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sabato 5 agosto 2006

Limiti UE agli aiuti di stato e programmi di garanzia



Siamo tornati dal nostro tour in Italia centrale. In Umbria e in Lazio, come più volte raccontato, stiamo collaborando a progetti (pur molto diversi) che riguardano sistemi di garanzia creditizia alle Pmi sponsorizzati dalle rispettive regioni. Ho notato una certa preoccupazione nei nostri interlocutori per un rischio incombente di infrazione delle regole comunitarie in materia di aiuti di Stato.
Nel 2000 la Commissione Europea ha fissato con una comunicazione le regole per gli aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie. In breve, i programmi di garanzia sono esclusi dall'applicazione dei limiti agli aiuti se le coperture sono concesse per percentuali non superiori all'80% e a titolo oneroso, a condizioni tali da assicurare la copertura delle perdite su crediti "normali", per quel tipo di intervento, e i costi amministrativi, più la remunerazione dell'eventuale apporto di capitale netto. Condizioni di maggior favore rispetto al mercato determinano aiuti di Stato, quantificabili in termini di sovvenzione equivalente mediante attualizzazione dei benefici netti annui. Se c'è aiuto di Stato, non serve notifica se l'aiuto è sotto il de minimis di 100.000 euro in 3 anni o se è concesso per destinazioni o beneficiari specifici (PMI, spese in ricerca, ecc.) per i quali sono previste esenzioni generali fino ad un incidenza massima di sovvenzione. Se non si rientra nei casi suddetti, il programma va notificato alla Commissione.
Ora, nel caso italiano gli interventi toccati da queste regole sono i fondi pubblici di garanzia, introdotti in diverse azioni DOCUP, e i contributi ai fondi rischi dei confidi. Mi consta che il contenuto di sussidio di questi interventi è imputato di norma dalle Amministrazioni a titolo di de minimis, nella presunzione che il beneficio netto per l'impresa rientri comodamente nel limite dei 100.000€ in tre anni. In realtà non ho visto in giro calcoli precisi della sovvenzione equivalente alla garanzia, né forme di rendicontazione (pur richieste dalla citata Comunicazione) dei volumi e e dell'onere ex post degli interventi a garanzia. Smentitemi, se sono male informato.
Ora, le proposte di riforma delle politiche dell'UE sugli aiuti di stato prospettano una restrizione del ricorso al de minimis, che può essere usato come scappatoia per mantenere in essere aiuti a pioggia non monitorati nel costo e nell'impatto. Nello specifico delle garanzie, un documento di consultazione prospetta quanto segue: "gli aiuti concessi sotto forma di prestiti, garanzie, misure a favore del capitale di rischio e conferimenti di capitale non vengono considerati aiuti d’importanza minore (de minimis), salvo che il valore totale dell’operazione in questione sia inferiore al nuovo massimale", portato a 150.000 euro in tre anni. Quindi, un prestito garantito di 100.000 euro di importo, se imputato a de minimis, comporta il "consumo" di 2/3 dello stesso, a fronte di una sovvenzione equivalente di poche migliaia di euro.
Se la proposta dovesse passare, gli aiuti sotto forma di garanzie agevolate dovranno rientrare nelle fattispecie di esenzione per destinazioni specifiche (il che richiederà la misura precisa del relativo beneficio economico), oppure essere notificate alla Commissione.
Il problema va affrontato per tempo. L'effetto agevolativo netto delle azioni basate su garanzie pubbliche o mutualistiche merita di essere conosciuto a prescindere dagli obblighi di notifica all'UE. Sarebbe un esercizio utile anche per apprezzare la distribuzione del beneficio tra mutuatari, garanti e mutuanti: un aiuto pubblico che va a coprire inefficienze del sistema di erogazione del credito garantito, senza migliorare le condizioni di accesso al credito delle PMI, è un'alterazione non accettabile degli equilibri concorrenziali, e va giustamente scoraggiato.

Luca

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