mercoledì 21 marzo 2012

Nicastro (Unicredit): apologia delle banche italiane in quattro punti

Roberto Nicastro, AD di Unicredit, interviene oggi sul Sole 24 ore argomentando sulle quattro accuse che l'opinione pubblica muove alle banche italiane: 1- le banche italiane tesaurizzano la raccolta - anche quella proveniente dalla BCE - e non la impiegano a beneficio dell'economia; 2 - le banche italiane sono troppo selettive; 3 - le banche italiane guadagnano troppo e hanno livelli di ROE malsani per l'economia; 4 - i costi medi dell'intermediazione bancaria e dei servizi bancari in Italia sono molto più alti che all'estero. Nicastro replica con argomenti fondati, non tutti risolutivi.
Sul punto 1, ricorda che il sistema dopo la crisi del debito sovrano ha subito un salasso di raccolta all'ingrosso, rimpiazzata (non incrementata) dal rifinanziamento a tre anni con la BCE; quindi è già un risultato aver mantenuto le posizioni sul finanziamento dell'economia (leggi moratoria) e del debito pubblico.
Sul punto 2 ricorda l'alto costo delle perdite su crediti verso le Pmi e le famiglie (20 miliardi); ammette che oggi il 20% delle domande di affidamento riceve un diniego, ed è un tasso di rifiuto storicamente alto. Forse era troppo basso negli anni pre-crisi (vedi perdite accumulate). Non si può fare di più, oggi, per ragionevole prudenza, a tutela dei risparmiatori.
Sul punto 3, confronta il ROE medio 2011 (2-3%) con il costo dell'equity preteso dalle azioni bancarie (12%) e nota che il primo è molto esiguo, e comunque insufficiente per attrarre capitali privati, o per fare autofinanziamento.
Il punto 4 è collegato col 3, e merita una citazione
La forbice o differenza tra tassi attivi e passivi che si colloca oggi attorno al 3% è fortemente scesa negli ultimi anni ed è ai più bassi livelli d' Europa. Come pure il fatturato "bancario" per famiglia è in fondo alla classifica europea, anche in relazione al minor indebitamento delle famiglie italiane. Il prezzo medio dei conti correnti bancari si è più che dimezzato negli ultimi 10 anni. Parecchi servizi sono poi prestati sottocosto. Anche le banche hanno le loro numerose "tratte dei pendolari" ovvero servizi o segmenti di clientela per i quali i costi di produzione superano (spesso abbondantemente) i ricavi. Per le banche italiane prodotti come i mutui vengono oggi erogati con costi e rischi (di rifinanziamento) visibilmente superiori ai tassi applicati; analogo discorso si può fare per la distribuzione dei titoli di stato. I milioni di clienti che fanno un uso non elettronico della banca generano costi spesso multipli dei ricavi praticati; in parecchi piccoli comuni i ricavi bancari non coprono i costi operativi degli sportelli.
Concordo sul fatto che le banche italiane ereditano dalle politiche passate una politica di prezzo sbilanciata con i servizi più "visibili" ed esposti alla concorrenza venduti sottocosto, una rete distributiva pletorica, ed esuberi di personale di seniority (e costo) elevati. La reazione è stata finora quella di recuperare redditività sui servizi più nuovi e sulle componenti di costo accessorie. Ci sono stati casi poco edificanti (anche nel gruppo Unicredit), come sempre accade quando la trattativa sul prezzo è il gioco di chi è più furbo a sfruttare il cross selling (o il cross buying).
La forbice era bassa, adesso si sta allargando drasticamente sulle nuove operazioni. Rimane bassa sugli stock perché c'è un pregresso di finanziamenti a euribor + spread intorno all'1%. Servirebbe una concertazione (nel rispetto della concorrenza) per farla evolvere ordinatamente verso una struttura sostenibile). E qui entrano in gioco anche i confidi, che devono monitorare il costo del credito con professionalità e correttezza; se però non hanno competenza, e una forza contrattuale basata sulla fedeltà di aziende socie bene selezionate e assistite, è un'illusione che possano riuscirci.
Sulle linee di prodotto in perdita c'è da chiedersi se non si possa riorganizzarle in maniera più efficiente. Molti paesi africani si stanno bancarizzando con forme di mobile banking che portano i servizi in località ben più remote delle nostre valli  e colline. Da noi molti sportelli si potrebbero chiudere, il problema è come ricollocare il personale, e come riconfigurare il servizio in modo da non far venir meno il livello di assistenza alla clientela.
In sintesi, non è giusto accusare le banche italiane di guadagnare troppo (come quelle di altri paesi) tirandosi indietro dal sostegno all'economia e scaricando sul bilancio pubblico i rischi. Su questo punto sono totalmente d'accordo con Nicastro. D'altro canto, il sistema messo così com'è oggi ha tante cose che pesano senza dare valore, che si potrebbero fare meglio, o che andrebbero radicalmente cambiate. A cominciare dalle competenze del personale, da rivitalizzare.

2 commenti:

  1. A questo blog manca il bottone "mi piace" e "non mi piace". Sarebbe utile. Anche per questo post (che "mi piace")

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  2. Sapio, puoi cliccare su "g+1", richiede l'iscrizione a Google+. Ho provato e mi sono autosegnalato.
    Grazie comunque dell'interesse.

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