Vado fuori dai nostri temi per commentare una notiziona: il lancio dei Ccteu, che comporta l'abbandono dello storico meccanismo di indicizzazione dei CcT a cedola variabile, che non saranno più legati ai tassi sui BoT a 6 mesi, bensì all'Euribor (sempre a 6 mesi). Nati nel 1977, i CcT sono stati per anni un pilastro dei portafogli obbligazionari delle banche e delle famiglie, fino a che il calo storico dei tassi e l'apertura agli investitori esteri non ha fatto prevalere l'emissione dei titoli di Stato standard, ovvero i BTp a tasso fisso. I CcT hanno il pregio di difendere l'investitore dal rischio di rialzo dei tassi. In realtà anche i CcT possono subire cali di prezzo rilevanti (è successo nel 2009): sono titoli a medio termine, quindi soffrono di un rialzo del credit spread dell'emittente, cosa purtroppo possibile e frequente sul mercato del debito sovrano negli ultimi mesi. Inoltre, nel caso specifico dei CcT indicizzati ai tassi BoT, possono risentire anche della scarsa familiarità del parametro di indicizzazione, dato che il mercato delle floating rate notes internazionale (come quello degli IRS) utilizza come parametro standard il Libor o l'Euribor.
Per rendere il CcT più appetibile, specialmente all'estero, e più liquido, si è quindi introdotta l'indicizzazione all'Euribor. Correttamente, il Tesoro vuole attrarre gli investitori avversi al rischio di rialzo dei tassi a medio-lungo (uno scenario non immediato, ma con probabilità crescente).
Alla valutazione dei CcT ho dedicato un modello che ha fatto ammattire (per la sua complessità, per gli standard del tempo) i partecipanti ai corsi di formazione della SDA Bocconi che tenevo negli anni ottanta (l'ho trattato diffusamente nel mio libro Valutazione dei titoli obbligazionari, pubblicato da Il sole-24 ore libri nel 1993). Un'altra vita.
Luca
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