venerdì 17 gennaio 2014

La Commissione Europea approva le nuove linee guida sugli aiuti alla "risk finance" (garanzie comprese)

Il 15 gennaio la Commissione ha approvato le "Guidelines on State aid to promote risk finance investments", che entreranno in vigore molto presto (dal 1° luglio 2014). Si tratta di un ridisegno radicale dell'attuale quadro degli incentivi finanziari alle imprese europee concessi al di fuori dei casi standard ammessi nel Regolamento generale di esenzione, o trattati in regime de minimis. Ne parla anche questo articolo del Sole 24 ore. Qui il comunicato della Commissione, e qui la pagina riepilogativa sulle misure di State Aid Modernisation a cui queste linee guida si ispirano.
Il provvedimento non avrà impatto universale sugli aiuti di Stato alle imprese: ha come ambito specifico la promozione di nuovi investimenti mediante finanziamenti che partecipano al rischio d'impresa (con un favor per le imprese nuove o innovative). In parallelo la Commissione sta elaborando nuove linee per gli aiuti ai salvataggi e alle ristrutturazioni delle imprese in crisi, oltre ad aver rivisto il regolamento per gli aiuti di importo limitato (de minimis), solo per citare due finalità delle politiche pubbliche complementari rispetto al sostegno della risk finance.

Che cosa cambia? Che impatto avrà sul mercato delle garanzie creditizie? Vediamo i punti principali definiti per il framework generale:

  • salgono (da 1,5 a 15 milioni di euro per anno per azienda) i limiti massimi agli investimenti in strumenti di risk finance agevolabili senza autorizzazione della Commissione purché conformi alle linee guida e ai criteri stabiliti nel Regolamento generale di esenzione [dettagli a pag. 13 del documento; attenzione, parliamo di valore dell'investimento, non dell'aiuto pubblico!];
  • si estende la platea delle imprese ammesse oltre i confini dell'aggregato Pmi (massimo 250 dipendenti), aggiungendo le small midcaps (dipendenti<500, ricavi < 100mn€, ricavi < 86mn€) e le innovative midcaps (dipendenti<1.500 e spese di ricerca e sviluppo > 15% (o 10%) dei costi operativi);
  • si arricchisce il menu degli strumenti, includendo programmi di equity (con alea estesa all'upside e al downside risk),  quasi-equity (con prevalente rischio di downside), garanzie, crediti d'imposta; si ammettono anche programmi per sistemi alternativi di trading (ad esempio circuiti di scambio di azioni o mini-bond);
  • si fissano delle soglie minime di partecipazione dei privati, che sono più basse laddove sono più critici i "fallimenti del mercato finanziario" compensati dall'intervento pubblico.
Il documento è molto articolato e disegna una mappa delle caratteristiche di rischio/rendimento degli strumenti finanziari, sulla quale traccia il profilo della partecipazione pubblica al rischio e del relativo impatto sugli investimenti e sulla crescita economica, nonché sulle dinamiche concorrenziali.

Per quanto riguarda le garanzie, si fissano alcuni punti (v. pag. 29 del documento):

  • devono essere limitate a nuove originazioni di prestiti, leasing e forme di quasi-equity (obbligazioni subordinate, titoli ibridi) con prevalente donwside risk; sono escluse le garanzie su equity;
  • i fondi pubblici sono concessi agli intermediari on portfolio basis, sono cioè preferite (penso in via esclusiva) le garanzie su portafogli di operazioni ammissibili; pertanto, le attuali garanzie dirette e contro-garanzie del nostro Fondo centrale Pmi, valutate e concesse su base individuale, non sarebbero compatibili con i nuovi criteri;
  • ci sarà la possibilità di introdurre dei cap di perdita garantita, e normalmente tale cap deve essere commisurato alle perdite attese sul portafoglio; se l'incidenza dello stesso cap supera il tasso di expected loss, la garanzia dovrà essere prezzata a livello superiore;
  • per evitare il sottoutilizzo dei fondi assegnati a fronte di programmi di erogazione che non sempre sono rispettati, i criteri prescrivono clausole di restituzione dei fondi esuberanti le effettive necessità, oppure commissioni onerose a carico degli intermediari sui fondi non utilizzati.
E ora qualche commento telegrafico:

  • la Commissione favorisce una riallocazione degli aiuti verso imprese più grandi e più innovative; questo farà contento il socio di maggioranza relativa dell'UE (la Germania) e i paesi del Nord Europa;
  • a livello italiano, abbiamo osservato la stessa dinamica verso una concentrazione dei soggetti erogatori e dei destinatari (pensiamo alla piattaforma nazionale di garanzia delineata nella Legge di stabilità); i nuovi orientamenti europei rafforzano questa spinta;
  • i confidi possono rimanere in questo mercato, ma soltanto quelli meglio attrezzati per gestire garanzie di portafoglio su larga scala, e sempre minacciati dalla maggior speditezza e dai minori costi operativi dei canali di garanzia diretta;
  • i confidi minori, e i programmi di aiuto alle micro e piccole imprese, dovranno far leva ancor di più su risorse locali; se si vorrà accedere ai fondi veicolati dallo Stato e dalle Regioni, si dovranno innovare gli strumenti e le procedure; forse si dovrà rinunciare in molti casi ad aiuti specifici ai piccoli, e favorire invece un equa ricaduta verso i fornitori, attraverso la supply chain finance, degli aiuti più facilmente ottenibili dai medio-grandi (vedi post di Fabio Bolognini); non è scontato;
  • le nuove linee guida non riguardano gli aiuti alle imprese in crisi; qui c'è da vedere che cosa consentirà la Commissione, e c'è da temere un ancor più drastico "effetto pigliatutto" da parte di imprese più grosse e politicamente visibili.

Insomma, la conclusione è la solita: difendere l'esistente può soltanto differire la resa incondizionata. La scena cambia, le risorse si spostano, i rapporti di forza schiacciano gli outsider che stanno fermi e rivendicano soltanto il proprio diritto a sopravvivere. Richiesta legittima, ma (lo riscontriamo, drammaticamente) non più tutelato.

4 commenti:

  1. Garanzie di portafoglio: queste sconosciute ma amate dagli enti agevolatori perché consentono loro di cavarsela dicendo: "noi abbiamo dato (pochissimo). Se non si eroga non è colpa nostra."
    Perché pochissimo? Aiutatemi nei calcoli. Prendiamo 100 mutui da 1 E ciascuno, scadenza ad un anno. Ponderazione 100%. Qual è la perdita attesa ed il costo dell'inattesa? Ricordo che l'inattesa è l'assorbimento patrimoniale pari all'8% (Basilea2). Il costo dell'inattesa è l' 8% moltiplicato per il ROE obiettivo lordo dell'intermediario.
    Poi immaginiamo che i cento mutui siano legati in un portafoglio a due strati (junior, senior). Cosa cambia? Utilizziamo la vecchia formula detta Supervisory formula.

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  2. Ho sperato che qualcuno continuasse il mio post ma nessuno lo ha fatto. Continuo io. Nella struttura a portafoglio, se la quota junior copre la PA (1,20%) + la PI (8%, in tutto 9,2%), allora la senior scende ad un ponderazione 7% (per ora, ma ci sono progetti normativi di portarla al 15%). Quindi non c’è nessun vantaggio (anzi c’è un ulteriore complicazione gestionale) nelle strutture a portafoglio rispetto a strutture non legate in portafoglio. La PI della junior spesso viene alla fine restituita al sottoscrittore. Conclusione: le strutture a portafoglio specialmente quelle “da formare” o con ramp-up non sono convenienti.

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  3. O meglio, sono convenienti per l'ente agevolatore che spende solo noccioline per fare bella figura. Rectius spende fichi secchi infatti le agevolazioni a a cap o tranched sono definibili "agevolazioni con i fichi secchi".

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  4. Comunque per comparare varie strutture bisogna seguire il metodo di cui sopra: 100 mutui ad un anno con ponderazione 100. E non, come fanno alcuni, mettendo in gara cavalli ed asini per concludere che i cavalli arrivano prima.

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