Quest'articolo è uscito ieri sul Sole 24 ore.
Appena torno in possesso di una tastiera vera lo commento.
PS 30/7: Eccomi di nuovo a casa. Come promesso ecco le mie impressioni sull'articolo.
Marco Nicolai, come DG (prima) e Presidente (ora) di Finlombarda, ma anche come studioso, si è appassionato al settore confidi. Come molti osservatori, ha notato delle disfunzioni e delle debolezze strutturali. Si è fatto un'idea dei cambiamenti che occorrono, e tra questi vede come prioritario l'accorpamento dei confidi minori in strutture più efficienti e professionali, come afferma chiaramente nella chiusura dell'articolo.
Io penso di conoscere altrettanto bene le luci e le ombre del sistema confidi. L'immagine dei confidi "bonsai" l'ho proposta anch'io in diverse occasioni. Non ce l'ho contro i micro-confidi per principio, mi sembrano però il segno più evidente di una situazione dove chi c'è c'è, ed è libero di giocarsela come meglio crede. Se è piccolo e vuole restare piccolo, se le banche lo valorizzano,se gli enti pubblici gli danno e gli lasciano i soldi, che male c'è?
Niente di intrinsecamente cattivo, per carità, soltanto una delle molteplici forme di uso di risorse pubbliche per interessi "particulari". E non delle peggiori, anzi. Il problema vero è il fattore di inerzia e di disgregazione inoculato nel sistema confidi da soggetti che, a prescindere dalle dimensioni, si chiamano fuori dall'appello a cambiare, che non nasce dal delirio ideologico di qualche professore o dirigente regionale, è un'urgenza schiacciante, questione di vita o di morte (per i confidi).
Non sono d'accordo con Nicolai quando si rammarica della mancanza di nomi lombardi nella zona Champions della classifica dei confidi per dimensioni, dove trova la Juve, il Torino, la Fiorentina 1 e 2, il Bologna e non il Milan o l'Inter (o il Brescia). Non sono convinto che il superamento del miliardo di garanzie in essere provi la bontà di un modello strategico di confidi. Di norma, i confidi che sono cresciuti di più sanno badare alla loro salute economica e patrimoniale. Ma lo fanno in modi molto diversi: con le reti distributive, che fanno volumi e margini, con l'accesso più sistematico ai fondi pubblici (non tutti), con la limitazione dei rischi. E non sono mancate anche in quel gruppo di testa le criticità.
Ma a parte i numeri, non è vero a priori che i mega-confidi creano più valore per le imprese associate. Sì, intermediano molto credito, e altri servizi. Ma quanto costano. ai soci e al contribuente? Quanto fanno risparmiare? Quanto aggiungono alla relazione con l'impresa? Non ho una risposta preconcetta. Bisognerebbe andare a vedere.
Io non credo più agli studi che vogliono produrre un piano regolatore del sistema con la regia dell'ente pubblico. A livello regionale lo hanno fatto in tanti, e non è servito a molto.
Io credo che si debba impiantare un sistema nazionale di raccolta dati e benchmarking, comprendente indici economico-patrimoniali e indagini indipendenti sulla soddisfazione delle imprese socie. E pubblicare i risultati, così ogni confidi si autovaluta.
Così si potrebbero dare premi e punizioni, non alla cieca, e ripartirebbe il cambiamento dall'interno del sistema, ma con una direzione comune.
Avrà il sistema confidi il coraggio di rigenerarsi?
Appena torno in possesso di una tastiera vera lo commento.
PS 30/7: Eccomi di nuovo a casa. Come promesso ecco le mie impressioni sull'articolo.
Marco Nicolai, come DG (prima) e Presidente (ora) di Finlombarda, ma anche come studioso, si è appassionato al settore confidi. Come molti osservatori, ha notato delle disfunzioni e delle debolezze strutturali. Si è fatto un'idea dei cambiamenti che occorrono, e tra questi vede come prioritario l'accorpamento dei confidi minori in strutture più efficienti e professionali, come afferma chiaramente nella chiusura dell'articolo.
Io penso di conoscere altrettanto bene le luci e le ombre del sistema confidi. L'immagine dei confidi "bonsai" l'ho proposta anch'io in diverse occasioni. Non ce l'ho contro i micro-confidi per principio, mi sembrano però il segno più evidente di una situazione dove chi c'è c'è, ed è libero di giocarsela come meglio crede. Se è piccolo e vuole restare piccolo, se le banche lo valorizzano,se gli enti pubblici gli danno e gli lasciano i soldi, che male c'è?
Niente di intrinsecamente cattivo, per carità, soltanto una delle molteplici forme di uso di risorse pubbliche per interessi "particulari". E non delle peggiori, anzi. Il problema vero è il fattore di inerzia e di disgregazione inoculato nel sistema confidi da soggetti che, a prescindere dalle dimensioni, si chiamano fuori dall'appello a cambiare, che non nasce dal delirio ideologico di qualche professore o dirigente regionale, è un'urgenza schiacciante, questione di vita o di morte (per i confidi).
Non sono d'accordo con Nicolai quando si rammarica della mancanza di nomi lombardi nella zona Champions della classifica dei confidi per dimensioni, dove trova la Juve, il Torino, la Fiorentina 1 e 2, il Bologna e non il Milan o l'Inter (o il Brescia). Non sono convinto che il superamento del miliardo di garanzie in essere provi la bontà di un modello strategico di confidi. Di norma, i confidi che sono cresciuti di più sanno badare alla loro salute economica e patrimoniale. Ma lo fanno in modi molto diversi: con le reti distributive, che fanno volumi e margini, con l'accesso più sistematico ai fondi pubblici (non tutti), con la limitazione dei rischi. E non sono mancate anche in quel gruppo di testa le criticità.
Ma a parte i numeri, non è vero a priori che i mega-confidi creano più valore per le imprese associate. Sì, intermediano molto credito, e altri servizi. Ma quanto costano. ai soci e al contribuente? Quanto fanno risparmiare? Quanto aggiungono alla relazione con l'impresa? Non ho una risposta preconcetta. Bisognerebbe andare a vedere.
Io non credo più agli studi che vogliono produrre un piano regolatore del sistema con la regia dell'ente pubblico. A livello regionale lo hanno fatto in tanti, e non è servito a molto.
Io credo che si debba impiantare un sistema nazionale di raccolta dati e benchmarking, comprendente indici economico-patrimoniali e indagini indipendenti sulla soddisfazione delle imprese socie. E pubblicare i risultati, così ogni confidi si autovaluta.
Così si potrebbero dare premi e punizioni, non alla cieca, e ripartirebbe il cambiamento dall'interno del sistema, ma con una direzione comune.
Avrà il sistema confidi il coraggio di rigenerarsi?
22 commenti:
Tra le righe si puo' gia' trovare una bella risposta, di mercato, sia per la brusca frenata delle fusioni, sia per la sorprendente "vitalita'" dei 106 ! Sui bilanci certficati la risposta e' nella dimensione. Insomma se c'e' campo e concime per il raccolto, peraltro ancora ben apprezzato dalle banche, bastano poche braccia e bilanci "ordinati e ordinari" si continua con la coltivazione "sussidiaria" . Ma , a proposito, perche' nessuno studia il perche' chi studia spesso non capisce ?
RoeRos: guarda che la moda sta cambiando, e l'appeal della trasformazione in 107 è in crescita anche nelle regioni finora più refrattarie (vedi Puglia). Se è solo una moda sono d'accordo con te, non serve a nulla diventare 107. Però il fronte dei 106 è destinato a indebolirsi per questa onda lunga.
Tra i 106 ci sono luci ed ombre. Ben vengano quelli vitali, ma io vedo anche tanti salotti di nonna Speranza e circoli Pickwick, per gratificazione di chi li amministra.
Che cosa ne pensi della proposta di un benchmarking nazionale?
Utile.
A una condizione : valutare i punti di forza dei 106 e confezionare un vestito su questi punti senza assorbire niente (o quasi) dei modelli organizzativi per quelli piu' evoluti.
Per semplificare, oggi piu' di ieri :
1)ritengo indispensabile non fare niente di quello che non è "obbligatorio" e fare tutto quello che si puo' fare per non fare adempimenti doppi e inutili; ( fare è esageratamente ripetuto in maniera intenzionale)
2)rimanere indissolubilmente sull'attività tipica ....;
3)Rafforzare sul segmento retail, quello dei 106, la garanzia sussidiaria semplificando e standardizzando un meccanismo, (1!) di tranched cover ;
Il sogno di tutto un passato nella tua curva s'accampa...
Pienamente d'accordo sul benchmarking. Gli strumenti ci sono, i dati ci sono, le competenze per elaborare i dati anche. Basta solo lavorarci sopra un po' per affinare, assieme ai confidi un po' di cose. Io e altri due-tre amici potremo farlo domattina, ma è un impegno a tempo pieno e abbiamo tutti il mutuo da pagare. Come lo finanziamo?
Gigi: la Banca d'Italia ci sta lavorando, le grosse banche pure. Non daranno pubblicità ai loro giudizi, però.
Potrebbe occuparsene il futuro Organismo gestore dell'elenco confidi minori. Oppure la divisione tecnica di Assoconfidi che vagheggio da tempo. O il fondo centrale di garanzia.
Oppure un centro studi indipendente.
Con l'occasione preciso che il benchmarking non è la formula magica per trasformare statue di gesso in prodi guerrieri, ma può aiutare a migliorare il rapporto segnale/disturbo quando si parla di confidi.
Il centro studi indipendente mi sembrerebbe la soluzione migliore, anche se Banca d'Italia potrebbe essere la cosa che più gli si avvicina. Negli altri casi vedo troppi interessi in ballo per essere indipendenti e oggettivi. Condivido l'opinione sul benchmarking. Non è una formula magica, ma almeno dovrebbe dare la possibilità di distinguere tra statue gesso e guerrieri (anche pavidi, non tutti possono essere prodi).
Veramente alla banca d'Italia non interessa piu' neanche avere i bilanci dei 106.....tutto sara' devoluto quindi all'organismo che nascera dalle nomine incrociate tra governo e associazioni di categoria. Siccome l'organismo sara' alimentato dalla piu' ampia sopravivenza dei 106 faranno tutto tranne che indebolire il sistema . L'unica speranza e' Luca e qualcun altro di buona volonta' magari incaricati dall'organismo che dovendo raccogliere i flussi potrebbe girarli per verificare processi e metodologie . Pero' scusatemi se il mio apprezzamento vva e andra' solo a chi sapra' semplificare l'azione di garanzia nell'interesse delle imprese e non in quello di societa' di software e certificatori vari.
Caro Professore in riferimento al suo commento al mio articolo concordo in tutto con le sue affermazioni, compresa quella che una dimensione più significativa possa essere una condizione ma non necessaria e comunque non sufficiente per garantire efficienza ed equilibrio economico patrimoniale. Sui confidi lombardi forse potremmo spendere qualche parola in più certo che, ranking a parte, modalità questa riduttiva per rappresentare questi operatori, converrà c'è molto da lavorare. Sui piani regolatori credo anche io poco a programmazioni eterodirette del pubblico che non è meno responsabile degli operatori per lo stato dell'arte; ma almeno si apprezzi chi produce informazione su scala nazionale di fronte all'inerzia di tutti. Io sono appassionato a tanti temi e anche a quello dei confidi ma solo, da rappresentante del pubblico, perché come altri operatori sono stati beneficiari in Italia di più 1,5 miliardi di euro di supporto e mi domando come se lo domandano i cittadini se queste risorse sono state allocate adeguatamente. So che lei su questo tema qualche domanda se l'è posto con la dovuta perizia tecnica e condivido i dubbi che ha formalizzato in alcuni interventi. Nelle more che con la stessa condivisione qualcun altro produco informazione più adeguata per adesso cercherò di dare il mio piccolo contributo. Un cordiale saluto Marco Nicolai
Caro Dottor Nicolai, apprezzo molto il grosso lavoro di ricerca e analisi da Lei promosso con vari progetti sui confidi. È un passo importante verso la conoscenza esauriente dei meriti e dei limiti di questo settore. Restiamo in attesa delle risposte dei confidi, che dovrebbero essere i primi a volersi autovalutare, ma finora l'hanno fatto con una certa ritrosia, se non ostilità.
Senza la loro collaborazione non si ottengono le informazioni "interne" necessarie per un benchmarking, e soprattutto se non si convincono della necessità di cambiare diventa estenuante continuare a stimolarli con lusinghe, raccomandazioni e tirate d'orecchi.
Caro RoeRos, grazie per avermi candidato a ispiratore del cambiamento dei 106. Non so quanti 106 appoggerebbero l'idea. D'accordo sulla necessità di cambiare senza appesantire di fardelli inutili, ma anche per far fare ad altri (le banche) delle cose per proprio conto occorre fare scelte politiche, accordi, progetti. Molti confidi continuano a fare da sé, e rifiutano di adeguarsi. Io sospetto che siano la maggioranza tra i 106. Smentitemi, sarò contento.
Intrigante pensiero,a margine.
http://www.corriere.it/edicola/economia.jsp?path=TUTTI_GLI_ARTICOLI&doc=RUBBOXaa
RoeRos: avevo letto l'articolo di Dioguardi che hai linkato. Lo riprendo in un post perché stimola riflessioni.
L'intervento del Dott.Nicolai, maturato dalla view di un osservatorio strategico come quello di Finlombarda, mi induce ad una riflessione sul tema del cambiamento e,soprattutto, delle leve che lo possono accelerare (i riposizionamenti su base volontaria,apprezzabili, richiedono un tempo spesso non dato).Di certo se a monte le politiche pubbliche di supporto alle aziende per il tramite dei confidi ( non parlo quindi del supporto diretto ai confidi) coincidessero con le esigenze del sistema bancario di valorizzare principalmente garanzie Basilea compliant, ecco allora che la metafora del vaso di coccio tra vasi di ferro potrebbe ben rendere l'idea della situazione a tendere (ed il distinguo non è necessariamente tra soli Confidi 106 e 107).Tralasciando la pavidità di Don Abbondio, è sicuramente attinente anche un richiamo all'efficacia degli strumenti tra cui, come leggo sopra, le tranched che potrebbero dimostrarsi il miglior punto di incontro tra diverse esigenze.
Roberto esplicita meglio il tuo pensiero. Credi che i confidi non abbiano futuro, stretti tra banca e regione? Se così fosse occorrerebbero banche che riconoscessero efficacia alle garazie confidi: credi che ve ne siano ( al momento non risulta) o ve ne saranno? Servirebbero inoltre regioni con altre politiche....
Infine, il tormentone tranched: ma chi e' in grado di farle? E poi quale esiste un reale e concreto interesse a tale forma di garanzia?
Condivido le perplessità di Beppe. Le tranched sono il santo Graal dei confidi. Tutti ne parlano ma nessuno le ha mai viste. Sono un mistero. Secondo me in autunno le vedremo spiegate a Voyager insieme ai misteri dei Maya e ai Templari. Non ci sono banche in grado di metterle in piedi e il settore pubblico fatica a sganciare soldi per cose misteriose che fa fatica a capire (è anche vero che hanno fatto i derivati e non capivano manco quelli!!!). Forse il modo migliore sarebbe dare i soldi ai confidi vincolandoli a operazioni tranched. In questo modo si delegherebbe la necessità di essere competenti (dentro ai confidi ce n'è gente che le capisce, soprattutto nei più grandi) e nel contempo si spingerebbe a fare questo tipo di operazioni. Il lato debole restano le banche. Qualche competenza forse c'è, ma chissà dove l'hanno nascosta. Come noto le nostre banche non sono molto innovative. Se c'è qualcosa che può funzionare o lo tengono nascosto o lo fanno smettere di funzionare con qualche atto di autosabotaggio.
comincerei con un piccolo censimento: quante banche sono in grado di riconoscere, segnalare e ponderare la garanzia di confidi (tutti o solo 107).
Forse solo banca d'Italia può dieci cosa c'e dietro alle belle parole di quelli che da tempo ci fanno sapere che la garanzie Confidi e' valorizzata..... (o mimetizzata?)
Seguo con interesse il dibattito. Nessuna banca è in grado di valorizzare la garanzia Confidi perché i sistemi (software) di gestione delle garanzie (tutte)vanno aggiornati a Basilea2. In particolare va implementato il sistema di frazionamento delle esposizioni in parte garantita e non, con una complessa strategia di priorità in caso di garanzie plurime.
Sulle tranched cover ho sviluppato qui (http://creditoeconfidi.blogspot.com/2011/07/comparazione-fra-sistemi-di.html)qualche concetto. Vi pregherei di leggerlo e farmi qualche commento
Ho letto il post di Sapio sul suo blog, ed è una vera summa della materia. Ne consiglio a tutti la lettura.
Sul piano sostanziale, ritengo che le interessanti questioni tecniche sul diverso valore/efficacia delle garanzie confidi sono oggi messe in ombra da macigni di contesto che pesano sulla solvibilità dei garanti e sulla misurabilità dei rischi.
Certo che questo periodo, direi questi anni, è tra i piu' bizzarri: piu' si studia e si analizza un aspetto e piu' si complica sino a mettere in discussione quello che probabilmente non si era capito....ma solo studiato !
Nella vita dei Confidi l'errore di non aver saputo cogliere l'attimo fuggente è irreparabile.
Caro Stanlio, hai ragione, la maggioranza ha studiato (superficialmente) senza capire fino in fondo. Pochi hanno approfondito e si sono accorti, come ricorda Sapio, che la soluzione era difficoltosa, assai di più di quanto si sospettasse.
Ergo dobbiamo attenderci un default gli ale dei confidi e del loro modello operativo?
Se questa e' la view francamente mi pare eccessivo.
Ci sono inefficienze ben peggiori e più eclatanti.
Piuttosto avessimo uno o più legislatori seri qualcosa da fare per migliorare l'assetto della garanzia, a vantaggio anche, udite udite, delle banche e del sistema di incentivazione pubblica (un appello ai misuratori: sappiamo quale e' il reale impatto rischio/beneficio della attuale finanza agevolata?).
Beppe: spero anch'io che le mie preoccupazioni siano eccessive.
Il fatto che non se parli non mi rassicura.
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