martedì 20 settembre 2011

Euroarea modello subprime

Ci sono analogie inquietanti tra la crisi del debito sovrano dell'Eurozona e quella dei mutui subprime.

Una famiglia a basso reddito di Detroit riusciva a finanziare nel 2006 il 100% del valore gonfiato di una casa (o peggio, se la perizia era taroccata). Con i soldi del mutuo poteva vivere sopra i propri mezzi. Le pareva di potercela fare perché il mercato delle CDO non vedeva male un indebitamento del 100%. Per rendere la cosa ancora più allettante, i broker offrivano tassi civetta, molto bassi, sulle prime rate. Poi si è scoperto il trucco: il mercato dei rifinanziamenti si è prosciugato, i tassi sono schizzati all'insù per i meccanismi di adeguamento da contratto, e per l'aumento del rischio percepito.
Un paese come la Grecia ha manomesso i conti pubblici con l'aiuto competente di Wall Street per entrare nell'Euroclub. E' diventato un debitore sovrano in valuta forte, e ha potuto raccogliere capitali con un piccolo aggravio di costo rispetto a Germania e Francia. Ha dilatato la spesa oltre i propri mezzi. Poi è venuta la crisi, con la difficoltà di rifinanziarsi e i tassi che schizzano in su di centinaia di punti base. Ma anche qui il trucco era palese fin dall'inizio.

3 commenti:

  1. Ci stiamo avvitando sui soliti problemi, solo più grandi e più gravi (nel senso di più pesanti per i cittadini, in particolare i giovani - che dovranno loro malgrado gestire la fine di un'epoca e la rinascita di quella nuova. A mio avviso, a questo punto arrivati, l'ipotesi com meno controindicazioni potrebbe essere quella di un default controllato. Meglio ancora sarebbe una sorta di Giubileo, come peraltro già preconizzato da Luca qui (http://aleasrv.cs.unitn.it/aleablog.nsf/archive/20090208-10:48%20AM?OpenDocument). Ovviamente i problemi sottostanti (ripensamento dello Stato moderno, controllo della spesa pubblica, organizzazione sociale) devono essere rivisti e affrontati.
    L'alternativa a questa soluzione sarebbe - a mio avviso - ancora più preoccupanete: l'incertezza sempre più tensio-attiva, genererà impulsi sociali sempre meno controllati e così via.
    Forse allora potrebbe venire in soccorso una parabola, dalla quale partire: «C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d'olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce".

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  2. Giusto, Beppe, bisogna darsi da fare, come il cattivo amministratore della parabola. Il problema è che i nostri cattivi amministratori hanno fatto una marea di debiti, non di crediti.

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  3. Qualcuno ha fatto loro credito... di fiducia.

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