A Barcellona, come racconta Gigi Garanzini, è nata l'Agrupacion de Veteranos del Barça, associazione di vecchie glorie che vuole aiutare i compagni di un tempo che vivono un presente difficile, se non drammatico, a dare un senso al loro futuro (come spiega il presidente, l'ex-centravanti Raul Alfonseda).
Non è un caso che la squadra più bella e più forte del mondo ospiti nel suo entourage iniziative come questa. Ma tutte le comunità umane autentiche sono così: hanno un'anima, il senso di un'impresa grande da compiere e del valore infinito delle persone che vi partecipano. E' lo spirito giusto per far crescere il talento dei giovanissimi, ma anche per ridare gusto del vivere ai veterani provati dalle avversità. Li vanno a cercare, gli dicono "Siete con noi, quello che abbiamo fatto insieme vale per sempre." Questa è una scuola, di calcio e di umanità.
Non c'è forza né bellezza nel modo in cui stiamo affrontando, in Italia, gli effetti della crisi. Così almeno appare dai giornali. Guardiamo alle imprese in difficoltà: chi se le prende a cuore? Chi aiuta le persone che ci lavorano a ridare un senso al loro futuro? Sì, ci sono gli ammortizzatori sociali, le azioni dei sindacati e gli appelli dei governi locali. Ma bastano?
Il mondo ci sta cambiando intorno, abbiamo un'idea delle grandi tendenze, ma possiamo fare ben poco per prevedere e pianificare i problemi e i passi immediati. Ci vuole un'attenzione appassionata alle circostanze per vedere (prima di tutto) le possibilità per sé e per le persone di cui si è in qualche modo responsabili, dipendenti, colleghi, fornitori. Grazie al cielo, molte imprese si muovono con questa energia. Occorre aiutarle.
Proponendo i "tavoli dell'attenzione", Emma Marcegaglia chiede appunto di aiutare le imprese che hanno ancora la capacità di stare sul mercato, idee buone, ma sono in difficoltà, aggiungendo "Non vogliamo salvare le aziende decotte".
Perché non rimanga un auspicio, dobbiamo accettare il fatto che oggi, anche per le imprese più belle e meglio gestite, l'insuccesso è un evento possibile. Non c'è un confine netto tra imprese che ce la possono fare e altre spacciate.
Per questo non mi stancherò mai di ripetere che le politiche di rilancio delle imprese in difficoltà sono zoppe se non si accompagnano ad interventi di soluzione delle crisi non più recuperabili. E questo vale anche per le banche: se qualcuno pensa di cavarsela scaricando le perdite su altri perché è più sveglio, ci ripensi. Di perdite ce ne potrebbero essere tante da mandare tutti a fondo, se la regola diventa "il diavolo si prenda chi resta indietro".
Ma qui le istituzioni (e i tavoli) possono fare poco, occorre che persone vadano a cercare altre persone per dir loro "Siamo insieme, quello che siamo e che facciamo ha comunque un valore infinito"
Luca
Be .... cos'altro si può aggiungere.
RispondiEliminaNulla!
C'é solo da fare, con tanta passione.
Grazie Luca
Per questo c'è bisogno di osmosi di idee, capacita' e risorse (non solo economiche). Forse la parola 'tavoli' e' troppo evocativa di momenti costosi e inutili, ma occorre riprenderne il senso del confronto e del cercare soluzioni, nuove, originali, ed economiche. Con coraggio.
RispondiEliminaAltrimenti e' uno stanco trascinarsi e il tavolo un'inutile liturgismo.
A che punto stanno le proposte dell'open day o come vogliamo chiamarlo?
Associazioni, confidi, banche, uomini di buona volontà dove siete ?
D'accordo su tutta la linea.
RispondiEliminaPermettetemi un po' di polemica:
tavoli, sedie, poltrone e arredamento vario sono utili nel momento in cui portano ad azioni concrete e costruttive. La Marcegaglia chiede (giustamente) attenzione alle PMI ma si dimentica che alla sua associazione è iscritta anche la fabbrica italiana automobili di Torino che sta chiudendo Termini Imerese. La scelta aziendale non è discutibile. Se là la produzione è inefficiente allora bisogna chiudere. Il problema è COME chiudere la baracca. Chi ricorda alla FIAT (come stanno facendo politici e sindacalisti di tutti i colori) che lo Stato ha aiutato nei tempi difficili la FIAT, dovrebbe ricordarsi che la FIAT ha già pagato i suoi debiti con la politica e che forse (come i politici sanno ben fare) la richiesta odierna equivale ad esigere una cambiale già pagata.
Il fatto è che la crisi si manifesta come una coperta corta per tutti, politici, imprese e lavoratori. E quando c'era lana per tessere si è rimandato il problema a tempi migliori che non sono mai arrivati.
La Marcegaglia chieda pure "attenzione" alle piccole imprese. Ricordi anche al suo associato più importante che nonostante sia lecito ed economicamente corretto chiudere Termini Imerese, forse è il caso di prestare "attenzione" anche a chi ci lavora in quello stabilimento. Un bella iniziativa sociale per aiutare i lavoratori a reintegrarsi nel mondo del lavoro non ci starebbe male. Da persone a persone.
Ci vorrebbe un Raul Alfonseda che si facesse avanti con delle proposte concrete, e le portasse alla FIAT, ai sindacati, al Ministro Scajola, al presidente della Regione.
RispondiElimina