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lunedì 5 dicembre 2011

Manovra Monti: interventi sul Fondo centrale di garanzia. Le mie riflessioni.

In attesa di disporre del testo integrale del decreto sulle misure urgenti, commento quanto riportato in questo articolo di Fotina sul Sole 24 ore in materia di Fondo centrale e incentivi creditizi.
Il Ministro Corrado Passera ha annunciato in conferenza stampa ieri il rifinanziamento del Fondo per 300 milioni (che ritengo revochi il taglio di 340 milioni disposto dal precedente Governo, vero?).
Si abbassa la percentuale di accantonamento minimo sulle esposizioni garantite al 6% (nella prassi fino al 2010 era superiore al 12%, l'anno scorso era già stata ridotta al 10% circa). Nel caso delle medie imprese, l'importo massimo garantito sale a 2,5 milioni (come già previsto per le operazioni al Sud coperte da fondi PON-POI, vedi post). Il Fondo deve però riservare almeno l'80% delle esposizioni garantite alle piccole imprese, con esposizioni unitarie inferiori a 500.000 euro.
Inoltre, si ammette la possibilità di concedere finanziamenti agevolati sotto qualsiasi forma a favore delle Pmi ammesse alla garanzia su sezioni riservate del Fondo cofinanziate con fondi comunitari. Con il costo del credito alle stelle, si vuole così attivare una leva di calmieramento aggiuntiva: la garanzia non basta più a tenere giù gli spread applicati alla clientela, per i noti problemi di costo del funding. Sulla stessa linea si stanno muovendo alcuni enti locali, come la Provincia di Trento.
In una bozza del decreto che un gentile visitatore mi ha trasmesso sabato, ho letto anche una norma che droga alla legge 326/2003 art. 13 (legge quadro sui confidi) consentendo la partecipazione al capitale di imprese non finanziarie di grandi dimensioni e altri enti pubblici e privati a condizione che il controllo rimanga nelle mani dei soci naturali, ovvero di piccoli e medi imprenditori. E' il rimedio invocato dai maggiori confidi industriali (ma non solo) per sopperire alla carenza di mezzi patrimoniali. Non ho capito se tra gli "enti privati" ammissibili rientrino anche le banche.
Inoltre, si dovrebbe dare il via a una revisione/razionalizzazione del listino delle commissioni applicate. Altra novità annunciata nei mesi scorsi, la possibilità per il fondo di garantire portafogli di esposizioni con tecniche di tranching.
Per completare l'attuazione di quanto sopra, servirà una fila di decreti del MiSE presi di concerto con il MEF.
Così completato, il decreto recepisce le istanze espresse dalle associazioni di settore, e in particolare da Federconfidi. Pone le premesse per dare continuità alle erogazioni del Fondo nel 2012. Mi preoccupa la riduzione al 6% della quota di accantonamento: è una decisione presa nel momento della verità, due anni dopo la forte crescita nel 2009-2010 della massa garantita per mutui liquidità. Nel 2012 continueranno ad affluire domande per fidi di cassa e consolidamenti. Il flusso di sofferenze rimane alto, come dicono i dati di Centrale Rischi degli ultimi mesi. Con l'aumento degli importi massimi unitari, aumenterà anche la concentrazione del rischio.
Mi auguro che al MiSE, con l'assistenza del Gestore, abbiano valutato l'impatto sulla solvibilità "per cassa" del Fondo di questo abbassamento degli standard. Non vorrei che si fosse azionata la leva sui fondi stanziati senza pensare alla loro adeguatezza oppure (ancora peggio) contando sul tempestivo rabbocco da parte dello Stato, che (non dimentichiamolo) ha messo la sua firma di garante di ultima istanza sulle obbligazioni del Fondo assunte dal 2009 in poi. Non mi sembra il caso, nella manovra di un governo che ha il compito di riguadagnare credibilità. Se si cede sul fronte della trasparenza nell'apprezzamento dei rischi di portafoglio, ci diamo la zappa sui piedi, è solo questione di tempo. Ripassiamo la lezione delle CDO subprime, Fannie Mae e Freddie Mac.
[aggiunta 6 dicembre: nella bozza di decreto uscita oggi sul Sole 24 ore non si dispone l'abbassamento del coefficiente di accantonamento, ma soltanto la possibilità di variarlo con Decreto del MiSe d'intesa col MEF]
Consentitemi una riflessione più ampia: anche con questo intervento, che pure rimette i confidi in condizione migliori per lavorare nei prossimi messi, non si affronta nessuno dei problemi strutturali del settore. Aprendo il capitale agli enti pubblici e (forse) alle banche, si dovrebbero superare le contrapposizioni tra confidi, regioni, finanziarie regionali, Camere di commercio andando verso un'unica rete di erogazione integrata. Ho i miei dubbi che questo possa accadere in modo fluido, stante l'eterogeneità del sistema confidi nelle varie regioni. E' probabile che lo sblocco dei requisiti per l'ammissione a socio sia utilizzata in casi particolari per risolvere casi di sottocapitalizzazione. Smentitemi e mi farete contento.
Anche eventuali alleanze più stringenti tra banche e confidi non risolvono il problema, perché sono legate alla disponibilità di patrimonio delle banche stesse e, ancora una volta, di fondi pubblici.
C'è il rischio che questo connubio tra confidi ed enti sponsor soffochi i fermenti innovativi all'interno del settore e alzi i costi dell'intermediazione della filiera credito-garanzia, sottraendo benefici netti alle imprese.
Tornando alle norme presenti nella Manovra, penso che aiuteranno a tamponare alcune criticità urgenti, e questo lo apprezzo. Non si poteva fare molto di più.
Tutti gli altri problemi rimangono aperti nell'agenda di lavoro dei confidi. Stampa questo post

11 commenti:

Sapio ha detto...

Condivido. Il formaggio gratis sta solo nelle trappole per i topi !
Le banche che entrano nei Confidi si autogarantiscono ! Bellissimo !

Anonimo ha detto...

A mio parere l'art. 2 comma 4 dovrebbe riservare l'accesso al FCGPMI esclusivamente a Banche e Intermediari finanziari/Confidi già vigilati da Bankit con esclusione quindi dei Confidi/intermerdiari finanziari non ancora sottoposti alla vigilanza di Bankit.

Anonimo ha detto...

Perché il FCG non pubblica il rapporto fra Garanzie onorate/Garanzie escusse? Così si vedrebbe chiaramente che escutere il FCG non è affatto facile.

Anonimo ha detto...

Caro Luca, Condivido tutta l'analisi ad esclusione della tua preoccupazione sul pericolo di solvibilità "per cassa" (rischio di liquidità) perchè l'esperienza ci insegna che se non cambiano le regole "burocratiche" il fondo non paga quasi mai. E questa non è solo una battuta.
Ciao

Anonimo ha detto...

È vero, se non cambiano le regole di accesso al fondo, per la stragrande maggioranza delle Pmi e micro imprese non c'è storia e pertanto verranno escluse. Ma perchè di questo non se ne parla mai?

Pierpaolo Arzarello ha detto...

Secondo il mio parere le banche dovrebbero rimanere escluse dalla partecipazione al capitale sociale dei confidi. L'art. 39, comma 7, del Decreto Legge ammette infatti tra i potenziali soci imprese non finanziarie di grandi dimensioni ed enti pubblici e privati... Potrebbe invece esserci una possibilità per le fondazioni bancarie? Di sicuro molti Enti pubblici cercheranno di percorrere questa strada per capitalizzare i confidi senza dover passare attraverso gli "strumenti finanziari". Fa riflettere invece il criterio individuato per le maggioranze assembleari: la metà più uno dei voti deve rimanere alle piccole e medie imprese socie. Questo potrebbe significare che in un confidi cooperativa (una testa - un voto) potrei avere potenziali incrementi di capitale da uno stesso soggetto praticamente senza limiti di importo. Differente invece la situazione in un confidi società consortile dove i nuovi apporti non potrebbero superare la quota di capitale sociale posseduta dalle piccole e medie imprese socie.

Claudio D'Auria ha detto...

Sono d'accordo con Anonimo. L'art. 39, comma 2, del decreto lascia fuori dall'ambito di intervento dei FCG i confidi non vigilati (o minori).
Invece, dissento dalla interpretazione di Arzarello. Infatti secondo me con l'accezione "enti privati" è possibile far rientrare anche le banche.

Anonimo ha detto...

Grazie a tutti dei commenti. L'art. 39, comma 2 forse è diventato comma 4, se è quello che parla di operazioni su portafogli. Al riguardo, la norma proposta limita l'intervento del fondo a "portafogli di finanziamenti erogati a piccole e medie imprese da banche e intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 106 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385 e successive modificazioni". Però questo non esclude che uno o più confidi minori sottoscrivano una tranche di rischio cappata su un portafoglio erogato da una banca, con successivo intervento del Fondo centrale. Se si parla di tranche, parlano i quattrini.
A mio parere, nel Decreto non è passata la linea della precedenza (o dell'esclusiva) ai confidi "maggiori" nella fruizione di risorse pubbliche, posizione che anche Banca d'Italia ha recentemente assunto.
E' uno dei problemi di assetto che rimane da affrontare.

Gigi ha detto...

Sono d'accordo con Arzarello. Il testo del comma 7 non è interpretabile nel senso di lasciare spazio alle banche nel capitale dei confidi.
"...al capitale sociale dei confidi [...] possono partecipare, anche in deroga alle disposizioni di legge che prevedono divieti o limiti di partecipazione, imprese non finanziarie di grandi dimensioni ed enti pubblici e privati,[...]" (il grassetto è mio).
Certo non abbiamo i legislatori più coerenti del mondo ma se fosse come sostiene D'Auria chi ha scritto questo testo sarebbe coerente come il Cappellaio Matto. E' chiaro che la deroga è prevista in merito alla dimensione ma viene subito specificato "non finanziarie" con riferimento alle imprese, onde evitare fraintendimenti. Infine, invece, sembra chiaro che tra gli enti privati ci possono stare le fondazioni (bancarie e non) che chiaramente il testo distingue dalle imprese.

Anonimo ha detto...

Ma le Fondazioni bancarie...forse si. In quanto all'accesso al Fondo nell'operatività ordinaria i confidi non vigilati rimangono esclusi. La norma è chiara.

Anonimo ha detto...

@Anomimo: mi sono confrontato con amici competenti, e mi sento di ribadire che il comma 4 dell'art. 39 riferisci tratta di una nuova forma di operatività, non dell'operatività attuale; inoltre penso che nella conversione sarà emendato il riferimento non chiarissimo all'elenco speciale ex art. 106, che mescola i TUB vecchio (elenco speciale) e nuovo (art. 106, quello del nuovo albo degli intermediari).