Sul Sole 24 ore di oggi, a pag. 2, un articolo (non linkabile) di Carmine Fotina anticipa i contenuti di un Decreto con cui il Ministro Scajola (Sviluppo Economico) intende finalmente lanciare, dopo due anni di incubazione, il Fondo Finanza d'Impresa (ne parlava qui uno dei suoi ideatori, Andrea Vecchia, dello staff dell'ex Ministro Bersani). Il FFI dovrebbe accorpare gli interventi pubblici a sostegno del private equity, con un focus sulle Pmi innovative nelle fasi di start-up e crescita. Diversi gli interventi attuabili, tra cui ricordiamo i seguenti:
- fondi rotativi pubblici creati da Stato, Regioni, finanziarie regionali per assumere partecipazioni in Pmi innovative o per garantire le perdite su partecipazioni assunte da società di venture capital; le partecipazioni assunte o garantite, comprensive della quota privata, non devono superare €1,5mn per azienda per anno; così formulato, il decreto non sfrutterebbe i maggiori spazi per aiuti di Stato al capitale di rischio consentiti dal recente piano anticrisi della Commissione Europea, che innalza i limiti agli apporti a €2,5mn per impresa per anno con una percentuale minima di fondi di origine privata del 30%.
- apporti pubblici a fondi di investimento di tipo chiuso fino al 50% per un massimo di 10 anni.
Il FFI, come noto, avrebbe dovuto assorbire anche gli interventi baati su garanzie creditizie, tra cui il Fondo centrale di garanzia per le Pmi. La bozza di decreto prefigura la gestione in house del Fondo centrale da parte di un veicolo pubblico, identificabile in Invitalia (ex Sviluppo Italia). A questo riguardo, l'articolo ribadisce le divergenze su chi dovrà gestire questo fondo (ne hanno discusso qui i nostri visitatori). Pare che il Ministero dell'Economia sia vicino alle posizioni di banche e associazioni, contrari all'affidamento in house. Per aggirare una possibile impasse, il capitolo garanzie potrebbe essere stralciato dal FFI.
I programmi di private equity hanno un grosso appeal politico, anche in tempi di crisi, specie se abbinati a buzzwords piacevoli (innovazione, start-up, hi-tech, imprese giovani). Le crisi sono il crogiuolo da cui si forgiano i vincitori di domani? Mah, può darsi, e se una Pmi ci riesce on un milione e mezzo di euro, tanto di cappello.
Il private equity che è esploso negli ultimi anni, prima della crisi era però rivolto in primis ad operazioni leveraged su imprese mature, un mercato tra i più colpiti dalla crisi. Gli apporti a Pmi innovative sono operazioni possibili per numeri piccoli, e con alti costi di istruttoria e monitoraggio. Gli intermediari specializzati ci sono, si tratta di capire quale può essere la popolazione delle imprese beneficiarie.
In tempi di crisi, c'è piuttosto fame di nuova finanza per ristrutturazioni e salvataggi, e non mi meraviglierei di vedere nei panni di Pmi innovative delle newco nate dalle ceneri di un'azienda in crisi. Stiamo a vedere. Io preferisco le cose chiare, e non starei ad inventarmi un business plan innovativo quando un'impresa, con fondamentali sani e non necessariamente innovativa, ha bisogno di iniezioni di capitale per affrontare la crisi su basi più solide. Questo dovrebbe essere possibile grazie alle deroghe temporaneamente concesse dalle misure anti-crisi dell'UE.
Certo che non è facile far funzionare i programmi pubblici basati su capitale di rischio: i fondi possono giacere inutilizzati, oppure essere bruciati in interventi assistenziali (vedi esperienza delle finanziarie d'investimento pubbliche negli anni settanta). Ma di questi tempi il secondo tipo di rischio minaccia qualsiasi aiuto finanziario, anche quelli legati al credito. Quanto al Fondo di garanzia, lo stralcio di questo tipo di interventi dal FFI sarebbe comunque positivo, se non altro per gestire distintamente strumenti che hanno obiettivi, meccanismi di efficacia, complessità, numeri, tutti drammaticamente diversi tra loro.
Luca
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.