Carmine Fotina, sul Sole 24 ore di oggi, richiama un problema noto da mesi: il rischio esaurimento della dotazione del Fondo centrale.
Per il momento la penuria di risorse deriva dal successo delle garanzie FCG controgarantite dallo Stato, che ha trascinato la crescita delle esposizioni garantite e quindi degli impegni della dotazione stanziata a copertura delle perdite potenziali, attese e inattese. Per ridurre l'assorbimento, Fotina ricorda i provvedimenti (v. nostro post) presi in marzo dal Comitato di gestione, che ha ridotto le quote di copertura così come le quote di accantonamento. L'articolo dice che nonostante le misure tampone il Fondo potrebbe bloccare le erogazioni nei prossimi mesi. Perché? Due sono le fonti a cui attingere per coprire le nuove erogazioni, il denaro fresco stanziato sul bilancio dello Stato ancora a fine 2008, e gli svincoli per rientri di operazioni scadute in bonis. Ora, i rientri si ridurranno perché il Fondo sarà chiamato a fronteggiare la proroga delle scadenze dei prestiti in moratoria, e inoltre perché i grossi volumi sono andati su mutui liquidità di durata media crescente.
Per ora, non di devono ancora fare i conti con impennate dei tassi di default, che sarebbero un'altra fonte, ma di guai. E' un problema di cui non si parla apertamente, così come non si parla della crescita dei volumi di garanzia diretta, che può essere usata dalle banche come volano di abbattimento dei requisiti patrimoniali, un Tremonti bond di piccolo importo, ma assai meno costoso.
L'articolo avanza le richiesta di un rifinanziamento del Fondo, e un corsivo di richiamo fa appello a Mister Pmi. Non accenna al Tavolo tra Governo e Regioni per un co-finanziamento con risorse delle seconde. Non parla di possibili riforme del sistema di garanzia (di cui pure si è parlato al Tavolo di cui sopra), che riducano il ruolo dello Stato a quello di contro-garante del rischio di default dei garanti di primo livello (confidi e fondi regionali). Non parla del nuovo gestore del FCG, che ancora non risulta selezionato per il ricorso di una finanziaria regionale contro la conferma dell'incarico al Mediocredito Centrale in associazione con altri partner minoritari. Non parla di riforma dei meccanismi di selezione delle pratiche e di trasparenza dell'effetto sul costo e sulla disponibilità di credito versi i beneficiari finali.
Sarebbe troppo parlare di tutti questi punti aperti, per un articolo che richiama su un problema oggettivo che minaccia l'unico strumento nazionale di peso azionato contro il credit crunch verso le Pmi. Ma è troppo il peso che si è caricato su quest'unico strumento, che oggi è di fatto il deus ex machina che risolve (o attenua) i problemi dei confidi, delle banche, delle amministrazioni regionali.
Non sarò io a dire che il problema dei soldi è un falso problema, che servono interventi sulla governance e le procedure. Se mancano i soldi, non ci sono storie: o se ne trovano degli altri, o si spendono meglio, o si attuano degli interventi equivalenti con altre risorse.
Però facciamoli bene, i conti sui soldi che servono. Facciamo una proiezione, con coraggio, dell'impatto dei default futuri, tenendo conto di un tasso di default realistico delle partite in moratoria. Confrontiamo l'impegno e i risultati del Fondo centrale con quello di altre misure come il Tavolo anticrisi del MiSE, che interviene in gruppi medio-grandi dove il passivo da puntellare si conta a decine o centinaia di milioni per azienda. E mettiamo in atto azioni di affiancamento alle situazioni di crisi non recuperabili anche per le piccole.
Il tutto lavorando insieme, tutti i soggetti sopra elencati (confidi, banche, Regioni) che si confrontano nei Tavoli e intanto si disputano a colpi di clic le risorse del Fondo centrale che ancora rimangono.
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