martedì 26 novembre 2013

Legge di stabilità: subemendamenti pro-confidi alla piattaforma nazionale di garanzia tutti respinti. Perché?

Dal sito del Senato seguo (vedi post di sabato 21/11)  il lavori sulla Legge di stabilità, in particolare l'emendamento 3.1000 che riassume le azioni in materia di garanzia, confidi e FCG. Ho notato un'intensa produzione di sub-emendamenti (entro il termine fissato per ieri sera), molti dei quali riprendono temi ispirati dalle rappresentanze dei confidi.

La versione del 3.1000 approvata in Commissione ha espunto o modificato le richieste del mondo confidi.
Soltanto un sub-emendamento marginale è stato approvato ieri: allarga la condizione per l'accesso alla garanzia statale delle esposizioni presso la Cassa DDPP (tolto il riferimento "non compatibili con il regime di Vigilanza").
Nella finestra temporale lasciata fino a ieri sera, erano arrivate altre proposte (sono numerose, non le elenco tutte), tutte respinte o giudicate inammissibili:

  • 3.1000/5: creazione di una Consulta per le politiche pubbliche in materia di garanzie alle Pmi, con partecipazione dei Ministeri, delle Associazioni d'impresa, delle Regioni e dell'ABI, operante a lato del Comitato di gestione del Fondo (che l'emendamento 3/1000 ha sottoposto a cura dimagrante); abbassamento del valore minimo dei portafogli ammessi alla garanzia del nuovo fondo "Innovazione" da 500 milioni a 150 milioni; ripristino della proposta Assoconfidi di Fondo per la ricapitalizzazione, con fondi soltanto da FCG (senza coinvolgimento di Unioncamere e conseguente cofinanziamento con i diritti camerali) e distribuzione semi-automatica a tutti i confidi nei limiti dell'1% dello stock di garanzie.
  • 3.1000/7: garanzie FCG su portafogli di garanzie confidi trattate massivamente.
  • 3.1000/10: rimozione della previsione di utilizzare risorse FCG per le escussioni di garanzie statali su ABS di prestiti Pmi acquistate da Cassa DDPP.
  • 3.1000/15: aumento dello stanziamento del fondo "Innovazione" con risorse provenienti dalle imposte sulla rivalutazione delle quote di partecipazione delle banche in Banca d'Italia.
  • 3.1000/16: ridefinizione del Comitato di gestione del FCG con l'inserimento di un membro designato dalle "principali organizzazioni rappresentative delle piccole e medie imprese".
  • 3.1000/18: riduzione da due a uno degli esperti nominati nel Comitato di gestione del FCG, con designazione da parte del MiSE.
  • 3.1000/34: creazione presso il MEF di un Fondo speciale per il sostegno alla formazione di cooperative di maestranze che subentri nella proprietà di stabilimenti chiusi per delocalizzazione o crisi.
  • 3.1000/38: [questo di parlamentari M5S è curioso e merita una citazione]
    • Alla lettera b), comma 15-septies, dopo il primo periodo, inserire il seguente: "Ai prestiti concessi alle piccole e medie imprese, garantiti dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a) della legge 23 dicembre 1996, n.662, è concessa una agevolazione sul tasso di interesse applicato commisurata alla minore rischiosità del credito concesso e garantito dal Fondo di garanzia medesimo." [perché agevolare nel tasso in proporzione alla minore rischiosità, non dovrebbe farlo la banca uno sconto di quell'entità? Così si dà una doppia agevolazione]
  • 3.1000/43: contributi a favore delle popolazioni colpite dal recente alluvione in Sardegna [perché li volevano mettere qui?]

 Altri emendamenti volevano introdurre termini ristretti per l'attuazione delle norme in questione.

Che indicazioni possiamo trarre dai lavori parlamentari su queste misure? Si potrebbe banalizzare dicendo che si è spaccata la "Compagnia della Moratoria" (mi riferisco all'Avviso comune, che rappresenta il momento di condivisione più ampia e protratta nel tempo tra Governo e associazioni delle banche e delle imprese). Nelle anticamere ministeriali e parlamentari si sono fronteggiati due gruppi di pressione: da un lato Confindustria e ABI, dall'altro le associazioni delle piccole imprese che hanno agito anche per mezzo di Assoconfidi.
Il tema principale della contesa è lo spostamento di risorse tra obiettivi vecchi e nuovi. Ad oggi è in vantaggio "ai punti" la prima squadra, che ha pescato risorse dal FCG per interventi più funzionali a progetti di maggiori dimensioni (supporto alle ABS-Pmi e fondo Innovazione) e alla rivitalizzazione della domanda di case (fondo Famiglie), gestiti direttamente dalle banche. La seconda squadra si è vista respingere diverse proposte: la contro-garanzia FCG, la richiesta di esclusiva sull'accesso al FCG per le pratiche piccole, l'aumento della quota riservata alla contro-garanzia, le tranched cover su portafogli confidi in essere, il programma di garanzie "massive" su portafogli. L'unico punto che è stato accolto è quello del Fondo ricapitalizzazione, che però è arrivato riveduto e corretto con lo sgradito cofinanziamento da fondi camerali, che ha provocato diffusi mal di pancia nelle Camere.
Perché la prima squadra ha fatto tre gol e la seconda ha ottenuto un calcio di punizione dal limite dell'area che soltanto un Pirlo in stato di grazia riuscirebbe a trasformare in rete, aggirando la barriera? Ha giocato un differenziale di peso politico (in termini di accesso e capacità di interlocuzione con gli esponenti del Governo e con le Direzioni ministeriali). Ha giocato anche l'abilità nello sposare temi socialmente sensibili (pensiamo al fondo per le famiglie aperto alle coppie senza un lavoro fisso).
Le proposte confezionate da Assoconfidi erano troppe e mischiate: alcune (fondo ricapitalizzazione e garanzie su pratiche in essere) erano chiaramente intese a sanare perdite e sofferenze pregresse; altre (richiesta di esclusiva e aumento della riserva) erano contestabili per gli effetti limitativi della concorrenza con costi a carico delle imprese; l'idea delle garanzie massive su portafogli di garanzie era la migliore della lista, ma avrebbe comportato uno stravolgimento delle prassi del FCG (e del modello di formazione dei margini del Gestore).
Consoliamoci dicendo che per le piccole imprese (e per i confidi) poteva andare peggio. Per quanto riguarda gli interventi del Fondo a favore delle imprese, siamo più o meno là dove eravamo prima, grazie all'immissione di risorse provenienti dai fondi statali di sviluppo e coesione (con qualche problema di rispetto della destinazione territoriale). La quota intermediata dai confidi non è stata compressa per decreto, ma si sono attaccati al serbatoio dei fondi in dotazione due nuovi tubi che scaricano verso altri sbocchi (i citati fondo innovazione e la garanzia statale sulle ABS-Pmi).
Tuttavia, non è stato affrontato nessuno dei nodi strutturali. Penso che le associazioni debbano riflettere, e investire su tre fronti: progettazione tecnica e organizzativa dei programmi di garanzia; gestione della relazione con le imprese; comunicazione. Penso che i temi dominanti della comunicazione fatta nei mesi scorsi ("garanzia come bene pubblico" in sostituzione del triste "confidi ammortizzatori sociali", associazioni come soggetti immedesimati con le imprese by definition) siano ormai abusati.
Anche i rapporti con la politica e le Direzioni ministeriali devono evolvere. Non è vero che i "grandi" abbiano un differenziale incolmabile di appeal a livello di Amministrazioni centrali, per cui i "piccoli" si devono rassegnare, e semmai rifarsi a livello regionale e locale, dove i loro voti pesano di più. Anche a Roma ci sono anche interlocutori attenti alle ragioni e alle proposte dei "piccoli". Occorre però dimostrare che si è capaci di confezionare proposte innovative, che fanno risparmiare denaro pubblico (anche con l'uso migliore dei capitali e delle risorse umane già a disposizione) e che migliorano la funzionalità del sistema di facilitazione dell'accesso al credito da parte delle Pmi (che è cosa più ampia del sistema di erogazione dei contributi pubblici).
E alla fine la contrapposizione tra grandi e piccoli è artificiosa. In tutte e due le popolazioni ci sono imprenditori dinamici e bravi, oppure imprenditori che lottano per tenere aperta l'attività, o per uscire dal mercato in modo non rovinoso. Tutti costoro meritano una finanza migliore di quella che è sopravvissuta alla crisi. Il segreto per proporre idee che meritano ascolto, e soprattutto per realizzarle, è dare voce a questi imprenditori, mettersi al loro servizio. Sarà di nuovo possibile riaprire un tavolo Governo - banche - imprese, con ambizioni più alte della moratoria.

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