giovedì 29 aprile 2010

Verso una Finanziaria "macroregionale" del Nord?



Dando notizia della dichiarazioni di intenti Zaia-Profumo sui confidi in Veneto, avevo accennato al crescente e fattivo interesse della Lega Nord per il credito. A ulteriore conferma di questo, vi propongo questo articolo del Corriere di due settimane fa (grazie a Dodona per la segnalazione), nel quale si prospetta un'aggregazione tra le finanziarie regionali delle regioni settentrionali. Cito:
Con il neo governatore Luca Zaia, storico sostenitore di un maggior protagonismo della politica negli istituti di credito che, anche ieri, è tornato a ribadire «l' esigenza che le banche si mettano al servizio dei territori». Sottolineando «la presenza di una classe dirigente, finalmente non autoreferenziale, che è certamente espressa dalla Lega, ed è certamente in grado di guidare il sistema bancario verso questa direzione». Ma, appunto, non ci sono soltanto le banche. Le finanziarie regionali sono le casseforti con cui Piemonte, Lombardia e Veneto finanziano gli interventi a favore delle imprese e dello sviluppo. Giampaolo Chirichelli, presidente Finlombarda di designazione padana, rompe gli indugi: «Non si tratta soltanto di mettere a rete il knowhow di queste agenzie. I matrimoni, se si fanno, vanno consumati e il nostro obiettivo, assolutamente condiviso da Umberto Bossi, è quello di arrivare a una finanziaria del Nord». Che secondo Chirichelli non dovrebbe aver colore politico: «Noi speriamo che si uniscano a noi anche Trentino e Liguria. Una finanziaria unica sarebbe un fattore di chiarezza per gli imprenditori e di razionalizzazione di interventi fin qui necessariamente poco coordinati»
E' una provocazione forte. Sarà più facile fare al Nord quello che non si riesce a fare a livello nazionale, ovvero una piattaforma interregionale per le politiche finanziarie e creditizie rivolte alle imprese?

Luca

5 commenti:

  1. Ottima l'idea di una società finanziaria unica. Il mettere insieme le risorse di 3 regioni (meglio ancora se di 5), e quali regioni, potrebbe dare la possibilità alla nuova struttura di attenere rating davvero prossimo a quelli dello Stato. Il beneficio per la filiera del credito è di tutta evidenza.
    Ovvio che l'attività migliore da svolgere dovrebbe concentrarsi su controgaranzie (vere...)al sistema confidi.
    Speriamo che una volta tanto l'idea non si perda nel percorso politico, ma che anzi trovi le risorse, in primo luogo umane, per la sua realizzazione.

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  2. Come molte volte avviene nell'entusiasmo della vittoria politica si butta il cuore oltre l'ostacolo. Certo, il cuore batte per una finanziaria unica, anche il mio, perché questo darebbe maggiore efficacia ed efficienza all'intervento pubblico, aiuterebbe i confidi, aiuterebbe le imprese e tutta l'economia ne avrebbe un sicuro beneficio. L'ostacolo sta nel percorso politico, però.
    Se la Lega è diversa dagli altri si deve ancora vedere. Le province sono ancora lì nonostante tutti le volessero togliere. Le centrali nucleari si devono fare da qualche parte, i leghisti sono tutti a favore (ma in un'altra regione). Forse faremo le centrali venete in Piemonte e quelle piemontesi in Veneto.
    Vedremo se la Lega saprà fare sistema con le finanziarie regioniali, o saprà solo fare solo colore (verde, ovviamente). Tutto ciò per dire che auspico anch'io la finanziaria unica a guida manageriale (anche se di necessità il cda non potrà che essere lottizzato), ma fin che non la vedo non ci credo. Speriamo che le regioni e le finanziarie, nel frattempo, non restino, al verde.

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  3. corsi e ricorsi storici...
    siamo passati dagli anni 90 della privatizzazione furente (il sistema delle casse di risparmio scisso in due entità: le mega banche quotate e controllate da noccioli duri e le fondazioni bancarie per attività sociali, alimentate dai dividendi delle prime) ai revirements di questo periodo con finanziarie regionali, banche del sud a indirizzo pubblico ecc. ecc.
    Io, molto modestamente, mi interrogo sulla bonta' di queste scelte e controscelte, dettate pare anche da mode e tendenze mediatiche.
    Il credito pret a porter!
    Ad ogni modo, fuor di polemica:
    penso invece che al posto di nuovi enti a controllo politico occorra reindirizzare le dotazioni delle fondazioni: va bene l'arte, va bene la cultura, vanno bene i "merit goods (lirica, rassegne alte ecc.) va benissimo l'assistenza sociale ad es. agli anziani MA penso anche che questi enti della c.d. societa' civile sul territorio dovrebbero stanziare una parte dei propri denari a consorzi di garanzia fidi territoriali, in un periodo di grande difficolta' per l'accesso al credito. In questo modo si reinveste, socialmente, sul territorio una parte di quegli utili che il territorio crea con le sue pmi. Apporto diretto, controgaranzie o altro? lo si studi..
    Proposta rozza, grezza, finche' si vuole ma ritengo concreta, pragmatica, senza la creazione di nuove carrozze e carrozzine.

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  4. Sono d'accordo con jaures sulle fondazioni, ma vedo dei grossi problemi di consenso: le fondazioni devono rispondere strutturalmente alla politica e mettere dei soldi senza decidere delle poltrone non è nella loro natura. Purtroppo la logica politica, quella italiana (soprattutto con questa classe politica, e mi riferisco a tutti i colori presenti nel Parlamento, con le dovute eccezioni personali) non è per il bene pubblico, ma è dare soldi - avere voti, tutto il resto è funzionale a questo. Non è un caso che se ne parli adesso, soprattutto in Emilia. Gli amministratori emiliani (prevalentemente rosé, ormai di veramente rosso non c'è più nessuno, o forse non c'è mai stato) sono assediati dal vento verde del nord e pur di non perdere consenso sono disposti a far tirar fuori alle fondazioni due soldi anche per i confidi o per l'economia in generale (forse anche perché hanno finito di restaurare tutto il restaurabile, e comunque primum vivere, deinde philosophari).
    Ciononostante, credo che una finanziaria pluriregionale unica del nord assolva alla funzione di smarcare la negoziazione politica una volta sola anziché 5-6 volte, anche se con un processo più lungo e faticoso, ma, soprattutto, con una dimensione incrementata, possa frazionare i rischi e fruire di processi decisionali più snelli; non mi sentirei di parlare propriamente di economie di scala (a parte i consigli di amministrazione), ma di economie di scopo. A volte con un autobus si possono sostituire tante carrozze. L'importante è che non diventi un carrozzone.
    Se poi le fondazioni vogliono mettere qualcosa sul piatto assieme alle regioni, benvenga, nessuno ci sputa sopra, si vedrà lì se c'è buona volontà, vocazione al pubblico interesse o sfacciata richiesta di consenso da registrare nella partita doppia elettorale.

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  5. Sagge considerazioni, Gigi.

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