Ricevo e volentieri pubblico il documento congiunto sottoscritto da Unioncamere e da Assoconfidi sulle politiche per l'accesso al credito delle micro, piccole e medie imprese. Ne avevo avuto un'anticipazione al recente seminario di Genova.
Come mi ero annotato, il documento è articolato in quattro punti: rafforzamento patrimoniale (grazie all'apertura del capitale dei confidi agli enti pubblici prevista dal Decreto Salva Italia di dicembre 2011), razionalizzazione del sistema via aggregazioni, armonizzazione delle regole di intervento camerale verso best practices, e meccanismi di orientamento dell'operatività dei confidi verso priorità di sistema, come appunto i progetti di internazionalizzazione delle imprese (in proposito si auspica la creazione di una sezione speciale del Fondo centrale di garanzia).
Il documento dice cose interessanti. Sul piano dell'attuabilità, deve fare i conti con l'esigenza (legittima) di rispondere a interessi molto diversificati (territori, settori, tipi di confidi). Non sempre si possono accontentare tutti. Ad esempio, sul punto caldo dell'intervento nel patrimonio, le Camere possono sottoscrivere quote di capitale sociale (Tier 1), e i confidi 107 (specialmente in alcune regioni) sarebbero ansiosi di ricevere le sottoscrizioni. Il documento però precisa che questa risorsa camerale deve andare a tutte le tipologie di confidi, e che sarebbe preferibile vincolarne la destinazione. Quindi sì agli apporti a capitale, ma a tutti, e con una preferenza per strumenti innovativi o ibridi, buoni per la Vigilanza, ma anche per specifici territori.
Le intenzioni sono ottime, ma rischiano di tradursi in tanti esercizi locali di quadratura del cerchio. A meno di continuare sulla strada collaudata dei contributi ad abbattimento tassi e degli apporti a fondi rischi, che non è il massimo di novità, massa critica e premio ai virtuosi, ma almeno produce benefici tangibili. Ci sarebbe l'alternativa: concentrare una parte importante delle risorse camerali su progetti infrastrutturali di sistema, o su interventi cofinanziati con le Regioni (come Confiducia). Ma ci sono anche altri soggetti "integratori" in concorrenza (Regioni, Federazioni, ecc.). Alla fine ho paura che prevarrà la forza centrifuga.
Come mi ero annotato, il documento è articolato in quattro punti: rafforzamento patrimoniale (grazie all'apertura del capitale dei confidi agli enti pubblici prevista dal Decreto Salva Italia di dicembre 2011), razionalizzazione del sistema via aggregazioni, armonizzazione delle regole di intervento camerale verso best practices, e meccanismi di orientamento dell'operatività dei confidi verso priorità di sistema, come appunto i progetti di internazionalizzazione delle imprese (in proposito si auspica la creazione di una sezione speciale del Fondo centrale di garanzia).
Il documento dice cose interessanti. Sul piano dell'attuabilità, deve fare i conti con l'esigenza (legittima) di rispondere a interessi molto diversificati (territori, settori, tipi di confidi). Non sempre si possono accontentare tutti. Ad esempio, sul punto caldo dell'intervento nel patrimonio, le Camere possono sottoscrivere quote di capitale sociale (Tier 1), e i confidi 107 (specialmente in alcune regioni) sarebbero ansiosi di ricevere le sottoscrizioni. Il documento però precisa che questa risorsa camerale deve andare a tutte le tipologie di confidi, e che sarebbe preferibile vincolarne la destinazione. Quindi sì agli apporti a capitale, ma a tutti, e con una preferenza per strumenti innovativi o ibridi, buoni per la Vigilanza, ma anche per specifici territori.
Le intenzioni sono ottime, ma rischiano di tradursi in tanti esercizi locali di quadratura del cerchio. A meno di continuare sulla strada collaudata dei contributi ad abbattimento tassi e degli apporti a fondi rischi, che non è il massimo di novità, massa critica e premio ai virtuosi, ma almeno produce benefici tangibili. Ci sarebbe l'alternativa: concentrare una parte importante delle risorse camerali su progetti infrastrutturali di sistema, o su interventi cofinanziati con le Regioni (come Confiducia). Ma ci sono anche altri soggetti "integratori" in concorrenza (Regioni, Federazioni, ecc.). Alla fine ho paura che prevarrà la forza centrifuga.
E' forse giunto il momento di fondare la Assoconfidi107 separandosi dai 106?
RispondiEliminaAssoConfidi è per le Federazioni di settore quello che R.ete Imprese Italia è per le associazioni datoriali: una rete di coordinamento e un veicolo di comunicazione. Negli ultimi anni si è sentita la mancanza di un'associazione più "tecnica", attenta alle esigenze dei 107 o loro diretta espressione. I confidi minori avranno l'Organismo gestore dell'elenco e dovranno pure loro coordinarsi di più.
RispondiEliminaPrima di creare nuove associazioni, è bene dare loro uno scopo preciso. Per me l'unità del "movimento" confidi è un valore: è il motivo per cui in epoca non sospetta invocavo l'innalzamento della soglia, per avere un comparto vitale e professionalizzato di confidi minori che dialoga e collabora con i maggiori, e non fa concorrenza al ribasso.
Abbinando i due tormentoni sanremesi di quest'anno e dell'anno scorso, traduco l'idea nel motto "Stiamo tecnici, stiamo uniti".
@Luca ... potrebbe anche prevalere la forza centripeta, nel senso di contributi a pioggia tutti che partono per la.... tangente (ma che poi alla fine servono a poco, se non sono sorretti da altre misure)
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