Per tutti gli intermediari vale il principio generale per cui gli investimenti in immobili e partecipazioni non devono superare il patrimonio di vigilanza. Gli intermediari iscritti all'albo ex art. 106 (nuovo) possono assumere partecipazioni qualificate (che consentono di esercitare il controllo o un'influenza notevole) per importi singoli non superiori al 15% del patrimonio di vigilanza dell'intermediario; la somma delle partecipazioni qualificate non deve andare oltre il 60% del patrimonio.
A differenza degli "altri intermediari", i confidi iscritti all'albo seguono regole più restrittive (vedi Titolo VII, capitolo 1, Sezione IV delle Disposizioni allegate al documento). Cito il passaggio:
i confidi possono assumere partecipazioni in: a) banche, imprese finanziarie e assicurative in misura non superiore al 20 per cento del capitale della società partecipata; è preclusa la detenzione, anche indiretta di partecipazioni di controllo in tali soggetti; b) società strumentali; c) società non finanziarie nel limite dell’1 per cento del patrimonio di vigilanza del partecipante o del 3 per cento nel caso di partecipazioni in organismi di categoria.Secondo il punto (c) sono consentite partecipazioni in società non finanziarie per limiti contenuti (1% del patrimonio del confidi). Un confidi può assumere partecipazioni di importo comunque significativo: ipotizzando un confidi "medio" con 200 milioni di garanzie e un patrimonio di 20 milioni, il limite individuale sarebbe l'1% di 20 milioni, ovvero 200mila euro. Una cifra non irrilevante per interventi in piccole imprese. I confidi oggi potrebbero mobilitarla per interventi in "imprese in temporanea difficoltà" e per finalità di "recupero crediti" (fattispecie entrambe considerate nelle Disposizioni in oggetto).
Ma l'opportunità non vale soltanto per i casi critici. L'impianto di vigilanza messo in consultazione consentirebbe ai confidi di operare come equity business office, come auspicavo un anno fa in questo post (ripreso tre mesi dopo in quest'altra riflessione su un caso concreto).
Proporrei di estendere alle partecipazioni in equity, la previsione speciale (che ripropone quanto già vigente per gli attuali "107") in materia di rischio di credito sulle tranched cover con copertura delle prime perdite fronteggiata da pari importo di fondi monetari vincolati. Il requisito patrimoniale relativo a tali interventi è pari all’ammontare dei fondi monetari stessi (al netto delle eventuali rettifiche di valore). Le stesse disposizioni prevedono che eventuali fondi vincolati (in genere alimentati da contributi pubblici), possano essere trattati come un deposito in contanti a protezione delle anzidette garanzie. In pratica, il rischio della tranche di prima perdita è azzerato da una garanzia reale finanziaria di pari importo e senza haircut.
La mia proposta (forse pleonastica) è consentire lo stesso trattamento per il rischio di perdita su investimenti in partecipazioni. In questo modo i confidi potrebbero mobilitare i fondi regionali per interventi di private equity che (se non vado errato) risultano sottoutilizzati.
Naturalmente entrambi gli auspici sopra formulati richiedono confidi capaci di essere financial advisors e partner delle imprese associate. C'è da lavorare (molto) anche su questo obiettivo.
Quando porto proposte di questo tipo, incontro in generale freddezza e scetticismo da parte dei confidi. E' comprensibile: sono già oberati dalle incombenze derivanti dall'attività core di garanzia, non saprebbero proprio dove trovare il tempo, le persone (e i ricavi) per fare gli advisor. Un'attività che non si può fare. Ma anche un'attività che non si vuole fare. O che non si deve fare. Perché? Perché c'è una divisione del lavoro da rispettare tra confidi, strutture associative, altri fornitori di servizi. Banalizzando, "la consulenza la fanno le associazioni". Non me lo sono inventato, è quello che sento spesso ripetere.
Non mi impiccio negli affari altrui, quindi dico: va bene, la consulenza come servizio amministrativo-fiscale (CAAF) o come sportello informativo o di accesso alle erogazioni (servizi credito e contributi) può rimanere in capo alle associazioni. Ribadisco soltanto l'urgenza di innovare (nei supporti informatici), e integrare (tra centri di erogazione) questi servizi.
Aggiungo però un nota bene: ai servizi attualmente offerti potrebbe affiancarsene un altro veicolato dai confidi, di contenuto consulenziale e finanziario (i confidi ci mettono i danée). Che può appoggiarsi ai servizi professionali di routine forniti da altre strutture. Se però queste strutture non hanno risorse informative o professionali adeguate, allora non si deve liquidare la questione dicendo ai confidi "statene fuori": si deve dare spazio ai confidi volonterosi, oppure si deve riorganizzare la filiera e la divisione del lavoro.
Ha senso quello che dico? Ha più senso bloccare sul nascere le riflessioni perché lo status quo no si discute?
Non e' un servizio impossibile da realizzare senz'altro molto complesso. La consulenza intesa come "raccomandazioni personalizzate" si deve collegare ad una conoscenza approfondita dell'azienda e dei suoi soci, ad un'analisi approfondita, all'accettazione delle soluzioni proposte e delle relative condizioni per la restituzione delle somme apportate. Cioè quanto si e' fatto finora per le medie aziende potrebbe diventare realtà per le micro. E se le istruzioni definitive confermeranno, tale opportunità andrà colta con determinazione. I confidi avrebbero la possibilità di elevare la professionalita' delle proprie risorse umane o di arrivarci gradatamente dando inizialmente in outsorcing il servizio.
RispondiEliminaConcordo !
RispondiEliminaMa il discorso riguarda tutti i Confidi - compresi quelli ex art. 155 - e con le medesime implicazioni?
RispondiElimina@Anonimo: le disposizioni in oggetto riguardano i confidi "maggiori". I "minori" hanno uno spettro di competenze più ristretto (garanzia collettiva e attività connesse e strumentali). Le norme di attuazione del DL 141 (che introduce la vigilanza soft dell'organismo gestore dell'elenco) sono ancora da definire.
RispondiEliminaChe i confidi accettino o meno questo discorso rileva sul fatto che vogliano tirare a campare o diventare protagonisti del futuro delle piccole imprese. La consulenza finanziaria (Business Office) è necessaria, tanto più con la crisi attuale; se il confidi ci mette anche il danée, poi, sarà ancora più pregnante e chiaro il fine mutualistico dal quale tutti i confidi non possono esimersi.
RispondiElimina@Luca
RispondiEliminaRingranzio per il chiarimemto.