La Commissione Europea ha incaricato il governatore della Banca centrale finlandese di presiedere un gruppo di lavoro indipendente sulle riforme strutturali del sistema bancario europeo. Rapporto Liikanen High-level Expert Group on reforming the structure of the EU
banking sector. Il tema caldo è la separazione delle attività di trading proprietario della banche dalle attività finanziate con raccolta da clientela coperta da assicurazione dei depositi.
Tutti (ad esempio questo articolo del Fatto Quotidiano segnalatomi da Sapio) ne parlano. Prima di commentare, mi leggerò il rapporto (più di 100 pagine). Temo che non esistano ricette semplici ed efficaci per smontare le formule di business bancario che hanno accentuato la crisi. Le grandi banche universali possono ostacolare in molti modi la riforme che ne toccano la struttura (è il caso della ricetta Liikanen) e il capital & risk management (vedi Basilea III). Hanno ancora un fortissimo potere di lobbying, ma ancor di più obiettano ai regolatori che la cura dimagrante e semplificatrice è inattuabile, perché richiederebbe riduzioni o ricomposizioni degli attivi e reperimento di nuovo patrimonio, che il mercato oggi non può sopportare.
E' in parte vero. Oggi gli sforzi di riforma dovrebbero concentrarsi sui percorsi di uscita dallo status quo indesiderabile tanto quanto sulla destinazione desiderabile. Serva una riforma profonda, questo è fuori discussione. Ma i nuovi modelli di banca usciranno più facilmente da un processo di rigenerazione e innovazione interna al sistema bancario (anche con l'ingresso di nuovi attori), piuttosto che dal restauro di formule di business superate che hanno lasciato in eredità bilanci fragili, strutture di costo pletoriche e ingiustificate (a cominciare dai compensi ai manager), personale disattento ai problemi reali.
Alla fine, banche che non rispondono agilmente ai bisogni dell'economia, perché devono provvedere ai propri, di bisogni. E che continuano a invocare (e ottenere) aiuto dai governi (salvataggi e garanzie), dalle banche centrali (denaro a basso costo e interventi sui mercati dei titoli).
Il sistema deve essere ristrutturato, non restaurato. E non si pensi di supplire ai ritardi della ristrutturazione con un giro di vite sui controlli prudenziali. Il rapporto Liikanen auspica un rafforzamento del risk management: ma serve davvero, quando le dinamiche, la volatilità dei mercati è così condizionata da eventi incerti, tra cui le decisioni delle autorità nazionali e sovranazionali? La bardatura di processi di controllo non è oggi un fattore di formalismo là dove servirebbero coraggio, concretezza, semplicità? Ve lo dice un modesto studioso che ha dedicato il 70% del suo lavoro di ricerca al risk management. Non è arrivato il momento di premiare le banche semplici con vincoli semplici (e magari più severi), anziché inseguire la complessità della gestione delle mega-banche con tonnellate di regole complicate (e aggirabili), che inevitabilmente si riverberano sulle piccole?
banking sector. Il tema caldo è la separazione delle attività di trading proprietario della banche dalle attività finanziate con raccolta da clientela coperta da assicurazione dei depositi.
Tutti (ad esempio questo articolo del Fatto Quotidiano segnalatomi da Sapio) ne parlano. Prima di commentare, mi leggerò il rapporto (più di 100 pagine). Temo che non esistano ricette semplici ed efficaci per smontare le formule di business bancario che hanno accentuato la crisi. Le grandi banche universali possono ostacolare in molti modi la riforme che ne toccano la struttura (è il caso della ricetta Liikanen) e il capital & risk management (vedi Basilea III). Hanno ancora un fortissimo potere di lobbying, ma ancor di più obiettano ai regolatori che la cura dimagrante e semplificatrice è inattuabile, perché richiederebbe riduzioni o ricomposizioni degli attivi e reperimento di nuovo patrimonio, che il mercato oggi non può sopportare.
E' in parte vero. Oggi gli sforzi di riforma dovrebbero concentrarsi sui percorsi di uscita dallo status quo indesiderabile tanto quanto sulla destinazione desiderabile. Serva una riforma profonda, questo è fuori discussione. Ma i nuovi modelli di banca usciranno più facilmente da un processo di rigenerazione e innovazione interna al sistema bancario (anche con l'ingresso di nuovi attori), piuttosto che dal restauro di formule di business superate che hanno lasciato in eredità bilanci fragili, strutture di costo pletoriche e ingiustificate (a cominciare dai compensi ai manager), personale disattento ai problemi reali.
Alla fine, banche che non rispondono agilmente ai bisogni dell'economia, perché devono provvedere ai propri, di bisogni. E che continuano a invocare (e ottenere) aiuto dai governi (salvataggi e garanzie), dalle banche centrali (denaro a basso costo e interventi sui mercati dei titoli).
Il sistema deve essere ristrutturato, non restaurato. E non si pensi di supplire ai ritardi della ristrutturazione con un giro di vite sui controlli prudenziali. Il rapporto Liikanen auspica un rafforzamento del risk management: ma serve davvero, quando le dinamiche, la volatilità dei mercati è così condizionata da eventi incerti, tra cui le decisioni delle autorità nazionali e sovranazionali? La bardatura di processi di controllo non è oggi un fattore di formalismo là dove servirebbero coraggio, concretezza, semplicità? Ve lo dice un modesto studioso che ha dedicato il 70% del suo lavoro di ricerca al risk management. Non è arrivato il momento di premiare le banche semplici con vincoli semplici (e magari più severi), anziché inseguire la complessità della gestione delle mega-banche con tonnellate di regole complicate (e aggirabili), che inevitabilmente si riverberano sulle piccole?
Minuscolo contributo: constato che i regolatori centrali non riescono a prevenire le bolle speculative (immobiliare in Spagna)e sanzionano con troppo ritardo comportamenti di azzardo (in Italia i derivati o prodotti dannosi come il famoso ForYou). Il sistema deve recuperare etica e moralità.
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