aleablog

lunedì 19 gennaio 2015

Con discrezione la Provincia di Trento risana Confidimpresa Trentino

Commentando qui un recente intervento di Sappino del MiSE sugli aiuti al rafforzamento patrimoniale dei confidi, concludevo che difficilmente vedrà la luce un fondo nazionale di salvataggio dei confidi in crisi, mentre avremo interventi locali più semplici e discreti. Vi segnalo un primo esempio proprio qui, dalle mie parti.
Confidimpresa Trentino è un confidi 107 nato dalla fusione tra i preesistenti confidi provinciali dell'industria e del terziario.
Ha subito un forte aumento delle garanzie deteriorate: a fine giugno 2014 (vedi articolo del Trentino) le sofferenze ammontavano a 42,5 milioni di garanzie (concesse su 95,2 milioni di finanziamenti), ed erano coperte con 23,7 milioni di accantonamenti.  Nell'agosto scorso il direttore Sergio Anzelini si è dimesso.
Per dare un raffronto, lo stock di garanzie totali a dicembre 2013 era di 184 milioni.
In confronto il garantito in sofferenza degli altri due confidi locali (Cooperativa artigiana e Cooperfidi) sommava alla stessa data a 9,1 milioni, su uno stock di garanzie totale di poco superiore (91 milioni per il confidi artigiano più 108 milioni per Cooperfidi). Confidimpresa sconta i tassi di default elevati dei suoi settori di riferimento (industria e terziario, in particolare gli alberghi), nonché il maggior importo medio delle pratiche.
Per effetto del pesante fardello di garanzie deteriorate (anche nella componente incagli), la situazione di Confidimpresa si è fatta critica, molte richieste di escussione sono rimaste inevase e si è prospettato un gap patrimoniale che, in caso di ispezione della Banca d'Italia, avrebbe creato una situazione di emergenza.

Per fortuna, dopo qualche settimana di maturazione e meditazione, sono arrivati i nostri (o meglio "i nossi", nel vernacolo locale). Il 22 dicembre la Giunta provinciale trentina con questa delibera (che potete cercare qui) ha destinato 13 milioni al reintegro dei fondi rischi di Confidimpresa per facilitare la sistemazione delle posizioni deteriorate e rimpinguare il patrimonio di vigilanza. Le risorse sono in parte prevalente (11 milioni) recuperate ridestinando precedenti stanziamenti a favore dello stesso confidi per abbattimento tassi e garanzia su prestiti partecipativi; ci sono poi 2 milioni di soldi freschi disponibili presso l'agenzia APIAE che gestisce gli aiuti provinciali alle imprese.
Come mai questo confidi aveva questo avanzo così ricco di fondi pubblici allocati? Penso che i fondi per abbattimento tassi siano stati consumati di meno grazie ai bassi tassi di mercato favoriti dalle politiche BCE. Invece i fondi per prestiti partecipativi (che pure erano in parte per abbattimento tassi) sono rimasti lì per la complessità (e la conseguente bassa richiesta) di questa forma di finanziamento.
Il presidente degli artigiani trentini, De Laurentis, ha criticato questo aiuto straordinario, perché non è giusto caricare sul bilancio provinciale perdite pregresse dovute a una politica imprudente di assunzione di rischio. La Cooperativa artigiana di garanzia di Trento (che nella delibera in questione si vede assegnare soltanto un milione di fondi extra) ha saputo controllare molto meglio l'incidenza del deteriorato, nonostante che la crisi abbia colpito non meno duramente le imprese delle sua base associativa (pensiamo alla filiera dell'edilizia). A parte questa esternazione, non vedo un rischio sostanziale di esposti all'Autorità garante della concorrenza contro la decisione della Giunta: il mercato della garanzia mutualistica in Trentino è di tipo autarchico, l'offerta è concentrata quasi esclusivamente su tre confidi locali direttamente sostenuti (come si è visto) dall'amministrazione provinciale. I tre confidi hanno habitat settoriali che non si sovrappongono, se non marginalmente, quindi non sono concorrenti diretti. Non ci sono concorrenti da fuori provincia.
Altro possibile ostacolo sarebbe la normativa sugli aiuti di Stato. Ricordate il ragionamento di Sappino? Se ricapitalizzi un intermediario in crisi, devi applicare le regole europee sugli aiuti straordinari. Qui però il grosso dei soldi era già appostato su fondi presenti nel bilancio di Confidimpresa. D'accordo, si trattava di fondi vincolati ad altre destinazioni, però erano già lì. La delibera di dicembre di fatto incorpora una rendicontazione lampo dei precedenti stanziamenti che porta a rilevare un eccedenza di fondi non spesi. A questo punto, la delibera rimuove il vincolo di destinazione, disattiva la richiesta di restituzione dei fondi all'Amministrazione, ed ecco pronti 11 milioni a disposizione del confidi.
Ricorderete anche il mio ragionamento sull'opportunità di condizionare gli aiuti di questo tipo a un piano di riassetto. Qui la Provincia probabilmente ha ritenuto sufficiente avere (come da Statuto) un proprio rappresentante nel CdA del confidi. Inoltre, prima di mettere mano al portafoglio, la Giunta provinciale ha ribadito che tre confidi 107 per un territorio di 400.000 abitanti le sembrano troppi, e non vuole pagare lei il conto di una struttura di offerta sovradimensionata e sottoutilizzata. Di qui l'invito energico a fare una fusione, almeno tra Confidimpresa e Cooperativa artigiana. Certo, gli apporti pubblici vanno indirettamente a coprire i costi di struttura. Però vanno direttamente a coprire le perdite su garanzie. Da questo punto di vista, non so se una fusione avrebbe effetti positivi sulla selezione e sul controllo dei rischi. E nemmeno sui costi operativi, che non si dimezzano per magia facendo di due società una sola.
In conclusione, casi come questo ricordano le criticità del modello di confidi strumento di politica industriale delle regioni (e delle province autonome). C'è un confine sottile che è facile superare, al di là del quale le ingerenze dei policy maker e la deresponsabilizzazione degli organi di governo del confidi portano a politiche del credito molto lasche, nelle quali passano non soltanto interventi meritori a favore delle imprese in crisi temporanea, ma anche prese in carico di pratiche già decotte (chiaramente se c'è il buon samaritano le banche gli portano i feriti gravi da curare). Poi, quando arriva la Banca d'Italia, sono dolori (e sanzioni) per tutti, come si è visto in Fidindustria Emilia Romagna.
A proposito, il confidi industriale di Bologna (vedi bilancio 2013), ha ricevuto fondi per reintegrare il capitale così composti: 6,5 milioni dalla Regione ER, 1,2 milioni dalle Camere di commercio della Regione, 0,5 milioni di sottoscrizioni dai soci, 0,7 milioni dalle associazioni territoriali di Confindustria, oltre a beneficiare di 2,3 di abbuoni dalle banche per saldo e stralcio di pratiche. In confronto, il risanamento made in Trentino ha assorbito risorse più importanti (13 milioni). Se fosse stato finanziato con il Fondo nazionale ex legge di stabilità 2013 avrebbe assorbito il 5,7% dei 225 milioni allocati.
Questo si riesce a fare, senza clamore e notifiche a Bruxelles, nel nostro Trentino, ancora ricco di tesoretti annidati nei residui dei bilanci passati. I bilanci futuri della Provincia Autonoma di Trento dal 2017 saranno più magri, ma per ora c'è margine per sostenere i confidi, anche quelli più colpiti dalla crisi. Speriamo che questo ben di Dio sia consumato con lungimiranza.

PS: il 20 gennaio è uscito questo articolo sul Trentino, se volete una lettura più locale dell'aiuto della PAT a Confidimpresa

Stampa questo post

1 commento:

Sapio ha detto...

Mi interesserebbe sapere di più sui Confidi Piemontesi. Come vanno? Che ricapitalizzazioni sono in process? Come cambierà il modello di sviluppo dopo l'uscita del DG Giotti da Eurofidi?