavano per la maggiore prima della crisi troviamo tutti modelli di case robuste a condizione che non ci sia un terremoto (o un lupo cattivo che soffia).
Comunque facciamo tesoro del consiglio: occhi aperti e speriamo in bene.

Luca

6 commenti:

  1. Quello che manca agli economisti non è la conoscenza della statica finanziaria (scienza delle costruzioni finanziarie) ma della dinamica (o meglio termodinamica) finanziaria. Molti, troppi, ignorano il secondo principio che ha molte formulazioni. Io preferisco questa "Il formaggio gratis sta solo nelle trappole per i topi".

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  2. A me sembra che coloro che si occupano di questioni economiche cerchino di circoscrivere, di `isolare' una questione, cioè di metterla a fuoco rispetto a tutti gli elementi che la circondano e che la permeano, per poter osservare gli elementi che vi influiscono. Lavorando poi al margine, immaginano cosa può accadere nella realtà se si rimuovono alcune ipotesi.
    Il risultato dipende dalle ipotesi che si rimuovono.
    Se si rimuovono le ipotesi che più si avvicinano alla realtà, il costrutto regge, è elegante ma spesso non spiega oggetti e comportamenti reali.
    Se si rimuovono le ipotesi che semplificano la realtà, il costrutto diviene più incerto, presenta crepe spesso irreparabili, ma spiega oggetti e comportamenti reali specifici i quali, tuttavia, rimangono sempre scarsamente generalizzabili.
    Ad esempio, è noto che l'economia neoclassica prevede un'equa distribuzione delle informazioni fra gli agenti: l'ipotesi contribuisce a creare un modello robusto. Ma, come è noto, l'ipotesi in questione non è realistica e quindi risulta scarsamente accettabile; rimuovendola, il modello non regge più e presenta crepe irreparabili.
    Gli studi di economia aziendale, invece, non si fondano su ipotesi così generali e difficilmente introducono ipotesi irrealistiche e scarsamente accettabili. Il prezzo che questi studi pagano, però, è quello di rendere ardua la costruzione di modelli generali e robusti.
    In conclusione io non credo che si debbano attribuire colpe: le colpa di quelli che si occupano di questioni economiche, eventualmente, sono quelle di vendere ricette senza disporne.
    Ma anche chi compra le ricette, e poi rimane deluso, non può non riflettere sull'atteggiamento semplicistico di avere cercato sicurezze in chi non è in grado di darne.

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  3. Homo homini lupus. Se non torniamo a regole certe da rispettare ed a sanzioni forti da applicare ai furboni ed ai furbetti dei vari quartierini,ogni analisi scientifica sarà comunque vana.
    "Antonio Gramsci, in una nota dei suoi Quaderni del Carcere,ricorda che l'origine dell'espressione dovrebbe trovarsi in una più vasta formula dovuta agli ecclesiastici medioevali, in latino grosso: homo homini lupus, foemina foeminae lupior, sacerdos sacerdoti lupissimus'.

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  4. Riprendo le note di Excelsus portando un aneddoto (raccolto dall'arguto collega Vittorio Mortara), con cui si introduce un quarto livello di rapporti lupeschi tra simili:
    "Il nono giorno Dio volle creare un essere eccelso, bellissimo, intelligente, magnanimo, e fece il professore universitario. Ma ecco che il maligno, invidioso, decise di opporre a tanto splendore un essere spregevole, infingardo, insipiente, meschino. E fece il collega del professore universitario."

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  5. Riprendo questo passaggio di excelsus: Se non torniamo a regole certe da rispettare ed a sanzioni forti da applicare... ogni analisi scientifica sarà comunque vana.
    A me sembra che le regole certe non possano che fondarsi su di una teoria robusta: il resto, cioè le sanzioni che ne discendono, possono essere condivise in forza della condivisione di quella teoria che sta a monte delle regole.
    L'analisi scientifica dovrebbe, dunque, essere ancora più a monte.
    Ma, in economia, è possibile giungere ad una teoria robusta?
    E poi, chi applica le sanzioni? E chi le fa rispettare?

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  6. E ammesso di avere le regole certe, e un foglio excel per non fare errori di calcolo, chi ci salverà dai dati truccati?

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